POSSIBILITÀ’: FIAMMATE, RAGGI LUMINOSI, FENOMENI SONORI

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Fiammate o raggi luminosi

Aldo Provera:

«Una sera Rol interrogò una mia quintavola ritratta in un dipinto sulla parete: il quadro balzò in avanti con una fiammata blu e su un foglio bianco che tenevo in tasca comparve la risposta, con calligrafa femminile».

 Lugli (Aldo Provera):

«Sulla fine degli anni Settanta e negli Ottanta Gustavo Rol va di frequente a casa dell’amico Aldo Provera ( egli nominerà poi suo esecutore testamentario insieme con la dottoressa Catterina Ferrari). (…). Una sera del ’77 il gruppo di amici (Provera non ricorda chi fosse presente) è seduto intorno a un tavolo in un salotto tutto rivestito di boiserie del ‘704. È passata la mezzanotte e, dopo la pausa per il rinfresco con pasticcini, si riprende la seduta. Rol ha intenzione di fare una scrittura diretta, ma non sa ancora su quale argomento. incomincia a far distribuire i fogli intonsi che ognuno piega come solitamente si €a, poi rocca al padrone di casa sceglierne uno e metterselo in tasca. “Allora” si domanda Rol, “su cosa facciamo l’esperimento?”. Un attimo di silenzio, tutti pensano, Racconta Provera: “lo ero seduto alla sinistra di Gustavo e avevo di fronte a me, appeso alla parete, un dipinto di una mia ava, Margherita Rovere, bisnonna di mia nonna, che aveva sposato un francese, Jean François Chaidagues. Ho detto: “Di questa mia avola si è sempre raccontato che un suo figlio sia morto avvelenato. E se provassimo a chiederle se è vera questa storia”. Gustavo si è voltato a guardare il dipinto, poi ha detto: “Va bene, proviamo con lei”. Nell’istante in cui ha finito di pronunciare “lei”, la parte inferiore del quadro é stata proiettata in avanti e si é staccata di almeno dieci centimetri dalia parete e contemporaneamente una fiammata azzurra si é sprigionata da sotto il lato inferiore della cornice, il quadro, che era rimasto appeso ai suo chiodo, è poi ricaduto nella posizione originaria, ma battendo sul rivestimento della boiserie ha fatto un rumore fortissimo. Siamo rimasti impressionati, direi un po’ anche Rol, perché un fenomeno di quel genere non si era mai visto nei suoi esperimenti. Stavamo ancora commentando l’accaduto, quando si è presentata una nostra collaboratrice familiare che dormiva al piano di sotto. Allarmata per il rumore sentito, veniva a chiedere cosa era successo. Dunque, non era stata una nostra suggestione, se il rumore si era udito anche al piano sottostante. Rol a questo punto mi ha invitato ad estrarre il foglio dalla tasca perché ha detto, la fiammata e il distacco del quadro significavano che l’esperimento era già avvenuto. E infatti il foglio era scritto. Era la stessa Margherita che, in francese, rispondeva alla nostra domanda: suo figlio non era stato avvelenato, ma era morto per una improvvisa infiammazione intestinale, quella che oggi chiamiamo peritonite»,

Giuditta Miscioscia:

Una sera eravamo qui, con un quadro, dove, ai centro di un paesaggio invernale, pieno di neve, si vede il capitello della Madonna di San Secondo. “Gustavo, chissà che freddo aveva la Madonna con tutta quella neve”, dissi. Lui cominciò a guardarmi fisso, ripetendo: “Freddo? Freddo? Freddo? La Madonna non ha freddo” e in quei momento una lingua di fuoco usci dal quadro, una lingua che sembrava la fiamma accecante di un saldatore elettrico, Corsi a vedere, ma sul quadro non era rimasto Alcun segno».

Fenomeni sonori

Luciana Jorio:

«Mentre sorbiamo il tè e lui sta parlando di questa sua bellissima casa ­situata a Torino in Via Silvio Pellico: una strada signorile e tranquilla, vicino al Po — nella quale vive appartato tra mobili antichi, grandi quadri e severi tendaggi, avverto un sordo rullio di tamburi. È un rullio strano, angoscioso. Pare che venga da lontano, ma ho anche l’impressione che sia vicinissimo. “Dottor Rol”, chiedo, “che cosa sta accadendo? Dov’è che rullano questi tamburi?”. “Qui nella stanza accanto”. Rimescola il tè nella tazzina. “Sono appesi alle pareti”. “E chi li suona”. “Nessuno“. “Vuoi dire che suonano da soli?”. “Certo. Suonano sempre da soli. Venga”. Lo seguo in un salone immerso nella penombra. Appesi alle pareti, intravvedo alcuni tamburi. Essi vibrano, fremono, emettono quel rullio cupo senza che nessuno li tocchi».

