POSSIBILITA’ : LE CARTE – 1° PARTE

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Tratto da  “LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI” su Gustavo Adolfo Rol di Franco Rol 30 settembre 2019

Lo scrittore Dino Segre (1893-1975), in arte Pitigrilli, riferiva di un incontro avvenuto intorno al 1940: «Intanto avevo promesso ad amici romani di presentare loro il dottor Rol. La prima reazione di questo stranissimo uomo è rispondere no. Ma poi, per non dispiacere a un amico, rettifica la sua decisione: “Che però non mi chiedano esperimenti”. “Non ti chiederanno esperimenti”. Conviene preparare l’ambiente: raccomandazione indispensabile: “Non chiedetegli esperimenti”. Linea di condotta da seguire: “Dottor Rol, non le chiediamo di presentarci i suoi esperimenti. Ci spieghi di che si tratta”. “E che cosa volete che vi spieghi? Mandate a comperare alcuni mazzi di carte”. E così l’uomo meraviglioso – ho detto che ha un viso soave di fanciullo – cade docilmente nell’ingenuo inganno. Furono portati i mazzi di carte, comperati da un fattorino del Grand Hôtel. I miei amici: l’attrice Luisa Ferida, l’attore Osvaldo Valenti e il padre di questo, ambasciatore a Teheran, il principe Lanza di Trabìa; invitati, un medico, un ingegnere e un’attrice minore, una bellezza romana all’aurora e un’aristocratica al tramonto. “Dottor Rol” – gli disse con franchezza l’attore. – “Il nostro amico mi ha descritto i suoi esperimenti, ma io le rivolgo una preghiera: invece di usare carte da gioco come si possono trovare in qualunque negozio, potrebbe servirsi di un mazzo di carte di cui non c’è un secondo esemplare a Roma?” “Non ho nulla in contrario” – rispose Rol. L’attore gli presentò un mazzo di carte stampate in Scozia. “Io non lo tocco” – disse Rol. – “Le conti”. “Sono 52”. “Le conti anche lei”. “Cinquantadue”. “Anche lei”. “Cinquantadue”. “E ora allargatele e stendetele in una sola fila ad arco, come fanno i croupier del baccarat, e lei, signorina, faccia correre il dito e si fermi su una carta qualunque senza guardare. Bene. Ora guardi la carta. La mostri a tutti. Ciascuno scriva il numero e il nome della carta. Fatto? Ora lei, signorina, la strappi – era il nove di fiori – e butti dalla finestra i pezzetti”. L’attrice eseguì. Alcuni frammenti caddero sulla terrazza, altri furono portati dal vento nella strada e qualcuno tornò nella stanza. “Contate le carte che rimangono”. “Cinquantadue, cinquantadue, cinquantadue” – risposero i presenti. “Cercate il nove di fiori”. “Ecco il nove di fiori”. Suonò il campanello e alla cameriera domandò: “Che carta è questa?” “Nove di fiori, signore”. “Per favore, raccogliete quei pezzi di carta. Che cosa sono?” “Pezzetti di una carta da gioco, di colore nero. Sono fiori”. C’è stato dunque un momento in cui la stessa carta si trovava al tempo stesso intera nel suo mazzo di cinquantadue carte, e allo stato frammentario sparsa fra la stanza, la terrazza e la strada».

 Prima di questo episodio, Pitigrilli aveva raccontato:

«Si serve talvolta, per i suoi esperimenti, di carte da poker, il che fa insinuare dai superficiali che faccia della prestidigitazione. Adopera carte da gioco perché, chiuse nella scatola, avvolte nel cellofan, escono intatte dal negozio e chiunque può procurarsele anche in un paese distante, eliminando ogni possibilità che egli le abbia precedentemente truccate. “Ecco tre mazzi di carte che avete comperato voi, non sono passate per le mie mani” – disse una sera a me e agli invitati in casa sua dove entravamo per la prima volta.

