POSSIBILITA’: VIAGGIO NEL TEMPO (SPECIALE FISICA N° 2)

Viaggiare a ritroso nel tempo si può!!!

Qualche giorno addietro abbiamo riportato un comunicato del CNR riguardante uno studio apparso sulla rivista Scientific Reports nel quale si descriveva la prova sperimentale per cui la freccia del tempo può viaggiare solo in avanti. Su questa tesi ospitiamo il commento di Mariateresa Crosta dell’Osservatorio Astrofisico dell’INAF di Torino essendo oggetto di indagine entro gli ambiti ammessi dalle leggi fisiche, lo studio sulla possibilità dei viaggi nel tempo continua ad essere una tematica borderline, si presta ad interpretazioni anche in ambito quantistico, offre nuovi spunti per approcci differenti a questioni scientifiche-filosofiche che generano problematicità di tipo ontologico, come ad esempio i paradossi sulla relazione circolare causa-effetto nelle curve spaziotemporali chiuse. Proprio recentemente si è svolto il convegno scientifico dedicato a queste tematiche.

E’ già stato provato che i viaggi nel futuro sono potenzialmente possibili, mentre quelli nel passato, che siano ammissibili o meno, si tende ad associarli alla “freccia del tempo”, ossia all’irreversibilità dei fenomeni macroscopici legata alla dinamica dei fenomeni microscopici, generando un po’ di confusione sulla origine stessa della questione. Le basi concettuali dei viaggi nel tempo affondano le proprie radici nella teoria, ben verificata, della Relatività Generale di Einstein, di cui a breve ricorre il centenario.

Sappiamo, infatti, dalla teoria di Einstein che viviamo in uno spaziotempo deformabile (a quattro dimensioni) curvato dalla presenza delle masse, la cui geometria è la manifestazione della gravità, e il tempo è relativo; in specifiche condizioni fisiche le linee temporali di due osservatori potrebbero non scorrere in modo uniforme, pur mantenendo il loro senso di percorrenza, e addirittura intersecarsi con la conseguenza che uno dei due potrebbe finire nel futuro o nel passato dell’altro.

È possibile creare uno sfasamento temporale soprattutto se uno di essi è posto in un forte campo gravitazionale o entrambi si muovono uno rispetto all’altro (come avviene nel “paradosso dei gemelli”); in tal modo, potrebbero generarsi curve temporali chiuse, dette CTC. Un filo conduttore che unisce lo studio di un possibile viaggio nel tempo nel macrocosmo e microcosmo sono proprio le CTC, ovvero quei percorsi temporali chiusi che connettono il passato e il futuro in modo circolare, consentendo una violazione della cronologia, ma pur preservando il principio di causalità. In parole povere, il principio di causalità sancisce che ad una causa segua un effetto, ed in un ipotetico viaggio nel passato l’effetto non può influire sulla causa che l’ha generato, pena l’insorgere di paradossi logici.

In una dinamica non quantistica, questo è stato teorizzato dallo scienziato russo Novikov attraverso il “principio di autoconsistenza”, il quale assicura solo l’esistenza di traiettorie che non inducano contraddizioni. A sua volta, in un contesto quantistico, tale esistenza presenterebbe più scenari possibili e autocompatibili tali da permettere interventi nel passato.

E’ possibile un’interpretazione “a molti mondi” (originariamente proposta da Everett) delle CTC, capace di risolvere i paradossi messi in atto da un crononauta quando interferisca con una scelta arbitrale effettuata nel suo passato. L’idea essenziale è che l’universo si divida in più rami, ovvero in più realtà osservate rigorosamente autocompatibili, ma che le interazioni causali tra di esse non seguano necessariamente un ordine cronologico.

Nella meccanica quantistica gli studi sulle CTC – soprattutto quelli relativi al paradosso dell’informazione autoesistente – hanno aperto nuove prospettive sulla fattibilità di un Macchina del tempo grazie al teletrasporto per mezzo del cosiddetto entaglement (le particelle che si trovano in uno stato coerente rimarrebbero, infatti, correlate per mezzo di una specie di legame profondo anche se separate ed a grandi distanze tra loro). Va detto che la “non località” di tipo quantistico è stata ampiamente sperimentata e che i fisici sono riusciti a teletrasportare luce e persino interi atomi (si tratta, comunque, di un trasporto di informazione e non di materia).

