SCETTICISMO 4° PARTE : LA CARTE DA GIOCO 2/2

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LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

Rol usava anche le carte da gioco, quindi non poteva che essere un prestigiatore 2/2

1) rappresentano da un lato la classe fenomenologica preminente, sulla base del numero di testimonianze, ovvero dei casi riferiti, e non potrebbe essere altrimenti: essendo il primo gradino introduttivo alla sua fenomenologia, vi passavano praticamente quasi tutti i testimoni (tranne negli incontri casuali con Rol in altre circostanze); dall’altro lato, rappresentano comunque una parte minoritaria della fenomenologia, circa il 12%, quando usate da sole, e circa il 17% prendendo in considerazione anche l’uso ausiliario per altre classi di fenomeni, dove la scelta aleatoria di carte serve per determinare numeri corrispondenti ad esempio alle pagine di una enciclopedia, dove si desidera trovare la risposta a un dato quesito. Queste percentuali si basano al momento sulla classificazione complessiva delle testimonianze conosciute dal 1949 al 2015;

2) i mazzi erano molto spesso nuovi e portati dai presenti;

3) nella maggior parte dei casi Rol non li toccava nemmeno, li faceva manipolare e mischiare da altri, anche lontano da lui, molto spesso dall’inizio alla fine dell’esperimento (chi scrive lo può testimoniare direttamente). Di fatto questi esperimenti avevano una natura partecipativa, dove Rol si limitava a dare indicazioni, come un direttore d’orchestra che non suona alcuno strumento e si limita a coordinare i musicisti o come un istruttore che dà indicazioni su come avviare un macchinario. Nei casi ampiamente minoritari in cui toccava le carte tale azione era chiaramente ininfluente per lo svolgersi dell’esperimento;

4) Rol poteva trasferire ad altri il “potere” di fare qualsiasi esperimento, anche quelli con le carte, di fronte agli attoniti sguardi degli altri partecipanti all’incontro;

5) Rol poteva fare questi esperimenti anche per telefono, nello stesso modo in cui avvenivano in sua presenza, e questa è la logica conseguenza del fatto che poteva trasferire ad altri questo suo “potere”: le distanze sono ininfluenti;

6) gli esperimenti avvenivano normalmente in piena luce, intorno a un tavolo da pranzo a casa di amici oppure a casa di Rol, oppure in qualsiasi altro ambiente improvvisato, con una media di 5-7 persone (ma anche solo in due, Rol e il testimone), assistendo e partecipando a distanza ravvicinata e con una possibilità di controllo estremamente elevata, in particolare nei casi di molteplicità di esperimenti uno di seguito all’altro, talvolta per ore (cfr. punto seguente);

7) in una serata in cui Rol si sentiva in piena forma, potevano essere condotti esperimenti anche solo con le carte (se nel gruppo c’erano novizi, non ancora pronti per esperienze di grado superiore) per due o tre ore di fila, conducendo fino a 20 o 30 esperimenti, generalmente varianti sullo stesso tema, dove la struttura emergeva identica proprio grazie alla ripetizione consecutiva;

8) i presenti avevano modo di verificare l’autenticità di quanto avveniva sia per il ravvicinato contatto visuale delle dinamiche in corso, sia per la loro ripetitività, sia per le ottime condizioni di luce, sia per il loro ruolo partecipativo e la distanza di Rol dalle trasformazioni che parevano spesso avvenire da sole, quasi che le carte fossero esseri vivi, sia per l’ambiente scherzoso e rilassato, lontano da rituali, trance, ecc. (precisazione: scherzoso non significa leggero, ma solo spontaneo e naturale, tra amici: Rol inframezzava anche discorsi serissimi di natura filosofica, scientifica e spirituale), sia infine per la naturale sfida che talvolta avveniva, per la confidenza che ormai gli amici avevano, a cercare di cambiare qualche elemento dell’esperimento, per confermare a se stessi, ancora una volta, che non poteva esserci stata prima alcun tipo di predisposizione se non addirittura di influenza ipnotica;