Tullio Kezich:

«La prima cosa che mi colpi entrando in casa Rol fu un’alzata di polverosi tamburi ottocenteschi nell’atrio».

Cesare Piozzo di Rosignano:

«All’epoca avevo all’incirca sei-sette anni. Era una domenica sera d’inverno, con la famiglia stavamo rientrando in macchina dalla montagna. Da qualche ora stavo molto male per un forte mal di pancia che preoccupava non poco mia madre. Arriviamo in via Bricherasio, dal portone di un palazzo esce Rol, buon amico dei miei, che mi vede sofferente. Allora avvicina la mano al mio addome, intanto per strada si avverte un fortissimo squillo di tromba nonostante nei paraggi non ci fosse anima viva: dopo pochi istanti del mal di pancia non c’era più traccia. Ci tengo a precisare che quel suono non apparteneva alla fantasia di un bambino, ma è stato distintamente Sentito da mia sorella, da mio padre e da mia madre».

Giuditta Dembech:

«Ci fu un altro episodio in cui vidi intervenire nuovamente una forza estranea a Rol, Eravamo a casa sua con mio figlio Clay che all’epoca aveva dieci anni, era pomeriggio inoltrato. Stavamo definendo gli ultimi dettagli per il libro che, finalmente, avevo già cominciato ad abbozzare. Dal suo studio, ingombro di tele, colori, scartoffie, ci spostammo nel salotto con le rose. Lui era seduto nella solita poltrona, io e Clay sul divano accanto. Nel corso del dialogo giungemmo ad un momento di forte contrasto fra noi. Rol aveva in mano una lettera di qualcuno e non voleva che la leggessi e né che sapessi chi gliel’aveva inviata, la teneva stretta a sé. Mi spiegò che nella missiva, quel “qualcuno” gli consigliava di farmi usare uno pseudonimo per firmare il libro. Diceva che il mio nome non sarebbe stato bene accetto in Vaticano per via dei miei precedenti volumi di divulgazione esoterica. Ora, è bene sapere che Rol desiderava con tutto il cuore il placet del Vaticano ma, nonostante che alcuni alti prelati si fossero rivolti a lui e avessero assistito ai suoi esperimenti, da quel fronte spirava un silenzio raggelante… Chiaramente gli dissi che non avrei mai accettato di nascondere il mio nome, che sono sempre stata onesta e leale con chiunque, che ho sempre scritto quello che ritenevo autentico senza mai falsare la verità. Gli dissi che, non so il Vaticano, ma io potevo andare a fronte alta dinanzi al Trono di Dio… Rol era contrariato, cercava inutilmente di farmi cambiare idea, io non recedevo di un millimetro anzi, cercavo di allungare il collo e sbirciare almeno la firma su quel foglio. La tensione fra noi stava aumentando. All’improvviso si senti come un rombo di tuono dentro la casa, badate bene, non fuori! Era come se il tuono corresse lungo tutto il perimetro del soffitto, facendo tremare i vetri. Era una giornata d’autunno, serena e luminosa, nessuna nuvola e né avvisaglia di temporale. Al piano superiore non c’era nessuno che potesse far rumore. Ma non mi fece la minima impressione. Ad un certo punto il divano su cui io e Clay eravamo seduti cominciò a sobbalzare, spinto dal basso verso l’alto da una forza sconosciuta… Anche questo mi lasciò del tutto indifferente. Conoscendo Rol sapevo che poteva essere l’effetto combinato della sua collera e della mia, avevo visto ben altro con lui… Clay invece, ad una scossa più forte balzò in piedi e mi chiese di tornare a casa perché aveva mal di testa. Rol, stranamente, fu molto imperioso col bambino a cui invece era molto affezionato; “seduto là” gli disse…».

TRATTI DALL'”UOMO DELL’IMPOSSIBILE” A CURA DI FRANCO ROL