INTERVISTE : LA PULCE NELL’ORECCHIO

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CONOSCIAMO MEGLIO ROL ATTRAVERSO QUESTA BELLISSIMA INTERVISTA
INTERVISTE : LA PULCE NELL’ORECCHIO
INTERVISTE
INTERVISTE A GUSTAVO ADOLFO ROL : GERVASO «Sono un pittore» dice. E non vuol esser altro. Calvo, imponente, severo, diffonde da un volto scultoreo un magnetismo inquisitorio e inquietante. Non è facile sostenerne lo sguardo, ed è impossibile sfidarlo.
D’antico ceppo scandinavo, Gustavo Adolfo Rol, appassionato medico dell’anima, vive a Torino, quasi a ridosso del Po, in una vecchia casa, zeppa di libri, che non sarebbe di spiaciuta a Gozzano. Dopo frammentari soggiorni all’estero, colui che nega d’esser un veggente, un sensitivo, un medium, ma i cui esperimenti – epifanie d’oggetti , scritture a distanza, letture del pensiero, viaggi nel futuro e nel passato – sbalordiscono da decenni la più scettica scienza ufficiale, si divide fra la tavolozza e gli amici, pochi e vagliatissimi. Brusco e squisito, irruente e disarmato, cogitabondo e impulsivo, sommesso e altero, docile e perentorio, nessuno riuscirà mai a decifrarlo.
D. Ha fede?
R. Sì. Credo in un Dio unico, fabbro dell’universo, ispiratore della giustizia e della carità.
D.
Perché pensa che Dio esista
R. È una certezza innata. Quando sentii parlare per la prima volta di Dio, trovai la cosa del tutto naturale.
D. E quando qualcuno ne nega l’esistenza?
R. Capisco che la fede è un dono che io ho ricevuto.
D. L’idea di Dio libera davvero la mente dai tormenti e il cuore dalla solitudine?
R. Per quel che mi riguarda, è certamente grazie alla fede che, nelle avversità, la mia mente non conobbe tormenti, né il mio cuore solitudine. In ogni caso credere in un Dio giusto e riparatore conforta e soccorre.
D. È d’accordo con Schopenhauer quando dice che le religioni sono come le lucciole: per splendere hanno bisogno delle tenebre?
R. No. Sono piuttosto d’accordo con Einstein.
D. Con Einstein?
R. Sì, che definì la luce «l’ombra di Dio ». Le religioni vere sorgono dalla luce, e nella luce s’esaltano.
D. Religione ce n’è una, o ce ne sono tante?
R. Ogni religione d’ispirazione morale ha le stesse finalità.
D. Nella religione ci dev’essere più moralità o sentimento?
R. Sentimento e moralità son inscindibili.
D. Crede ai miracoli?
R. Sì. E vi assisto frequentemente.
D. Il miracolo è solo sospensione delle leggi naturali?
R. Nel miracolo, una legge naturale non è sospesa ma superata, nella natura essendo tutto energia, movimento, evoluzione.