9) oltre a sollecitare la partecipazione diretta dei presenti, Rol cercava di spiegare anche il meccanismo degli esperimenti, in maniera assolutamente pratica ma anche collegandosi alla sua teoria dello “spirito intelligente” (cfr. FAQ n. 8 del sito e Il simbolismo di Rol). Il suo obbiettivo era quello di dimostrare – anche solo con le “banali” carte – che gli esseri umani possono interagire con una dimensione molto più allargata della coscienza, dello spazio, della materia e del tempo. Rol non si “esibiva” né faceva alcuno spettacolo, ma anche solo con le carte voleva dimostrare la realtà della sua scoperta (e ci è riuscito ampiamente con tutti coloro ai quali ha avuto occasione di mostrare in modo continuativo questi esperimenti, incluso lo scrivente);

10) quando i testimoni affermano che questi “giochi” non avevano nulla a che vedere coi giochi di prestigio intendono dire che il loro modo di essere condotti, la loro struttura partecipativa, il fatto di Rol non toccare le carte e altri elementi ancora, ne facevano qualcosa di molto diverso da tutto quanto si vede fare dagli illusionisti;

11) a dimostrazione di questa affermazione vi è inoltre il fatto che io ho invece immediatamente riconosciuto delle consistenti e evidenti analogie con esperimenti simili dove si fa uso anche di carte da gioco, condotti negli anni ’10 e ’20 del secolo scorso in Belgio da un gruppo di amici-studiosi facente capo a un ingegnere, Henri Poutet, appassionato di matematica ed esoterismo. Non risulta che esistano nella storia del mondo altri esperimenti analoghi a questi, ovvero quelli del gruppo Poutet e quelli di Rol – con appena qualche sfumatura di differenza – sono gli unici di questo tipo.

Il dossier completo è allegato al secondo volume delle mia antologia L’Uomo dell’Impossibile;

12) La natura matematica (evidentemente non lineare) di questi esperimenti è chiarissima, e una sua formalizzazione potrebbe costituire una delle più grandi scoperte scientifiche di tutti i tempi;

13) detto questo, il fatto che gli illusionisti si riempiano la bocca parlando solo di carte da gioco (senza comunque sapere di cosa stanno parlando) è l’indice di una grossolana forzatura e misdirection, visto che la maggior parte della fenomenologia di Rol è costituita da fatti sconcertanti che avvenivano con grande spontaneità, impossibili da preparare in precedenza, nei luoghi più diversi e con le persone più diverse, fatti di chiaroveggenza, di telepatia, di precognizione indiscutibili, e questo senza menzionarne altri decisamente da fantascienza e tuttavia testimoniati da molte persone in epoche diverse e che neanche si conoscevano o sapevano che altri avevano raccontato fatti analoghi (ma raccontando le stesse cose, indice che si tratta di fenomeni oggettivi). La nostra antologia è stata creata proprio con lo scopo principale di mettere a confronto tutti questi racconti, che se presi singolarmente e aleatoriamente si fanno fatica a credere, ma che messi insieme e confrontati con decine di altri dello stesso tipo diventano immediatamente degni della massima attenzione scientifica (come qualsiasi fenomeno che presenti ricorrenza). Quando gli illusionisti, quindi, parlano solo delle carte, essi si limitano, senza saperlo (o, peggio, sapendolo) nel citare una sola delle numerose possibilità di Rol, guardandosi bene dal menzionare anche le altre.

A titolo di esempio, citiamo qui qualche esperimento con le carte, cominciando da uno che ne configura la funzione immediata e pratica, senza bisogno di spiegazioni teoriche preliminari.