“Apritene due; scegliete in uno otto o nove carte; nell’altro, altre otto o nove, e allineatele per formare un numero di otto o nove cifre (le figure valgono zero). Questi due numeri saranno il moltiplicando e il moltiplicatore. Le prime carte del terzo mazzo, quello che è ancora chiuso e rimarrà chiuso, vi daranno il prodotto”. Eseguimmo i suoi ordini. I due fattori furono formati in collaborazione fra i più scettici della serata. Riuscimmo a eseguire la non facile moltiplicazione. Quando fummo tutti concordi sul prodotto, Rol disse nell’aria qualche parola (…). Ma improvvisamente si contrasse:“C’è un guaio” – disse –: “nel prodotto ci sono sei ‘sei’”. Tutti sanno che di “sei” (sei di quadri, sei di fiori, sei di cuori e sei di picche) in un mazzo non ce ne possono essere che quattro. “Non importa” – disse Rol – “aprite pure il pacco”. Le prime 17 carte, allineate nel nuovo ordine che avevano assunto nella scatola, davano il prodotto della moltiplicazione. In altre parole, nell’interno della scatola chiusa, le carte, che in una scatola intatta sono disposte in ordine crescente (asso di cuori, due di cuori, tre di cuori…) si erano disposte in un altro ordine, un ordine obbediente a una logica matematica. Non solo, ma – udite, udite! – c’erano sei “sei”, cioé due di più di quelli che esistono nel gioco. Di dove erano venute quelle due carte in più?».

(Gusto per il mistero, Sonzogno, 1954, pp. 81-84 e pp. 76-78)

Luigi Bazzoli, giornalista della Domenica del Corriere e poi direttore di Corriere Salute:

«Un altro esperimento: Rol chiede di scegliere una carta. Dico: Re di cuori. Rol dice: “dal mazzo sigillato che lei tiene nella tasca interna dove vuole che metta, senza toccarlo il re di cuori?”. Rispondo: “Nel portafoglio del fotografo”. Rol aggiunge: “Nella parte destra o sinistra?”. Scelgo la sinistra. Rol dice: “Ecco fatto”. Il fotografo [Gabriele Milani] estrae il portafogli e sulla sinistra, tra due tessere e una banconota trova il re di cuori. Io sciolgo il mazzo che tenevo nella tasca della giacca: manca il re di cuori». (Bazzoli, L., Rol l’incredibile. L’uomo più misterioso del mondo, Domenica del Corriere, 17/01/1979, p. 150 e sgg)

 

Cesare Romiti, già presidente e amministratore delegato di FIAT e Alitalia, direttore generale dell’IRI e presidente onorario RCS: «Un’altra sera a casa mia, mi chiese se avevo dieci mazzi di carte nuovi. Non li avevo, naturalmente, e mandai un autista ad acquistarli alla stazione. Rol ce li fece mescolare, poi disse ad uno di noi di scegliere una carta da uno di quei dieci mazzi. Poco dopo fece girare le prime carte degli altri nove mazzi: erano tutte identiche a quella scelta dal nostro amico». (Sette, settimanale del Corriere della Sera, 27/04/2000, p. 137)

Giovanni Serafini, giornalista de Il Resto del Carlino, poi direttore di France Soir e corrispondente da Parigi per QN:

«“Ha portato le carte?”. Lui rimase in poltrona, io mi sedetti a un grande tavolo e sparpagliai le carte sul piano. Per qualche minuto si concentrò, quindi disse: “Adesso volti l’asso di picche”. Replicai che non avevo la minima idea di dove fosse, e lui: “Lei lo sa benissimo. Provi, lasci che la mano la conduca dove vuole”. Scelsi una carta a caso: era l’asso di picche. Mi ordinò in seguito di trovare altre carte, il 6 di fiori, la donna di cuori, il re di quadri; e la mia (?) mano non sbagliò mai. Provai perfino a “barare”, scoprendo la stessa carta che avevo appena appoggiato: un istante prima era il re di cuori, adesso era diventato il 2 di quadri…». (Serafini, G., Addio, «mago» Rol, vedevi nel futuro viaggiavi nel passato, Il Resto del Carlino, 24/09/1994, p. 6)