Attualmente la procedura di post-selezione combinata con il teletrasporto sembra essere più promettente di quella basata sulla condizione di autoconsistenza (avanzata dal fisico Deutsch), in quanto la prima consentirebbe al crononauta di conservare la correlazione forzandolo a viaggiare nel passato che ricorda, mentre la seconda implicherebbe l’emergere in un passato differente, che non è correlato con il resto dell’universo. C’è un acceso dibattito scientifico su quale dei due meccanismi sia quello più adatto a descrivere le CTC e rimangono molte “patologie” ancora da sanare; in ultimo, non è chiaro come l’autoconsistenza di un sistema locale si possa imporre alla struttura globale dello spaziotempo.

Quanto suddetto non è, però, immediatamente associabile al secondo principio della termodinamica – ricordiamo che, secondo Boltzmann, un sistema macroscopico completamente isolato, come l’Universo ad esempio, tende a portarsi spontaneamente nello stato che si realizza nel maggior numero possibile di microstati diversi – o, come recentemente descritto dal comunicato stampa del CNR, con la prova sperimentale dell’oscillatore di Glauber.

A questo proposito Lorenzo Maccone dell’Università di Pavia, esperto di CTC, teletrasporto e post-selection, ritiene che «l’inversione della freccia del tempo non è propriamente un “viaggio nel tempo” relativistico, dove la freccia del tempo di nessun sistema viene invertito. E’ un esperimento molto bello, interessante e difficile, ma riguarda un tipo di viaggio nel tempo molto diverso da quello previsto dalla relatività generale e non dalla meccanica quantistica, che di per sé non prevede alcun viaggio nel tempo a meno di modifiche piuttosto drastiche come suggerite dal meccansimo di post-selection».

«L’esperimento pubblicato sulla rivista Scientific Reports riguarda la (im)possibilità di invertire la freccia del tempo termodinamica» aggiunge Maccone, «mentre i viaggi nel tempo relativistici non richiedono l’inversione della freccia termodinamica. Essi invece richiedono che il tempo proprio del crono-viaggiatore venga violentemente deviato rispetto al tempo proprio di un altro sistema (per esempio il mondo esterno alla macchina del tempo), grazie alla particolare traiettoria nello spaziotempo curvo seguita dalla macchina del tempo. Non bisogna invertire la freccia del tempo di nessun sistema: sia quella interna alla macchina del tempo che quella del mondo esterno continuano ad essere orientate nella stessa direzione che avevano inizialmente, ma è l’orientazione relativa tra le due frecce che diventa opposta per un certo periodo. Questo fenomeno controintuitivo si può spiegare solo grazie al fatto che la relatività prevede che lo spazio e il tempo non siano entità distinte, ma due aspetti di un’unica entità, lo spaziotempo. Quindi, in situazioni molto particolari, una particolare traiettoria nello spazio seguita dalla macchina del tempo permette di viaggiare a ritroso rispetto al tempo esterno».

https://www.media.inaf.it/2015/11/10/viaggiare-a-ritroso-nel-tempo-si-puo/




POSSIBILITA’: VIAGGIO NEL TEMPO (SPECIALE FISICA)

La possibilità del viaggio nel tempo senza paradossi

Un nuovo studio ipotizza la possibilità di viaggiare nel passato senza paradossi grazie agli universi paralleli

