IL MIO PRIMO MAESTRO (C. PEROTTI- LA TREMENDA LEGGE -seconda parte)

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Tratto da “Gustavo Rol, il mio primo maestro”

Un giorno Gustavo mi disse che il cervello ospita tutte le memo­rie che abbiamo accumulato. Quando indovinava una malattia, quando si adoperava per ottenere una guarigione, quando si concen­trava e a volte il suo corpo era preso da un tremore, avevo l’impres­sione che traesse la verità da un oceano di chiarezza, da un’onda che veniva da molto lontano. Sentivo che si era trasformato in un canale, e che gli arrivava un messaggio, proprio come accade nelle culture tradizionali, quando l’emisfero destro del cervello si libera dalla pesantezza dell’analisi e diventa straordinariamente intuitivo.

Gustavo è stato spesso considerato un “illusionista”, in modo del tutto improprio. Quando le persone non sono preparate a in­contri così speciali, è naturale che li classifichino secondo gli schemi abituali della loro cultura e del loro cervello. Anche con i miei amici accade che talvolta sia difficile far intendere loro la vera natura dei mondo. Essi si ancorano alla sua apparenza, come accadeva a me fino al giorno in cui appresi a usare correttamente la mia intelligenza. Oggi faccio uso dei loro stessi organi senso­riali, ma in ogni essere avverto la presenza dell’Uno.

Facevamo spesso dei discorsi sull’Assoluto, perché dopo la mor­te dei miei nonni il problema dell’anima e del suo viaggio era diventato un tema ardente. Gustavo ed io avevamo entrambi bisogno di credere nella sopravvivenza, ma lui fu sempre avverso all’idea della reincarnazione.

Gustavo sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente, e che la personalità è un travestimento transitorio, una specie di bugia. La preghiera potrebbe dunque funzionare come un cavo che distribuisce con equanimità la pro­pria energia

“Dio, creandoci, ci ha dato delle possibilità straordinarie, io però ho dovuto esercitare una grande disciplina su me stesso, per­ché all’inizio ero un uomo assolutamente comune. Quando hanno cominciato a delinearsi certe mie possibilità ho sentito che dove­vo rinunciare a molte cose della vita, che dovevo spogliarmi dell’ambizione, del desiderio, anche del denaro.

Ho capito che gli amori effimeri non hanno senso, che mi oc­correva una disciplina, che dovevo combattere la mia pigrizia, per­sino la mia golosità. Poi ho sentito che la mia vera ricchezza stava nel donare, e questo è un tipo di potere che ti fa vivere bene, è per­sino gratificante. Ma io posso fare certe cose solo se sono ispirato, se mi sento autorizzato da un consenso divino“.

Gustavo diceva che tutti le abbiamo e che bisogna mettersi in condizione di percepirle. In que­sto senso i suoi consigli mi furono molto utili perché a quel tempo, benché seguissi l’insegnamento di Klein, si manifestava sempre in me la tendenza a scappare, a uscire dalla consapevolezza. Il mondo mi piaceva, lo trovavo pieno di cose eccitanti, la mente e i sensi erano pronti a inghiottire tutto ciò che mi si presentava. Proprio come le rondini giovani che hanno sempre il becco aperto.

Un giorno Gustavo mi disse che gli sarebbe piaciuto avere una formula, una regola che potesse offrire all’uomo la possibilità di passare dal regno della materia a quello dello spirito. Spesso par­lava di materia spirituale, ma la gente non era ancora matura per questo concetto, eravamo cresciuti nella dualità, stando bene at­tenti a non mettere un piede nelle tenebre. Che cosa era dunque questa materia spirituale? In realtà l’accesso al meraviglioso non è così facile, ma Gustavo non volle mai sentire parlare di occulti­smo o di pratiche magiche, dal momento che ci erano stati dati dei mezzi naturali.

Sapeva di essere stato dotato, tra essi, di un’intuizione molto profonda, se n’era accorto quando aveva tredici anni. Non dove­vamo avere fretta, solo essere disponibili. “Bisogna sperare”, dis­se un giorno, ma io sentii questa speranza come un preludio della sua certezza.

Gustavo aveva sorriso, ma egli analizzava spesso le corrispon­denze curiose che si manifestano tra gli odori, i colori e i suoni. Gustavo diceva che l’olfatto è un senso molto importante, che dobbiamo esercitarci per arrivare a ritrovare l’odore del nostro primo portapenne, dell’inchiostro o della copertina di un quader­no, delle rose o delle alghe, perché queste percezioni disegnano non soltanto la poesia della memoria, ma sono echi dell’amore dal quale siamo stati circondati.

Gustavo, che non considerava la reincarnazione tra le proprie ipotesi, diceva però che lo spirito “sopravvive”. In questo senso appariva convinto della sua immortalità e della sua eternità. L’anima è viva per definizione, ma è solo in assenza del corpo che è veramente libera. Per questo bisogna prepararsi a lasciare il corpo superando le proprie passioni, purificandosi alla maniera dei Pitagorici o degli Orfici, fino a riconoscere e realizzare la nostra somiglianza con il Divino.

Gustavo considerava l’universo come una realtà unica, di cui la molteplicità delle forme rappresenta gli echi. Eravamo entrate nel mondo delle idee, e anche alle mie compagne questo pareva un discorso un poco complicato.