Luigi Bazzoli, giornalista della Domenica del Corriere e poi direttore di Corriere Salute:

«Un altro esperimento: Rol chiede di scegliere una carta. Dico: Re di cuori. Rol dice: “dal mazzo sigillato che lei tiene nella tasca interna dove vuole che metta, senza toccarlo il re di cuori?”. Rispondo: “Nel portafoglio del fotografo. Rol aggiunge: “Nella parte destra o sinistra?”. Scelgo la sinistra. Rol dice: “Ecco fatto”. Il fotografo [Gabriele Milani] estrae il portafogli e sulla sinistra, tra due tessere e una banconota trova il re di cuori. Io sciolgo il mazzo che tenevo nella tasca della giacca: manca il re di cuori».

(Bazzoli, L., Rol l’incredibile. L’uomo più misterioso del mondo, Domenica del Corriere, 17/01/1979, p. 150 e sgg)

Cesare Romiti, già presidente e amministratore delegato di FIAT e Alitalia, direttore generale dell’IRI e presidente onorario RCS:

«Un’altra sera a casa mia, mi chiese se avevo dieci mazzi di carte nuovi. Non li avevo, naturalmente, e mandai un autista ad acquistarli alla stazione. Rol ce li fece mescolare, poi disse ad uno di noi di scegliere una carta da uno di quei dieci mazzi. Poco dopo fece girare le prime carte degli altri nove mazzi: erano tutte identiche a quella scelta dal nostro amico».

(Sette, settimanale del Corriere della Sera, 27/04/2000, p. 137)

Giovanni Serafini, giornalista de Il Resto del Carlino, poi direttore di France Soir e corrispondente da Parigi per QN:

«“Ha portato le carte?”. Lui rimase in poltrona, io mi sedetti a un grande tavolo e sparpagliai le carte sul piano. Per qualche minuto si concentrò, quindi disse: “Adesso volti l’asso di picche”. Replicai che non avevo la minima idea di dove fosse, e lui: “Lei lo sa benissimo. Provi, lasci che la mano la conduca dove vuole”. Scelsi una carta a caso: era l’asso di picche. Mi ordinò in seguito di trovare altre carte, il 6 di fiori, la donna di cuori, il re di quadri; e la mia (?) mano non sbagliò mai. Provai perfino a “barare”, scoprendo la stessa carta che avevo appena appoggiato: un istante prima era il re di cuori, adesso era diventato il 2 di quadri…».

(Serafini, G., Addio, «mago» Rol, vedevi nel futuro viaggiavi nel passato, Il Resto del Carlino, 24/09/1994, p. 6)

«Sono con me Dino Biondi, sua moglie, e alcuni amici torinesi di Rol, i signori Gazzera, che abitano due piani sotto di lui. Eccoci tutti seduti attorno a un grande tavolo, coperto da un panno bianco. La luce è accesa, Rol è seduto a capotavola e ci indica alcuni mazzi di carte. “Mescolateli attentamente. E controllateli”. La “seduta” incomincia. Cinque mazzi mescolati e “tagliati” vengono deposti davanti a Rol. Da un sesto mazzo la signora Biondi estrae una carta a caso. È il cinque di quadri. Ora Rol si concentra: appoggia la punta delle dita sui cinque mazzi; dopo qualche minuto ci invita a sollevare e guardare la prima carta di ogni mazzo. È sempre, inesplicabilmente, il cinque di quadri. Rimango sbigottito: la logica dice che le carte non possono sistemarsi da sole in un certo ordine; ma d’altra parte Rol le ha appena sfiorate. Che le abbia predisposte senza che ce ne siamo accorti? Ma in questo caso, come poteva immaginare che la signora Biondi avrebbe estratto proprio il cinque di quadri? Oppure in quale maniera è riuscito a imporle di scegliere quella carta? Non riesco a pensarci troppo, perché Rol sta già preparando l’esperimento successivo. Mi un mazzo e mi dice di mescolarlo e di sparpagliarne quindi le carte sul tavolo, in un ordine qualsiasi. Contemporaneamente alla signora Gazzera un secondo mazzo e le dice di scegliersi una carta. La signora esegue: è l’asso di cuori. Quindi viene invitata a pensare un numero: quattordici, dice. Ora Rol si rivolge a me: “In quale ordine vuole contare?”. Da sinistra a destra. “Benissimo – aggiunge sorridendo conti quattordici carte di quelle che ha davanti a lei, da sinistra a destra”. Non può essere l’asso di cuori, penso. Invece, arrivato alla quattordicesima carta, devo constatare che è così. L’esperimento mi appare tanto più sconcertante in quanto Rol non ha toccato nessuna carta.