Quella dei viaggi nel tempo, seppur affascinante, rimane pur sempre un’idea che al momento appartiene più al campo della fantascienza che a quello della scienza. E anche se matematicamente il viaggio nel futuro potrebbe essere possibile, quello nel passano no. Tuttavia, secondo un nuovo studio apparso su arXiv e New Scientist, nel contesto della teoria relativa agli universi paralleli, i fisici Barak Shoshany e Jacob Hauser del Perimeter Institute del Canada ritengono che potrebbe essere possibile viaggiare dalla linea temporale di un universo alla linea temporale di un altro attraversando un wormhole, ossia un buco nello spazio-tempo.
I due fisici partono dal presupposto che se il viaggio nel tempo è possibile esso porta in maniera inevitabile a paradossi non esplicabili. Ad esempio, uno dei paradossi che renderebbe impossibile il viaggio nel tempo è il famoso “Paradosso del nonno”. Questo suppone che se un individuo andasse indietro nel tempo e uccidesse suo nonno prima che quest’ultimo generi figli, allora ciò renderebbe impossibile l’esistenza del nipote e dunque il verificarsi dello stesso viaggio nel tempo che ucciderà poi il capostipite della famiglia.
Ad ogni modo, Shoshany e Hauser ritengono di aver trovato una soluzione al paradosso prendendo in considerazione la possibilità dell’esistenza di universi paralleli, un’idea a dire il vero non del tutto nuova per teorizzare il viaggio nel tempo. Nello specifico, i due fisici alcuni mesi fa hanno caricato un documento sul server di prestampa di arXiv in cui discutono proprio di questo argomento, descrivendo un modello in cui una persona potrebbe teoricamente viaggiare da una linea temporale all’altra attraversando un buco nello spazio-tempo in un modo “matematicamente possibile”.
I due scienziati sottolineano il fatto che non c’è per forza bisogno di un numero infinito di universi, anche se sarebbe comunque necessario un numero che rimanga molto elevato. «La teoria degli universi paralleli che suggeriamo dice che ci sono diversi universi in cui le cose sono più o meno le stesse, e ognuna è matematicamente separata su un diverso piano spazio-temporale», ha sostenuto Shoshany a New Scientist. «Puoi scegliere uno di questi universi e andarci quando viaggi indietro nel tempo».
Linee temporali multiple consentirebbero ad un ipotetico viaggiatore del tempo di poter uccidere il proprio nonno e di non causare paradossi temporali capaci di condurre a conseguenze così gravi che nemmeno gli stessi fisici potrebbero essere in grado di spiegare. La teoria proposta dai due scienziati, invece, prevede che qualsiasi cambiamento venga apportato al passato sarà indipendente dalla storia della linea temporale da cui il viaggiatore del tempo proviene.
Questo aspetto porta comunque a considerare quello che è uno dei principali limiti di questa teoria, ovvero il fatto che il viaggio nel tempo non avrebbe senso al fine di cambiare il nostro tempo, poiché si andrebbe ad interferire con una realtà differente dalla nostra. Come ha infatti dichiarato sempre a New Scientist l’astrofisico ed l’esperto di materia oscura Geraint Lewis dell’Università di Sydney, non convolto nella ricerca, «Ad un certo senso non sembra nemmeno più un viaggio nel tempo, perché che senso ha tornare indietro e uccidere Hitler se la seconda guerra mondiale si svolge ancora nell’Universo da cui provieni?».

https://www.tio.ch/newsblog/avanti/1439605/tempo-viaggio-universi-paradossi-possibilita-viaggi

All’interno degli universi fantascientifici viaggiare nel tempo non è molto più difficile che guidare in mezzo al traffico caotico di una grande città. I protagonisti possono decidere di muoversi a loro piacimento, in quanto nessuna legge della fisica impedisce loro di raggiungere la destinazione in qualsiasi luogo essa sia. Nella vita di tutti i giorni, viaggiare nel tempo non è così semplice. In effetti, è probabilmente impossibile realizzare un qualche tipo di dispositivo come in “Ritorno al futuro” che permetta all’inventore di muoversi a suo piacimento lungo linee temporali percorrendole avanti e indietro, saltando da un’epoca all’altra.

Tuttavia, il viaggio nel tempo non è vietato dalle leggi della fisica.

Nella teoria di Albert Einstein, la relatività generale, spazio e tempo si fondono in una nuova entità dinamica chiamata “spaziotempo“, che consente la possibilità di percorsi che potrebbero piegarsi verso il passato e riportarci nel futuro.

Questi percorsi, noti come curve a tempo chiuso, sono un po’ come dei grandi cerchi intorno alla superficie della Terra. Percorrendoli in una direzione e andando dritti, alla fine si ritorna al punto di partenza. In quel caso la curvatura della Terra ci riporta al punto precedente nello spazio; con curve temporali chiuse, la geometria dello spaziotempo ci riporterebbe a un momento precedente alla partenza.