«Sono con me Dino Biondi, sua moglie, e alcuni amici torinesi di Rol, i signori Gazzera, che abitano due piani sotto di lui. Eccoci tutti seduti attorno a un grande tavolo, coperto da un panno bianco. La luce è accesa, Rol è seduto a capotavola e ci indica alcuni mazzi di carte. “Mescolateli attentamente. E controllateli”. La “seduta” incomincia. Cinque mazzi mescolati e “tagliati” vengono deposti davanti a Rol. Da un sesto mazzo la signora Biondi estrae una carta a caso. È il cinque di quadri. Ora Rol si concentra: appoggia la punta delle dita sui cinque mazzi; dopo qualche minuto ci invita a sollevare e guardare la prima carta di ogni mazzo. È sempre, inesplicabilmente, il cinque di quadri. Rimango sbigottito: la logica dice che le carte non possono sistemarsi da sole in un certo ordine; ma d’altra parte Rol le ha appena sfiorate. Che le abbia predisposte senza che ce ne siamo accorti? Ma in questo caso, come poteva immaginare che la signora Biondi avrebbe estratto proprio il cinque di quadri? Oppure in quale maniera è riuscito a imporle di scegliere quella carta? Non riesco a pensarci troppo, perché Rol sta già preparando l’esperimento successivo. Mi dà un mazzo e mi dice di mescolarlo e di sparpagliarne quindi le carte sul tavolo, in un ordine qualsiasi. Contemporaneamente dà alla signora Gazzera un secondo mazzo e le dice di scegliersi una carta. La signora esegue: è l’asso di cuori. Quindi viene invitata a pensare un numero: quattordici, dice. Ora Rol si rivolge a me: “In quale ordine vuole contare?”. Da sinistra a destra. “Benissimo – aggiunge sorridendo – conti quattordici carte di quelle che ha davanti a lei, da sinistra a destra”. Non può essere l’asso di cuori, penso. Invece, arrivato alla quattordicesima carta, devo constatare che è così. L’esperimento mi appare tanto più sconcertante in quanto Rol non ha toccato nessuna carta. Ripete il gioco decine di volte, complicando sempre di più: e l’asso di cuori continua sempre a uscire, qualunque sia il numero pensato, a turno, da ognuno di noi. A un certo punto Rol mi fa scoprire ben quattro carte: sono, oltre all’asso di cuori, quello di picche, di fiori, di quadri. Mi sento un po’ a disagio, ma affascinato. A poco a poco non dubito più, mi costruisco invece la convinzione che tutto sia naturale, logico: non può non essere l’asso di cuori, penso, mentre scopro per l’ennesima volta le carte. Così, quando Rol mi dice di sistemare un mazzo sotto un vassoio, eseguo meccanicamente. Dino Biondi viene invitato a estrarre una carta da un altro mazzo. È il due di picche. “Faccia scivolare leggermente il vassoio, in modo da sparpagliare le carte”, mi dice Rol. E aggiunge: “Vogliamo trovare questo due di picche?”. Lo guardo stupito, ma so già che finirò certamente per trovarlo. Infatti, appena sollevo il vassoio, mi accorgo che fra tutte le carte coperte spunta l’orlo di una carta capovolta. La libero dalle altre che le stanno sopra: non poteva esserci dubbio, è proprio il due di picche. Altre volte mi trovo a indicare con sicurezza il valore delle carte coperte, come se le vedessi. E, come sempre, Rol è distante, e le carte fuori della sua portata. Ora la seduta si fa ancora più appassionante: chiede di preparargli, ben mescolato, un mazzo qualsiasi. Glielo metto davanti. Si concentra, ed impone la mano sulle carte. Ad un certo punto vediamo tutti indistintamente il mazzo levitare di qualche millimetro, con il caratteritico fruscio delle carte che vengono mescolate. Un leggero colpo con due dita, e il mazzo si apre per tutta la lunghezza del tavolo come un lungo nastro: le carte sono alternamente coperte e scoperte, come una vivace fisarmonica. Guardiamo Rol ad occhi spalancati e lui, allegro, continua a conversare, sorridendo, e mangia pasticcini». (Serafini, G., Il prodigio come un gioco, Il Resto del Carlino, 13/04/1972, p. 3)