D. Potranno mai scienza e fede incontrarsi?
R. La fede nella ricerca è, per lo scienziato, una vera e propria religione.
D. E la fede in Dio?
R. Per i credenti è pari alla fiducia infusa nello scienziato.
D. L’incontro, quindi, tra scienza e fede …
R. Può avvenire sul piano ideale dell’intelligenza costantemente rivelatrice di un’infinito aperto all’uomo.
D. C’è coscienza nella materia?
R. Una coscienza primordiale.
D. E ne è prova?
R. L’istinto che anima la materia e ne regola l’energia.
D. La forma più alta di questa coscienza?
R. Il suo divenire ” intelligente” . È il momento in cui appare l’uomo.
D. La realtà è più dentro, o fuori di noi?
R. Dentro.
D. Anche a causa dell’inconscio?
R. Anche a causa dell’inconscio, depositario della conoscenza.
D. È concepibile il pensiero senza lo spirito?
R. No.
D. Perché?
R. Rimarrebbe sterile.
D. Che rapporto c’è fra il pensiero e lo spirito che lo sovrasta?
R. Lo stesso che corre fra il suddito e il suo principe.
D. E fra lo spirito e gli organi attraverso i quali la vita s’esprime?
R. Idem.
D. Potrà mai la scienza analizzare lo spirito?
R. Sì, nell’istante stesso in cui perverrà a identificarlo. Sono certo che a tanto giungerà l’ansia dell’uomo.
D. Come immedesimarsi nel proprio “spirito intelligente”?
R. Acquistando consapevolezza della propria coscienza.
D. Perché l’uomo teme tanto la morte?
R. Per la sua rappresentazione macabra.
D. Solo per questo?
R. No. Anche per i distacchi che nessuna filosofia totalmente conforta.
D. Quando si comincia a morire?
R. Non appena ci s’accorge di vivere.
D. La morte è davvero la fine di tutto?
R. Davvero, non per tutti.
D. Come immagina l’aldilà?
R. La risposta sarebbe condizionata dalla mia fede cristiana.
D. Si ricorda spesso che deve morire?
R. Ogni attimo.
D. Il destino va sempre, e comunque, accettato?
R. Il destino è opera delle nostre scelte e, come tale, è impossibile rifiutarlo.
D. Tutto sta scritto?
R. Il metcoub degli arabi non deve distoglierci dall’agire senza tener conto della fatalità.
D. E se Dio giocasse a dadi col mondo?
R. Perderebbe.
D. Perché?
R. Non bara.
D. L’amore per il prossimo è un dovere o un istinto?
R. Dovrebbe essere un istinto.
D. Come, dovrebbe?
R. Per la maggior parte degli uomini non è neppure sentito come un dovere.
D. Bisogna essere prima giusti o generosi?
R. Giusti, il che non esclude la generosità.
D. C’è in noi più cielo o inferno?
R. Tutt’e due: in parti uguali.
D. Quando un’anima è veramente grande?
R. Quand’ignora d’esserlo.
D. La sofferenza purifica sempre?
R. Chi sa accettarla.
D. Siamo comunque responsabili di quel che facciamo?
R. Sì, se lo facciamo volontariamente.
D. Pensa anche lei, con Seneca, che la virtù senza contrasti infiacchisca?
R. I contrasti stimolano il coraggio al quale la virtù s’ispira.
D. L’attirano più le anime felici o infelici?
R. Ho sempre avuto bisogno di compiangere negli altri le mie miserie, o di rimpiangere negli altri la mancanza delle mie gioie.
D. Perché?
R. Perché nella disgrazia altrui ho visto la fine prossima della mia felicità e ho sentito, per gli altri, il bisogno che avrei avuto più tardi, d’esser anch’io commiserato.
D. C’è progresso senza conflitti?
R. No.
D. Meglio la verità o la felicità?
R. Una non esclude l’altra, anzi ne è il complemento.
D. Cioè?
R. Come può esserci felicità senza verità?
D. Anche per lei, più si giudica, meno si ama?
R. L’amore è incline all’indulgenza, e un giudice, anche se benevolo, dev’esser imparziale.
D. L’amore rende migliori?
R. Sì.
D. Qualche crisi ha tracciato le linee del suo destino?
R. Ragazzo, coniai un motto col quale intestavo la carta da lettera.
D. Diceva?
R. «La fortuna è Dio, il destino sono io.» Per tutta la vita sono sempre stato l’artefice delle mie crisi.
D. Da che cosa si lascia più facilmente sopraffare?
R. Dal sentimento.
D. Ha molti dubbi?
R. Infiniti.
D. Il più atroce?
R. Aver sciupato, sotto certi aspetti, la vita.
D. Cosa più la disarma?
R. La purezza.
D. Ha perduto molte illusioni?
R. Molte, ma ho conservato le essenziali.
D. Che sono?
R. Prima la speranza, ultima la rassegnazione.
D. Riesce a sfidare le calamità?
R. Le mie, no. Mi capita, però, di presentire quelle che incombono sugli altri.
D. E allora?
R. Agisco.
D. Con successo?
R. A volte.
D. Non s’è mai pentito d’aver fatto del bene?
R. Mai.
D. Perché s’è definito «grondaia che convoglia l’acqua stillante sul tetto»?
R. Perché so di non possedere neppure ciò che dono.
D. Non è né un sensitivo, né un veggente, né un medium, né un taumaturgo. Cos’è?
R. Un essere molto più alla buona, meno importante, ma diverso.
D. Le sue sono possibilità o facoltà?
R. Possibilità.
D. Hanno una base biologica?
R. No.
D. Perché?
R. Provengono dallo spirito.
D. Sotto quali impulsi agisce?
R. Quelli che mi dettano le circostanze.
D. Si spieghi.
R. Mi trovo improvvisamente, e infinitamente, disponibile. Uno stato che non si può descrivere.
D. Ci provi.
R. Una specie di tenerezza, di gioia appena il prodigio è avvenuto, sempre per una ragione che si rivela più tardi.
D. Agisce spontaneamente?
R. Sì.
D. Fino a che punto è arbitro dei suoi poteri?
R. Non essendo poteri, non posso esserne l’arbitro.
D. I suoi esperimenti sono solo una manifestazione psichica?
R. Nei miei esperimenti è la psiche a far da «grondaia» allo spirito.
D. Può servirsi come vuole dei fenomeni manifestatisi attraverso di lei?
R. No, nel modo più assoluto.
D. È vero che ciò che fa stupisce anche lei?
R. Sì, e sovente ne resto commosso.
D. Che quando si mette in comunicazione con gli spiriti “intelligenti” il suo peso diminuisce?
R. Non m’è mai successo di mettermi in comunicazione con “spiriti intelligenti”. È una facoltà che non possiedo. La cosa avviene all’infuori della mia volontà.
