…. SOLITUDINE

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…SOLITUDINE
Oggi io so che la mia vita finisce.Ho tanto camminato, ho affaticato il mio cuore salendo l’erta della strada ed ho rotto le mie membra discendendo le ripide coste del monte. Io potrei credere che la stanchezza di vivere non esiste più nel momento in cui mi accorgo che la vita sta per finire. Ma non è per quel senso di sollievo che si prova allora­ quando si scorge di lontano la meta, ma perché la vita, per quanto mi sia tornata sempre triste e monotona, pure la trovo bella, anche se ricordo una sola, brevissima primavera, quando raccolsi le rose che appassirono troppo presto sul mio cuore troppo arido. Tu mi domanderai se ho vissuto troppo fra la solitudine dei boschi o se ho stordito la mia anima sulla sponda del ma­re nei giorni di tempesta. Tu mi chiederai se ho forse voluto guardare la luce del sole e se per tutta la vita ne sia rimasto abbacinato. Io ti risponderò che sono stato dappertutto, col frastuono della vita e della morte: ho vissuto insomma. E come te, ho sperato, ho amato, ho sofferto e pianto; ho conosciuto gli attimi della più grande felicità e le ore eterne del tormento: ho rincorso le silfidi lussuriose attraverso i prati verdissimi, ed ho fuggito i frastuoni che min­seguivano, nelle notti senza stelle, ho fatto della mia vita una cosa assolutamente reale: come la tua vita; perché noi siamo degli uomini eguali. (Io sono la grondaia». Diari, lettere, riflessioni di: C. Ferrari)
“Devo dire che io non ho mai usato “giochi di carte” per intrat­tenere i miei ospiti, perché ogni mia azione ha sempre il suo significato morale. Ho scoperto possibilità riservate all’uomo, che sin qui erano state ignorate.” E poi, anche in questa lettera, ripete quello che è sempre stato il suo più grande motivo di rammarico: “Ho cercato invano la collabo­razione della scienza, la quale non accetta lo spirito, in quanto esso ammetterebbe una Creazione che sta al di sopra di qualsiasi ricerca attuale di laboratorio … “
TESTAMENTO FINALE
«Ma che cosa volete mai che io faccia, che vi mostri, che vi dica: esperimenti, rivelazioni, racconti trascendentali, apporti, dialoghi con spiriti intelligenti, pitture, confidenze, ecc. ecc. Insomma tutta la gamma delle mie sofferenze … Eppure queste cose le conoscete, ormai le sapete, ve le ho mostrate, ve le ho dette… Ma voi rimanete immobili ed immoti anche se vi tendo le braccia, se vi grido col cuore lacerato la mia solitudine ed il vostro assenteismo. Dopo tanto tempo non ho costruito nulla in voi; ho soltanto colmato molte ore della vostra noia, vi ho dato spettacolo. La vostra attenzione è altamente peculiare, così come se foste difronte ad un palcoscenico ove il mio spirito o la mia anima o solamente il mio corpo assumono, per voi, il ruolo di una ridicola marionetta. Le mie parole cadono nel vuoto del nulla, di tutto il nulla che nutre il vostro cervello condizionato dalle esigenze di una materialità alla quale, ammetto,non vi è dato sottrarvi. Ma almeno un piccolo tentativo avreste pur potuto farlo, quello di muovervi verso di me od almeno verso le cose altissime che mostro a voi ciechi, egoisti ed indifferenti di quel che succede. Perché dentro di me i sogni, le tempeste, i timori e le speranze urgono ad ogni istante… Povero me, nessuno di voi se ne accorge; poveri voi che camminate sul bordo del nulla e rischiate di caderci ad ogni istante…Qualche volta mi consolo pensando che forse, quando si tacerà la mia  voce,  il ricordo di me vi aiuterà a vivere il tempo che vi resterà vivendo meglio; ossia viverlo con la consapevolezza che tutto quanto fu mia intenzione apprendervi era ad un ordine che obbedivo, ad un istinto che rispondevo. Io, morente, offro la vita a coloro che già erano, come me, prossimi a scomparire nel nulla. Su cento milioni di uomini ce n’è uno solo che saprà tramandare la   ragione che non  è segreta  della  Creazione.  Sono Rol ,  nel 1975». (Testo tratto da “Gustavo Rol – una vita di prodigi” di Remo Lugli)