DIALOGHI : L’UOMO SI FA MEDICINA

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ESTRATTI DAL “L’UOMO SI FA MEDICINA”
 di Maria Luisa Giordano

«La metafisica aerma che l’essere umano è il centro dell’universo», mi diceva Rol e aggiungeva: «Ognuno di noi rappresenta un punto di congiunzione tra i mondi superiori e quelli inferiori, tra il visibile e l’invisibile, tra l’umile e il sublime”. Uno stretto legame unisce il cielo all’uomo, ma non è l’uomo che scopre i segreti del mondo che lo circonda, è l’universo ad assecondare l’uomo che lo contempla con sguardo intenso. Il macrocosmo produce il microcosmo: come in alto così in basso. Ogni essere umano è un punto d’incontro fisico e mentale, di coscienza e di cosmo, di spazio interiore ed esteriore. È il cosmo che desidera espandersi e far conoscere i suoi eterei abissi, è la natura che spontaneamente si dischiude degnandosi di sollecitare le menti dei saggi e degli illuminati. Nessuno potrebbe conoscere le cose celesti, se non grazie a una connessione con esse; nessuno potrebbe giungere alla scoperta di Dio se non colui che è parte del divino. Indagando l’universo, l’uomo guarda sé stesso, egli è consapevole di essere imperfetto, ma anche di raggiungere la perfezione. In questo anelito la religione si identifica con la scienza. A lui solo la natura ha dato funzioni di livello superiore, intelligenza innata e mente agile. Solo in lui Dio è sceso e abita e cerca sé stesso, si manifesta mediante lo spirito in tutta la sua potenza e maestà. Non solo il sensitivo, ma anche l’uomo sensibile, pronto ad aprirsi a dimensioni superiori, con la meditazione e la preghiera, riusciranno a penetrare il mistero che è contenuto nella creazione. E sarà la grazia divina a portarli attraverso uno stato di trascendenza, fino ad arrivare alla coscienza sublime. Allora, penetrati dalla scintilla dello spirito, proveranno una gioia ineabile, una beatitudine infinita, un’armonia universale, in pace con sé stessi e con il mondo: la realtà dell’unione dell’individuo con il cosmo, con la dimensione divina. L’essere umano sente di rappresentare qualcosa di infinitamente più grande di sé stesso. Anche se siamo limitati nella nostra mente, nelle nostre mani e così nella nostra povera vita, dobbiamo però realizzare, «sentire», con assoluta certezza che in noi c’è la divinità, l’eternità, siamo il punto terminale di una grande potenza cosmica. 

Io non impongo le mani – continua Gustavo Rol – preferisco fare i so
oni verdi, verdi perché immagino che l’energia risanatrice sia di colore verde. Già Plinio raccomandava l’alitare sulla fronte come farmaco. 
Non possiamo guarire tutti, dobbiamo anche essere pronti all’insuccesso; a volte però dipende dal Karma del malato. Lasciandosi andare alla fede e alla fiducia, ci si sentirà liberi dalla paura e protetti. A volte il percorso di guarigione è lungo e doloroso, perché è necessario ripercorrere le vie della soerenza, il malato deve aprire la sua coscienza e riversare i traumi che avevano portato alla chiusura, al blocco di energia. 

Posseggo l’incrollabile convinzione che Dio mi abbia adato un compito e che sia mio destino e mio dovere realizzarlo. Forse è questa certezza che mi aiuta ad affrontare tutte le difficoltà. Come ogni uomo sono soggetto a debolezze ed errori: mi si domanda un inconcepibile potere sulla vita e la morte altrui, una responsabilità che nessuno può sobbarcarsi impunemente. Non dimentichiamo che siamo prigionieri di noi stessi, e che in nessun caso ci liberiamo del nostro destino. Gli avvenimenti che mi vengono incontro hanno un bel passare dalle lacrime al sorriso, eppure mostrano sempre lo stesso volto. Ecco la mia ragione del timore di trascendere: «Fermarsi alla porta dell’ultimo santuario e che il nostro piede non insudici le sacre dimore!». Dove l’uomo finisce, Dio comincia. Io rifuggo dallo spingere solitaria la mia anima attraverso il regno dei morti. La coscienza sublime è un compromesso tra le due vite. Detesto lo spiritismo. La coscienza sublime è una tappa per la quale dobbiamo necessariamente passare, sotto pena di smarrirci. «Hier bin ich Mensch, hier darf ich’s sein» [Qui sono uomo, qui lo posso essere]. È questa la fiducia, la vera disposizione etica dell’animo, proprio come quella che esprime la folla festante nel Faust di Goethe. È facile amare chi ti ama, chi ti vuole bene, ma amare chi ci detesta, chi ci ha fatto del male, pregare per lui non è un sentimento e atteggiamento naturale, ma il risultato di un lungo e doloroso processo personale. Gesù non chiede solo un atteggiamento caritatevole verso il nemico, ma addirittura predica l’amore al posto dell’odio. È possibile solo con le energie che ci vengono da Dio: è molto difficile, faticoso, innaturale amare il nemico, l’assassino o il terrorista. In realtà dobbiamo pensare che il vero grande nemico è in noi, non fuori di noi. Dobbiamo allora cercare con tutte le nostre forze di sviluppare sentimenti ed energie positive verso l’altro, gli altri. È un arduo cammino quello del perdono, dell’amore, della preghiera per il nemico, però questo è il vero impegno del cristiano. 

Tutto è vibrazione, tutto è ricordo, tutto è collegato con il pensiero e i campi energetici. Nulla va perso, ma tutto si trasforma, resta in movimento, nasce di nuovo costantemente. Poiché tutto in questa creazione vibra, tutto vibra alla frequenza dell’amore, tutto è amico e compagno, fiore, pietra, muro, nuvola, acqua, erba, aria, fuoco, albero, uccello. Tutto è la stessa cosa e contemporaneamente sé stesso. La via passa per l’amore, la meditazione, la contemplazione, la preghiera, per non dimenticare la musica. La disponibilità amorosa consente tutto, qualunque cosa. Il nostro nucleo più intimo, il nostro spirito, la nostra anima, la nostra aura, il nostro campo energetico permane per tutta l’eternità. Occupatevi dell’invisibile, di ciò che per voi non esiste, e molto presto potrete constatare che tutto era e sarà eterno. Le vibrazioni spirituali possono essere modificate attraverso la musica. La fiducia è la base di ogni vicinanza, di ogni amore, di ogni forza creativa. Dobbiamo capire la complessità del nostro io, avvertire l’importanza della nostra interiorità e riconoscere in essa lo splendore della diversità. 


Mi trovai così a conseguire un’abitudine mentale, ove l’intuizione e il ragionamento collaborano in stretta armonia alla ricerca di quella verità unitaria, alla quale mi sembrano tendere in nobilissima gara l’etica, la politica, le arti tutte e le scienze in genere. L’universo non ha un cuore. È un cuore. 


Noi siamo Spirito reso materia. Nella profondità di noi stessi non abbiamo dimenticato chi siamo e da dove veniamo. Ci stiamo sforzando di ritrovare la nostra dimora, la divinità e di realizzare le nostre potenzialità. Ci stiamo trovando nella situazione personale di chi si sente separato dalla propria fonte originaria e cerca di farvi ritorno, ma scopriamo che lo Spirito è sempre in noi.