Pur sembrando possibili, i cicli temporali della relatività generale non sarebbero pratici per viaggiare nel tempo. Tuttavia, l’esistenza di questi cicli è legata all’universo stesso che, come ha dimostrato Kurt Godel negli anni ’40 dovrebbe ruotare e non espandersi.

I viaggi nel tempo però sembrano non essere possibili, sembrerebbe infatti che l’universo si stia espandendo ma senza ruotare.

Se questi cicli esistessero servirebbe qualcosa per percorrerli, una macchina capace di spostarsi a velocità prossime a quella della luce. In pratica oggi, non disponendo di un mezzo del genere, non possiamo spostarci nel tempo.

Tuttavia, in linea di principio, la sola possibilità di viaggiare nel tempo, avrebbe importanti implicazioni per la fisica di base dell’universo e potrebbero valere la pena di investigare approfonditamente la questione. I cicli del tempo potrebbero non permetterci di attraversare il cosmo come raccontato nei film e nei libri di fantascienza ma forse potrebbero aiutarci a capire il cosmo ed o suoi tanti misteri ancora insoluti.

Per risolvere i grandi misteri della fisica, della nascita e dell’evoluzione dell’universo, le teorie oggi a disposizione sembrano non essere sufficienti. La relatività generale di Einstein è una teoria che spiega un grande numero di eventi, ma indubbiamente non è in grado di sondare i lidi più estremi della fisica.

La relatività inizia a scricchiolare? Forse. La maggior parte delle previsioni derivate dalla relatività sono state confermate e è indubbio che che la relatività ci spiega molto bene il funzionamento dell’universo a livello macroscopico, eppure è sempre più evidente che sarà difficilissimo, se non impossibile, renderla davvero compatibile con la meccanica quantistica che governa il mondo dell’infinitamente piccolo e visto che l’universo è comunque composto da “cose” infinitamente piccole, in qualche modo lo governa tutto.

La combinazione della relatività con la meccanica quantistica potrebbe consentire i viaggi nel tempo, ma serve qualcosa che le combini in maniera efficace, un qualcosa che non c’è ancora.

Sono state proposte diverse teorie per fondere la relatività generale e la meccanica quantistica in una teoria unificata. Secondo il filosofo Christian Wüthrich dell’Università di Ginevra, il viaggio nel tempo potrebbe essere possibile se una nuova teoria potesse in qualche modo includere l’equivalente dei cicli temporali della relatività generale.

Sebbene la teoria fondamentale rimarrebbe incompatibile con il viaggio nel tempo, tollererebbe la possibilità di viaggiare nel tempo su un’altra scala, meno fondamentale” scrive Wüthrich in un suo articolo pubblicato online a giugno. “A seconda di quale possa essere la relazione tra la teoria fondamentale e lo spaziotempo emergente, potremmo scoprire che la struttura emergente e macroscopica dello spaziotempo consente il viaggio nel tempo“.

Tuttavia, rivedere le principali proposte di teorie della gravità quantistica non fornisce molta speranza. Un approccio, noto come teoria degli insiemi causalirichiede che gli insiemi di eventi siano ordinati in una corretta relazione causa-effetto. Quindi la sua idea centrale sembra escludere curve simili a quelle dei cicli temporali. Un altro approccio, noto come gravità quantistica ad anello, prevede che lo spazio sia costruito con anelli fondamentali chiamati “atomi di spazio“. Questa visione, però, ha incontrato difficoltà tecniche. “Pertanto, sembriamo di fronte a una struttura temporalmente innocua in cui non è consentito alcun senso significativo del viaggio nel tempo“, scrive Wüthrich.

“È possibile che le reti di questi atomi di spazio possano produrre spaziotempo di alto livello che incorpora curve chiuse simili al tempo ciclico. Ma l’analisi dei dettagli, in questa fase dello sviluppo della gravità quantistica ad anello, non offre molte ragioni di ottimismo”, conclude Wüthrich.

Il futuro del viaggio nel tempo potrebbe apparire un po’ più chiaro se l’approccio corretto alla gravità quantistica risulterà essere la teoria delle stringhe.

Nella teoria delle stringhe, le particelle di base della materia sono piccole cordicelle di energia vibranti chiamati “stringhe” estese in una sola dimensione. Sono state costruite diverse versioni della teoria delle stringhe, suggerendo che potrebbero esistere manifestazioni diverse di una teoria principale più fondamentale chiamata teoria M.

