SCETTICISMO 4° PARTE : LA CARTE DA GIOCO 1/2

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LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

Rol usava anche le carte da gioco, quindi non poteva che essere un prestigiatore

FALSO. Tale affermazione, a seconda dei casi, può essere una menzogna oppure espressione di ignoranza. Nel primo caso quando, pur conoscendo la tipologia di questi esperimenti, lo scettico di turno per partito preso li qualifica come giochi di prestigio, soluzione comoda e funzionale alla sua narrativa/ideologia. Nel secondo, si tratta di banale pregiudizio e di carenza di informazione (lo scettico non ha mai neanche letto come si svolgevano questi esperimenti né conosce le condizioni ambientali e men che meno le spiegazioni di Rol), tale per cui diventa ovvio, consequenziale, che usandosi carte da gioco, non potrebbe trattarsi che di giochi di prestigio. Lo scettico ovviamente ignora sia in quali circostanze furono inventate le carte da gioco sia l’origine dei loro simboli (e di certo non furono gli illusionisti ad inventarle) cosí come ignora che già furono usate come mezzo statistico e, questo lo dovrebbe sapere – lo sanno anche i bambini – come puro intrattenimento (tanto che chiunque ha un mazzo in casa e ogni tanto le usa, e questo non fa di lui un illusionista) o come gioco piú complesso (per esempio il bridge). E con le carte si possono fare anche i famosi castelli, un uso “ingegneristico” che evidentemente nulla ha a che vedere con l’illusionismo.

Ciò premesso – ovvero per sottolineare che è arbitrario dare alle carte un uso a priori definito sulla base dei propri pregiudizi e delle proprie fantasie – dobbiamo dire che esse per Rol sono importanti:

1) innanzitutto perché è da lì che è iniziato il suo originale e imprevedibile percorso. Nel 1927, dopo tentativi ossessivi durati due anni e portati avanti al seguito di una specie di scommessa personale iniziata per caso (si veda il racconto dei mazzi visti in una vetrina di un tabaccaio a Marsiglia, e analisi collegate, in Il simbolismo di Rol, 3a ed. 2012, p. 372 e sgg.) riuscì ad indovinare tutte e 52 le carte di un mazzo. Quel giorno, era il 28 luglio 1927 e si trovava a Parigi, scrisse sulla sua agenda di lavoro:

«Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!»

2) l’uso che egli ne fece successivamente è legato principalmente alla loro funzione di strumento matematico, ovvero di generatore di un ordine a partire da condizioni aleatorie. Tale ordine veniva a costituirsi casualmente eppure teleologicamente con la partecipazione di tutti i presenti, Rol facendo quasi la parte di motore immobile, come un direttore d’orchestra che si limita a coordinare i vari strumenti.

A titolo di esempio schematico, possiamo dire che un esperimento “facile”, per iniziare la serata poteva essere fatto con due mazzi: veniva invitato l’ospite A a prendere il suo mazzo, mai toccato da Rol, e a mescolarlo, quindi a porlo davanti a sé e tagliare in un punto qualunque, mostrando la carta del taglio, poniamo l’asso di cuori. Rol invitava poi l’ospite B a prendere il suo mazzo, a mescolarlo e a porlo davanti a sé, quindi per usare magari un metodo diverso e sempre totalmente aleatorio chiedeva all’ospite C un numero da 1 a 52; questi per esempio diceva 22, e allora Rol diceva all’ospite B: “tolga 21 carte dalla cima del suo mazzo, poi giri la ventiduesima: dovrebbe essere l’asso di cuori”. L’ospite B toglieva una ad una con circospezione le carte, arrivava alla ventiduesima, la girava ed era l’asso di cuori. Gli esperimenti poi proseguivano più o meno sullo stesso schema, aumentando di volta in volta la complessità e la aleatorietà, chiedendo per esempio all’ospite D la prima parola che gli veniva in mente, di contare poi le lettere di quella parola e di sommarle alle lettere di un’altra parola detta dall’ospite E poco prima, quindi di andare a prendere un libro qualsiasi da uno scaffale e di cercare il capitolo il cui numero era stato determinato dalla precedente addizione, e in questa pagina, la prima parola o la prima riga o un’altra riga era la stessa che Rol prima dell’esperimento aveva scritto su un foglio davanti a sé e mostrato ai presenti. E così via, in ordine crescente.

Resta da dire, come quadro generale, che questi esperimenti per Rol erano «da prima elementare», le aste, come le chiamava (i segni che i bambini imparano all’inizio dell’alfabetizzazione, per formare poi le lettere), l’ABC o il primo gradino della sua fenomenologia, con cui spesso iniziava gli esperimenti anche con amici che li avevano visti piú volte, che faceva con i piú giovani (come era lo scrivente quando li vide) o con i nuovi arrivati, che con essi venivano introdotti appunto alla sua fenomenologia, in una maniera meno traumatica possibile e con una (apparente) atmosfera giocosa. Come scrive il regista Federico Fellini:

«Ciò che fa Rol è talmente meraviglioso che diventa normale; insomma, c’è un limite allo stupore. Infatti le cose che fa, lui le chiama ‘giochi’, nel momento in cui le vedi per tua fortuna non ti stupiscono, nel ricordo assumono una dimensione sconvolgente».

(Kezich, T., Giulietta degli spiriti, di Federico Fellini, Cappelli editore, 1965, p. 38)

Rol non li chiamava comunque “giochi”, ma esperimenti, anche se poteva fare eccezioni con uno come Fellini, per favorire una «atmosfera di familiarità, di scherzo tra amici» dove cercava di «sminuire…buttarla in ridere». Fellini ricorda

«…la sua costante e previdente preoccupazione di sdrammatizzare le attese, i timori, lo sgomento che si può provare davanti ai suoi traumatizzanti prodigi», «ma nonostante tutta questa atmosfera di familiarità, di scherzo tra amici, nonostante questo suo sminuire, ignorare, buttarla in ridere per far dimenticare e dimenticare lui per primo tutto ciò che sta accadendo, i suoi occhi, gli occhi di Rol non si possono guardare a lungo. Son occhi fermi e luminosi, gli occhi di una creatura che viene da un altro pianeta, gli occhi di un personaggio di un bel film di fantascienza.» (Fellini, F., Fare un Film, Einaudi, 1983, p. 89)

Data questa breve introduzione generale, andiamo ora ad elementi piú particolari.  (NEL PROSSIMO POST)