Ripete il gioco decine di volte, complicando sempre di più: e l’asso di cuori continua sempre a uscire, qualunque sia il numero pensato, a turno, da ognuno di noi. A un certo punto Rol mi fa scoprire ben quattro carte: sono, oltre all’asso di cuori, quello di picche, di fiori, di quadri.

Mi sento un po’ a disagio, ma affascinato. A poco a poco non dubito più, mi costruisco invece la convinzione che tutto sia naturale, logico: non può non essere l’asso di cuori, penso, mentre scopro per l’ennesima volta le carte. Così, quando Rol mi dice di sistemare un mazzo sotto un vassoio, eseguo meccanicamente. Dino Biondi viene invitato a estrarre una carta da un altro mazzo. È il due di picche. “Faccia scivolare leggermente il vassoio, in modo da sparpagliare le carte”, mi dice Rol. E aggiunge: “Vogliamo trovare questo due di picche?”. Lo guardo stupito, ma so già che finirò certamente per trovarlo. Infatti, appena sollevo il vassoio, mi accorgo che fra tutte le carte coperte spunta l’orlo di una carta capovolta. La libero dalle altre che le stanno sopra: non poteva esserci dubbio, è proprio il due di picche. Altre volte mi trovo a indicare con sicurezza il valore delle carte coperte, come se le vedessi. E, come sempre, Rol è distante, e le carte fuori della sua portata.

Ora la seduta si fa ancora più appassionante: chiede di preparargli, ben mescolato, un mazzo qualsiasi. Glielo metto davanti. Si concentra, ed impone la mano sulle carte. Ad un certo punto vediamo tutti indistintamente il mazzo levitare di qualche millimetro, con il caratteritico fruscio delle carte che vengono mescolate. Un leggero colpo con due dita, e il mazzo si apre per tutta la lunghezza del tavolo come un lungo nastro: le carte sono alternamente coperte e scoperte, come una vivace fisarmonica. Guardiamo Rol ad occhi spalancati e lui, allegro, continua a conversare, sorridendo, e mangia pasticcini».

(Serafini, G., Il prodigio come un gioco, Il Resto del Carlino, 13/04/1972, p. 3)

Leo Talamonti (1914-1998), ex colonnello dell’Aeronautica Militare e poi giornalista e scrittore:

«Alcune ore dopo, nella bella casa di due gentili signorine le cugine del dottor Rol [Raffaella e Elda Rol, rispettivamente figlia e moglie di Franco Rol (madre, nonna e nonno dello scrivente)] questi acconsentì gentilmente a mostrarci parecchie altre “cosette da niente”; e la dimostrazione durò alcune ore. Protagonisti di quelle avventure magiche erano dei nuovissimi mazzi di carte francesi che a volte obbedivano ai suoi cenni lontani e distaccati, altre volte si comportavano come se avessero discernimento, volontà, gusti estetici propri. Per lo più il nostro ospite preferiva che a manipolare i mazzi fosse qualcuno di noi: di solito il regista Fellini, a volte il dottor M. [Bruno Mancuso medico e primario di una clinica di Trento], o qualcun altro dei presenti (eravamo in undici).