D. E il suo peso?
R. Non credo diminuisca, dal momento che non vado in trance, né eccessivamente m’affatico.
D. Il suo ritmo cardiaco s’altera?
R. Può agitarsi, non alterarsi.
D. Come per un’emozione?
R. Esattamente.
D. Son importanti la fiducia e l’ottimismo di chi assiste ai suoi esperimenti?
R. Importanti, non determinanti.
D. Ha davvero fatto diagnosi senza dati clinici, solo vedendo i pazienti?
R. Sì, al cospetto di medici.
D. È vero che se certi suoi moniti non fossero caduti nel vuoto, tante sciagure si sarebbero evitate?
R. Sì.
D. Si ritiene uomo di scienza?
R. No.
D. La sua conoscenza è già patrimonio della scienza di domani?
R. È difficile stabilire i limiti della mia conoscenza, ma sono certo che la scienza vi perverrà, e li supererà.
D. Sono trasmissibili, e come, i suoi “poteri”?
R. Le ho detto che non sono “poteri”, ma “possibilità”.
D. “Possibilità” comprensibili?
R. Sì, attraverso un’attenta e umile intuizione della loro essenza.
D. È sempre stato disinteressato?
R. È una condicio sine qua non.
D. Si sente solo?
R. No.
D. Anche quand’è impotente?
R. Anche quando son impotente.
D. Perché rifiuta i controlli?
R. Presuppongono ciò che non posseggo.
D. E cosa non possiede?
R. La facoltà di produrre fenomeni volontariamente.
D. Significa che i suoi non sono ripetibili?
R. Appunto.
D. Cosa risponde a coloro che le chiedono di lasciarsi esaminare?
R. Cerco di spiegare queste cose.
D. E le capiscono?
R. Non possono, o non vogliono.
D. Cioè?
R. Chiamano in causa una scienza intransigente e preclusa verso ciò che non appare ammissibile, quando invece …
D. Quando invece?
R. Quando, invece, è proprio della scienza esser aperta anche a quei problemi che non sembran offrire spunti di ricerca.
D. La scienza può rifiutare di credere a ciò che non è in grado di provare?
R. Sì, ma nulla l’autorizza a negarlo.
D. Ha avuto molti contatti con scienziati?
R. Per oltre cinquant’anni, e tutti nomi illustri.
D. Ne fu confortato?
R. Sì, dalla loro disponibilità a discutere senza preconcetti una verità che gli appariva inammissibile.
D. Gli ha parlato anche di Dio?
R. Certamente. E non mi stupii quando alcuni di loro mi risposero che alla scienza si dovrà, un giorno, consegnare quanto oggi le religioni attribuiscono a Dio. Ma c’è di più.
D. Vale a dire?
R. È incontestabile che l’uomo, per le prerogative che gli consente il suo intelletto, è una sorta di divinità in mezzo alla natura.
D. Una divinità?
R. Sì, i miracoli ch’egli compie in virtù della scienza non sono forse una dimostrazione dei suoi poteri?
D. Ma da dove gli vengono questi poteri?
R. Dal suo intelletto. Io, uomo di fede, identifico Dio con l’intelletto dell’uomo, e sono certo che più d’uno scienziato-credente è favorito, nella sua fatica, da questo pensiero.
D. E se non avesse avuto una fede religiosa?
R. La mia mente non avrebbe potuto che volgersi alla scienza.
D. Cita spesso le Sacre Scritture.
R. Insegnano all’uomo che Dio lo ha fatto a .propria immagine e somiglianza, dotandolo di libero arbitrio, di senso di responsabilità, conferendogli la coscienza della sua alta ragione d’esistere e d’una raggiungibile immortalità.
D. Non si sente un eretico?
R. Non mi sento né un eretico, né un illuso in questo tentativo di conciliare tanti pensieri discordi e d’aprire una via alternativa al materialismo, e in ogni caso alla solitudine e al terrore della morte. Confido che, dopo di me,. Altri vorrà continuare nella ricerca di mezzi idonei ad avvicinare la scienza e lo spirito, ciò che oggi non è ancor attuabile.
D. È possibile, e come, rendere migliore l’umanità?
R. Volendolo, con la sincerità.
D. La. verità, alla fine, trionfa?
R. Sempre, ma senza limiti di tempo.
D. La Rivelazione spiega l’intero universo?
R. No.
D. Ma lo lascia intuire.
R. Sì. E per la mente umana è già molto.