Poiché la teoria M non esiste ancora, è impossibile determinare il suo verdetto sui viaggi nel tempo“, scrive Wüthrich. Ma le indagini su vari scenari della teoria delle stringhe fanno pensare che la teoria definitiva dovrebbe poter includerebbe curve chiuse simili ai cicli del tempo.

Anche se questi cicli del tempo fossero inclusi nella teoria fondamentale, non è detto che vengano conservati nello spazio-tempo su una scala rilevante nella vita reale. “Del resto“, sottolinea Wüthrich, “prevedere che l’esistenza di circuiti di viaggio nel tempo potrebbe essere presa come prova contro la teoria, considerando la seria probabilità che il viaggio nel tempo non sia affatto possibile“.

Non sappiamo se i cicli temporali della relatività generale si preserveranno in una teoria più profonda e come afferma Wüthrich:”Una teoria più fondamentale potrebbe ammettere strutture pari a curve del tempo chiuse e quindi consentire viaggi nel tempo. Questa, chiaramente, rimane un’opzione nella fase attuale della conoscenza“.

In ogni caso, indagare se le teorie della gravità quantistica conservano la possibilità del viaggio nel tempo della relatività generale può fare luce su molte domande difficili alle quali bisogna rispondere per sviluppare una teoria vincente e capire come si relaziona con la relatività generale.

Fonte: Space.com




POSSIBILITA’ : ALTERAZIONE SPAZIO-TEMPO (SPECIALE APPROFONDIMENTI)

La gravità e la distorsione
dello spazio e del tempo
Annibale D’Ercole
Osservatorio Astronomico – Bologna

All’interno di una cabina di ascensore ferma e sospesa nel campo gravitazionale della Terra, un osservatore percepisce tale campo tramite la pressione esercitata dal pavimento sulla pianta dei suoi piedi per controbilanciare il suo peso.
Se l’osservatore lascia andare un qualunque oggetto che tiene in mano, tale oggetto cade sul pavimento.  Se il sostegno della cabina viene reciso, l’ascensore cade verso il basso a velocità crescenti.  Tuttavia la sua accelerazione – ovvero il tasso di variazione di velocità nell’unità di tempo – è costante.

Questa è una proprietà del campo gravitazionale nei pressi della superficie terrestre nota fin dai tempi di Galileo: tutti gli oggetti, lasciati a sé stessi, cadono verso terra con una accelerazione costante che è uguale per tutti, indipendentemente dalla loro massa.
Einstein si rese conto che, in assenza di un campo gravitazionale esterno, questo comportamento poteva essere simulato da un sistema di riferimento accelerato.
Immaginiamo, infatti, che la nostra cabina sia posta in una zona di universo lontana da grandi concentrazioni di massa, e dunque priva di un campo gravitazionale apprezzabile.   Supponiamo inoltre che, tramite un razzo, la cabina venga agganciata al soffitto e trascinata verso “l’alto” con accelerazione costante.    L’occupante percepirà la pressione del pavimento contro i suoi piedi, analogamente alla pressione esercitata contro la nostra schiena dal sedile quando ci troviamo all’interno di un’automobile in fase di accelerazione.   Se poi l’occupante lascia andare un oggetto che tiene in mano, tale oggetto tende a rimanere fermo (perché nessuna forza agisce su di lui); tuttavia il pavimento gli va incontro con moto accelerato, e all’osservatore nella cabina sembrerà che l’oggetto cada verso il pavimento.   A tutti gli effetti le cose nella cabina vanno come se l’ascensore fosse fermo all’interno di un campo gravitazionale reale.
Questa indistinguibilità tra un sistema di riferimento accelerato ed uno fermo e sottoposto a forza di gravità esterna è stata battezzata da Einstein Principio di Equivalenza.