Uno degli esperimenti più belli ebbe luogo quando Rol che sedeva a qualche metro di distanza da me, all’estremità opposta del grande tavolo –mi invitò ad allargare a ventaglio uno di quei mazzi: e potemmo vedere chiaramente che le carte erano tutte disposte a dorso in su. Dopo di che fui pregato di ricomporre il mazzo e poi di allargarlo ancora come prima: e in tutto saranno trascorsi appena tre secondi. Questa volta, le 52 carte francesi non erano più tutte col dorso in su; risultavano invece disposte –regolarmente una col dorso in su, e l’altra in maniera opposta: una sistemazione che avrebbe richiesto parecchi minuti, ad eseguirla manualmente. Queste cose il dottor Rol le chiama modestamente “esperimenti”».

(Talamonti, L., Universo proibito, SugarCo, 1966, p. 353)

Il sig. Roberto Sacco, direttore di divisione di una azienda torinese:

«Sorprendentemente lasciava che facessi tutto io: lui non maneggiava mai le carte, anzi se ne stava a debita distanza, e per giunta si trattava sempre di mazzi intonsi che toccava ad altri aprire. Uno dei giochi più clamorosi è avvenuto allorchè, avendo in mano tutte le carte, Rol mi ha chiesto di annunciare ad alta voce quella che avrei scelto. Ciò detto, mi ha invitato a sbattere il mazzo nella sua interezza contro il tavolo, in modo da assestargli un colpo deciso ma non violento. Ebbene, si è girata esclusivamente la carta che avevo individuato. La cosa più sorprendente è che ho ripetuto almeno una ventina di volte quel movimento cambiando ogni volta obiettivo, e in altrettante occasioni è sempre e soltanto venuta fuori proprio la carta che volevo».

E ancora:

«Davanti a numerose persone, ammantando il tutto con un po’ di teatralità, chiedeva: “In che ordine desiderate che si sistemino?”. Qualunque fosse la risposta, per colore, per seme, una girata in un senso e quella seguente nell’altro, in ordine crescente o decrescente, l’esperimento riusciva alla perfezione. E lui, lo ripeto per lennesima volta perchè era la cosa più strabiliante e inspiegabile, pur non toccando mai le carte le comandava a bacchetta, ne disponeva a suo piacimento».

(Ternavasio, M., Gustavo Rol. Esperimenti e testimonianze, L’Età dell’Acquario, 2003, pp. 59 e 60)

Questi episodi sono solo una breve selezione illustrativa. Si rimanda al cap. V de L’Uomo dell’Impossibile, che raccoglie questa specifica fenomenologia (54 pagine) al momento fino al 2015 (3a edizione).

5) Gli illusionisti sono in grado di rifare tutti gli esperimenti di Rol

FALSO. Molti illusionisti hanno affermato di poter replicare tutti i fenomeni attribuiti a Rol. Ma si tratta di puro e semplice illusionismo verbale e mediatico, un modo per sentirsi all’altezza di Rol e attirare l’attenzione su di sé, perché è impossibile replicare col trucco la maggior parte di questi fenomeni. In generale, ciò che i prestigiatori sono in grado di replicare sono gli effetti superficiali di alcuni dei fenomeni attribuiti a Rol, mentre ciò che non sono assolutamente in grado di replicare sono esperimenti e prodigi nelle stesse condizioni in cui Rol si trovava, e che gli scettici diligentemente omettono di mezionare per poter distorcere la narrativa a loro vantaggio.

In certi casi nemmeno un effetto può essere replicato, e ci sarà occasione di fare in altra sede una lista completa di quali episodi o fenomeni è impossibile la replica (centinaia), pensiamo in primo luogo ai casi di chiaroveggenza, di telepatia, di guarigioni, di trasferimento di coscienza, di interventi a distanza, di precognizione, (il “caso Cini” – ovvero quando Rol nel 1949 ne previde l’incidente aereo che poi effettivamente occorse il giorno seguente – può costituire un esempio emblematico) e di altri.