 

Leo Talamonti (1914-1998), ex colonnello dell’Aeronautica Militare e poi giornalista e scrittore:

«Alcune ore dopo, nella bella casa di due gentili signorine – le cugine del dottor Rol [Raffaella e Elda Rol, rispettivamente figlia e moglie di Franco Rol (madre, nonna e nonno dello scrivente)] – questi acconsentì gentilmente a mostrarci parecchie altre “cosette da niente”; e la dimostrazione durò alcune ore. Protagonisti di quelle avventure magiche erano dei nuovissimi mazzi di carte francesi che a volte obbedivano ai suoi cenni lontani e distaccati, altre volte si comportavano come se avessero discernimento, volontà, gusti estetici propri. Per lo più il nostro ospite preferiva che a manipolare i mazzi fosse qualcuno di noi: di solito il regista Fellini, a volte il dottor M. [Bruno Mancuso medico e primario di una clinica di Trento], o qualcun altro dei presenti (eravamo in undici). Uno degli esperimenti più belli ebbe luogo quando Rol – che sedeva a qualche metro di distanza da me, all’estremità opposta del grande tavolo – mi invitò ad allargare a ventaglio uno di quei mazzi: e potemmo vedere chiaramente che le carte erano tutte disposte a dorso in su. Dopo di che fui pregato di ricomporre il mazzo e poi di allargarlo ancora come prima: e in tutto saranno trascorsi appena tre secondi. Questa volta, le 52 carte francesi non erano più tutte col dorso in su; risultavano invece disposte – regolarmente – una col dorso in su, e l’altra in maniera opposta: una sistemazione che avrebbe richiesto parecchi minuti, ad eseguirla manualmente. Queste cose il dottor Rol le chiama modestamente “esperimenti”». (Talamonti, L., Universo proibito, SugarCo, 1966, p. 353)

Il sig. Roberto Sacco, direttore di divisione di una azienda torinese:

«Sorprendentemente lasciava che facessi tutto io: lui non maneggiava mai le carte, anzi se ne stava a debita distanza, e per giunta si trattava sempre di mazzi intonsi che toccava ad altri aprire. Uno dei giochi più clamorosi è avvenuto allorchè, avendo in mano tutte le carte, Rol mi ha chiesto di annunciare ad alta voce quella che avrei scelto. Ciò detto, mi ha invitato a sbattere il mazzo nella sua interezza contro il tavolo, in modo da assestargli un colpo deciso ma non violento. Ebbene, si è girata esclusivamente la carta che avevo individuato. La cosa più sorprendente è che ho ripetuto almeno una ventina di volte quel movimento cambiando ogni volta obiettivo, e in altrettante occasioni è sempre e soltanto venuta fuori proprio la carta che volevo».

 E ancora:

«Davanti a numerose persone, ammantando il tutto con un po’ di teatralità, chiedeva: “In che ordine desiderate che si sistemino?”. Qualunque fosse la risposta, per colore, per seme, una girata in un senso e quella seguente nell’altro, in ordine crescente o decrescente, l’esperimento riusciva alla perfezione. E lui, lo ripeto per l’ennesima volta perchè era la cosa più strabiliante e inspiegabile, pur non toccando mai le carte le comandava a bacchetta, ne disponeva a suo piacimento». (Ternavasio, M., Gustavo Rol. Esperimenti e testimonianze, L’Età dell’Acquario, 2003, pp. 59 e 60)

Questi episodi sono solo una breve selezione illustrativa. Si rimanda al cap. V de L’Uomo dell’Impossibile, che raccoglie questa specifica fenomenologia (54 pagine) al momento fino al 2015 (3a edizione).