Una sera, a casa di mio padre, Gustavo era venuto a cena e la cuoca aveva preparato le solite scaloppine al Marsala che egli predilige­va. Si parlò dei miei studi e delle “idee” di Platone ed egli mi fornì una spiegazione che cuciva insieme il paranormale e la metafisica. Utilizzando alcuni mazzi di carte da gioco — mio padre ne custodi­va sempre alcuni esemplari sigillati — Gustavo mi invitò a scegliere una carta: era il tre dí cuori. Si concentrò e mi invitò a guardare nel cassetto in cui erano riposte le posate. Sopra di esse erano posati i tre di cuori di altri due mazzi. Poi mi spiegò che esistono due modi di vedere, uno con gli occhi del corpo, e uno con quelli dello spiri­to intelligente.

Questa è la “visione”: essa ha a che fare con il mondo delle idee, la radice “id” infatti è riconducibile a una parola greca che significa vedere. Mi sembrò che il mondo, così come lo avevo sempre veduto, fosse andato in briciole: era vero che non si pote­va negare la realtà fisica degli oggetti, ma esisteva anche il loro doppio, e quello era appunto il mondo delle idee. Mi parve natu­rale che il corpo della nonna fosse stato soggetto al divenire, ma l’idea del suo essere era dotata di un’esistenza autonoma e poteva volare nel mio cuore. Ora mia nipote Caterina reca al dito l’anello della nonna, un occhio azzurro aperto sull’infinito, e le ho spiega­to perché Gustavo credeva nella sopravvivenza. lo stato di non-vuoto dipende dall’assenza di ciò che viene percepito. Per questo Gustavo pote­va attingere a un al-di-là liberato dal tempo, incandescente e bel­lissimo, poteva dipingere senza pennelli, alla maniera di Ravièr o di qualcun altro, e mettere nella borsa di una signora un messag­gio di suo nonno.

Gustavo sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente.

Mi parve natu­rale che il corpo della nonna fosse stato soggetto al divenire, ma l’idea del suo essere era dotata di un’esistenza autonoma e poteva volare nel mio cuore. Ora mia nipote Caterina reca al dito l’anello della nonna, un occhio azzurro aperto sull’infinito, e le ho spiega­to perché Gustavo credeva nella sopravvivenza. lo stato di non-vuoto dipende dall’assenza di ciò che viene percepito. Per questo Gustavo pote­va attingere a un al-di-là liberato dal tempo, incandescente e bel­lissimo, poteva dipingere senza pennelli, alla maniera di Ravièr o di qualcun altro, e mettere nella borsa di una signora un messag­gio di suo nonno.

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  1. quando l’emisfero destro del cervello si libera dalla pesantezza dell’analisi e diventa straordinariamente intuitivo. Concetto che abbiamo sentito già da Zeffirelli nel raccontare Rol, l’emisfero destro la parte intuitiva, creativa più tendente ad abbandonare la causalità materiale o la logica dei sensi
  2. Sentivo che si era trasformato in un canale negli esperimenti e Il termine canale è la grondaia, ed il mezzo per giungere alla coscienza sublime è la psiche, è lei a fare da grondaia, ma cosa intendiamo per psiche? condizione mentale non certo ancorata ai nostri parametri razionali o forse è più corretto, sensoriali, i quali se si guarda alla realtà come solo quella tangibile diventano sbarre di una prigione, sbarre per la psiche. Se invece si impara ad usare la vista, l’olfatto, l’udito, in maniera differente e allora…. “analizzava spesso le corrispon­denze curiose che si manifestano tra gli odori, i colori e i suoni. Gustavo diceva che l’olfatto è un senso molto importante”
  3. la reincarnazione, ne abbiamo ulteriore conferma non era tollerata da Rol. Gustavo, che non considerava la reincarnazione tra le proprie ipotesi, diceva però che lo spirito “sopravvive”.
  4. le possibilità non sono nate con Rol il suo percorso di illuminazione è stato sollecitato dalla scoperta forse involontaria di avere delle possibilità, che ha potuto coltivare solo attraverso una rigorosa disciplina su se stessa con la rinuncia ad alcune grandi tentazioni dell’animo umano e rivolgendosi all’amore alla carità e la preghiera, a cui diede una grande importanza come mezzo di comunicazione con il Divino.
  5. le possibilità le abbiamo tutti ma bisogna mettersi in condizione di “sentirle”, “percepirle”, i tempi non erano maturi, meglio le persone non lo erano e il suo rammarico consisteva nella impossibilità di poter o voler lasciare una “regola”, una “formula”, per accedere al proprio spirito, lasciando il mondo della materia.
  6. considerava l’universo come una realtà unica, e sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente
  7. Poi mi spiegò che esistono due modi di vedere, uno con gli occhi del corpo, e uno con quelli dello spiri­to intelligente. Questa è la “visione”: essa ha a che fare con il mondo delle idee, la radice “id” infatti è riconducibile a una parola greca che significa vedere, non si pote­va negare la realtà fisica degli oggetti, ma esisteva anche il loro doppio, e quello era appunto il mondo delle idee. Questo doppio non è invisibile agli occhi ma il vedere, non la realtà fisica ma capire la vera natura delle cose, queste considerazioni le troviamo anche in alcune sue testimonianze audio, dove si creò in lui un’abitudine mentale a vedere con profonda osservazione tutto quello che ci circonda.

Amo questo libro e lo leggerei con piacere più volte perché la scrittura semplice, rappresentativa ed efficace lascia poco spazio ad interpretazioni ed ha in sé il “poter immaginativo” di visualizzare ciò che si sta leggendo come una voce fuori campo in un film.