Qualche esempio possiamo intanto darlo qui:

Graziella De Coster, fisica:

[Al ristorante Firenze, con il marito Gianni e con Rol]

«Più o meno a metà della cena fa’ il suo ingresso nel locale un’amica, che prima di raggiungere il suo si ferma per qualche minuto al nostro tavolo. Appena se ne allontana, Gianni, per scherzare, dice: È una bella donna, però ha la faccia un po’ equina”. Gustavo fa cenno di essere d’accordo, poi si mette a scrivere in aria con la sua matita, quindi chiede a mio marito di controllare il tovagliolo che aveva in grembo: al suo interno era riportata la frase “Ha la faccia un po’ equina”. Quale migliore dimostrazione che non ci potesse essere nulla di precostituito?».

(Ternavasio, M., cit., p. 82)

Luigi Bazzoli:

«Lo sprovveduto spettatore è assalito da una folla di interrogativi: perché fa questo? Come riesce a farlo? Che cosa vuol dimostrare? Non ci saranno trucchi? Stavamo parlando appunto di questo con Rol, avviandoci al ristorante. La discussione era nel vivo quando ci sedemmo a tavola. Io dissi: “Certo di ci lasciano dei dubbi”. Rol rispose: “Lei ha detto giustamente”. Io aprii il tovagliolo preparandomi a mangiare. Scritta a matita vi trovai la frase: “Certo di là ci lasciano dei dubbi”. Rol rise gioiosamente». (Bazzoli, L., Rol l’incredibile, cit.)

Remo Lugli, giornalista de La Stampa e scrittore:

«Una sera di Carnevale del 1978, in casa Lugli, presenti Remo, Else, Bettina, Alfredo e Severina Gaito.

Durante la pausa consueta tra la prima e la seconda parte degli esperimenti – il momento dei pasticcini – Bettina si presenta in sala, dove siamo riuniti, con un grande piatto colmo di frappe, quelle che i toscani chiamano cenci, cioè strisce dentellate di pasta avvolte a nastro, fritte e spolverate di zucchero a velo. Gustavo la guarda un attimo: “Belle!” esclama e subito la blocca: “Fermati lì”.

Per dare un’idea precisa di questo esperimento devo indicare due dimensioni: la sala è di dieci metri per cinque, mia suocera sè fermata sul vano d’accesso che è a metà della lunghezza e Rol è seduto a capotavola,

con le spalle vicine a uno dei lati corti. Si rivolge a Severina e le dice di andare all’altro capo dell’ambiente, vicino al camino, in piedi, girata verso il centro. Quindi lui l’ha di fronte, ma alla estremità opposta; e sulla sua destra a metà sala, ha Bettina che regge il piatto. Ora ordina a Severina di alzare un braccio tenendo la mano spalancata, poi di chiuderla e infine di girarsi verso il caminetto sulla cui mensola c’è un vaso: “Adesso apra la mano sul vaso”. La signora Gaito esegue e dalla sua mano cade una frappa. Questo in piena luce, senza pause, in tempo reale, con Rol sempre seduto al suo posto. E alla fine non solo la mano di Severina è macchiata dal bianco dello zucchero, ma anche quella di Gustavo. Anche qui, come in tanti altri esperimenti di Rol, si attaglia perfettamente la teoria del “doppio”, cioè il corpo eterico o astrale, un’energia che si separa dall’organismo ed è in grado di condurre vita propria essendo portatore di coscienza, di memoria e di volontà».

(Lugli, R., Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Mediterranee, 3°. ed. 2008, pp. 66-67)

È importante non dimenticare mai che l’illusionismo è nato nell’antichità ancora in epoca sciamanica, presso quegli individui che, esclusi o espulsi dal processo di iniziazione al “mondo degli spiriti” e/o alla guida spirituale della propria comunità, per tentare di accreditarsi comunque pur non avendone le qualifiche, hanno iniziato a simulare i poteri degli stregoni, dei medicine men, degli oracoli, dei maestri spirituali, per farsi passare come detentori di un potere spirituale o magico, e quindi prendersi la rivincita, con una scorciatoia illecita, per essere stati esclusi dal gruppo di coloro che erano invece spiritualmente (o anche solo psichicamente) qualificati (assenza di interessi personali, responsabilità di fronte e per conto della comunità, equilibrio, saggezza, ecc.).

Tali simulatori non cercavano il bene della comunità ma solo l’esposizione vanitosa di se stessi e l’acquisizione di prestigio (giochi per il prestigio sarebbe il caso di dire per i simulatori moderni). Di fatto, si era pienamente nella categoria dei ciarlatani e (oggi) in alcuni casi di sofisticati affabulatori e disinformatori di professione che sono gli eredi diretti di quei lontani mistificatori (come proiezione psicologica pensano inoltre che tutti debbano essere come loro, quindi qualcuno che manifesti possibilità paranormali non può non essere un illusionista. Come potrebbe del resto riuscire a fare ciò che loro hanno sempre desiderato fare, ma non ci sono mai riusciti?).

L’illusionismo come spettacolo è nato molto dopo, e certamente tra coloro che hanno scelto l’entertainment e limitandosi a quello tenendosi lontano da speculazioni e insinuazioni gratuite ci sono anche bravi professionisti e persone per bene.

7) Rol si “esibiva” solo a casa sua, cosí poteva controllare l’ambiente e predisporre i suoi trucchi

FALSO. Al contrario si potrebbe dire che faceva i suoi esperimenti soprattutto a casa di terzi – spesso di suoi amici, ma anche di conoscenti a casa dei quali veniva invitato per la prima volta – e in ambienti pubblici, come ristoranti, negozi, per la strada, ovvero in qualunque posto. Ciò sarebbe facilmente dimostrabile da una suddivisione della fenomenologia in base all’ambiente di ciascun episodio, cosa che sarà nostra premura fare.

Molta parte della fenomenologia inoltre non è classificabile come “esperimento”, bensí come “prodigio estemporaneo” che poteva verificarsi improvvisamente in qualsiasi luogo e che neanche lontanamente potrebbe essere interpretato come possibile “trucco”. Un esempio tra molti: lo scampato incidente automobilistico ai coniugi Giordano, dove la macchina su cui viaggiavano insieme a Rol è passata attraverso un’altra macchina senza scontrarsi, e contemporaneamente dei raggi di luce sono sprigionati dalle mani di Rol (si veda la testimonianza qui: https://www.facebook.com/Gustavo.A.Rol/videos/1356776561057570/)

La preferenza nel fare gli incontri in casa d’altri, piuttosto che a casa sua, era spesso un modo per distogliere, per quanto possibile, l’attenzione su di lui e il suo contesto, visto che il suo appartamento di Torino, con vista sul Parco del Valentino, era arredato elegantemente con pregiati pezzi di antiquariato e cimeli napoleonici, quasi una casa museo dall’atmosfera molto suggestiva. Per evitare quindi anche un certo senso di soggezione che il personaggio e il suo contesto potevano suscitare in alcuni, Rol sceglieva gli appartamenti più “normali” dei suoi amici, dove poteva sentirsi perfettamente a suo agio e mettere a proprio agio anche gli ospiti, che avevano quindi la sensazione che Rol fosse un invitato quanto loro, un loro “pari”, il che contribuiva ad una atmosfera rilassata e cordiale, una condizione molto importante per la riuscita degli esperimenti. Faceva anche comodo a Rol che cosí non doveva preoccuparsi di ricevere sempre gente in casa.

Negli anni ’60 ad esempio a Rol piaceva andare a casa dei coniugi Lorenzo e Giuliana Rappelli, di Franca Pinto o dei cugini Franco ed Elda Rol, negli anni ’70 a casa dei coniugi Giorgio e Domenica Visca, a casa di Remo Lugli o di Aldo Provera, e così via. In alcuni casi le preferenze potevano proseguire nel decennio successivo, in altri no, a seconda dei criteri di valutazione di Rol – su cui ci sarebbe da fare un lungo excursus che esulerebbe da quanto stiamo analizzando qui – e delle circostanze.