Queste considerazioni sono talmente semplici da apparire banali.  Eppure Einstein riuscì a pervenire, proprio tramite queste apparenti banalità, a conclusioni stupefacenti riguardo alla natura della gravità ed alla sua influenza sulle proprietà dello spazio e del tempo.   Einstein formulò il Principio di Equivalenza nel 1907, due anni dopo aver pubblicato la Teoria della Relatività ristretta in cui mostrava che spazio e tempo sono percepiti diversamente da osservatori che si muovano l’uno rispetto all’altro.
Gli ci vollero però altri otto anni di sforzi enormi prima che le sue intuizioni riguardo alla gravità potessero concretizzarsi in una teoria coerente.  Questa Teoria della Relatività generale ha trovato da allora numerose conferme sperimentali e rappresenta attualmente la migliore teoria per descrivere i campi gravitazionali.

Noi qui ripercorreremo l’intuizione di partenza di Einstein che lo ha portato a concludere che, in presenza di un campo gravitazionale, spazio e tempo si deformano. Per fare questo abbandoniamo l’esempio dell’ascensore, in cui la velocità varia di intensità ma non di direzione, e consideriamo un moto accelerato particolare, quello in cui il valore della velocità non cambia, ma cambia la direzione del moto.Questa è proprio il tipo di accelerazione avvertito da un osservatore posto su una giostra. In particolare, si consideri il Rotor che si trova nei parchi di divertimento (Fig. 1). Si tratta di un cilindro in veloce rotazione i cui occupanti, appoggiati alla parete interna, si sentono pressati contro tale parete a causa della forza centrifuga.

Un’attenta calibrazione della velocità di rotazione può indurre nell’osservatore la sensazione di essere “sdraiato” in terra; ed infatti i progetti delle stazioni spaziali prevedono di riprodurre in questo modo una gravità artificiale nello spazio.
Sembra che proprio con questo esempio Einstein abbia intuito che la gravità deforma lo spazio e il tempo.
Lo scienziato tedesco, in effetti, aveva già dimostrato con la sua Teoria della Relatività ristretta che spazio e tempo sono misurati diversamente da due osservatori in moto relativo uniforme (ossia non accelerato) l’uno rispetto all’altro.   Abbiamo illustrato in questa rubrica (n. 1/2000) come l’orologio di un viaggiatore posto su un treno appare scorrere più lentamente ad un osservatore posizionato in terra, accanto ai binari.  Ed abbiamo anche mostrato che un righello posto sul treno parallelamente ai binari sembra essere più corto all’osservatore esterno, mentre un righello posto ortogonalmente alla direzione del moto mantiene inalterata la sua lunghezza sia per questo osservatore che per il viaggiatore.
Adattiamo ora questa esperienza al caso del Rotor, considerando un osservatore posto al suo interno (l’analogo del viaggiatore sul treno) ed un osservatore stazionario posto all’esterno (l’analogo dell’osservatore accanto ai binari). L’osservatore interno misura la circonferenza della giostra tramite un righello posto ripetutamente lungo il perimetro della base; successivamente, con la stessa tecnica, l’osservatore misura il raggio della giostra ritrovando, nel caso il Rotor sia fermo, il classico risultato della geometria euclidea, ossia che il rapporto tra la circonferenza ed il raggio di un cerchio vale 2. Questo risultato vale, naturalmente, anche per l’osservatore esterno.
Se però le stesse operazioni di misura vengono eseguite con il Rotor in movimento, il risultato è diverso. La lunghezza del raggio effettivamente è la stessa del caso statico perché il righello viene posto ortogonalmente al moto durante questa misura, e non si verifica nessuna contrazione relativistica. Tuttavia, durante la misura della circonferenza, il righello è posto nella direzione del moto e si contrae; se il righello è più corto, la circonferenza lo contiene un numero maggiore di volte ed il rapporto tra circonferenza e raggio risulta maggiore di 2.
Ora, l’occupante chiuso nel Rotor non può osservare l’esterno e dunque ignora di trovarsi su un sistema rotante; egli crede di trovarsi in un riferimento fisso, ed attribuisce la forza che lo spinge verso le pareti alla forza di gravità generata da una qualche distribuzione esterna di massa.  Pertanto, per questo osservatore, il singolare risultato geometrico deve dipendere dalla presenza della gravità ed implica una distorsione dello spazio.

Nella Figura 2 sono mostrati tre cerchi di identico raggio ma di circonferenza diversa. Questa diversità dipende dal tipo di superficie su cui i cerchi sono tracciati.
Il rapporto 2 tra circonferenza e raggio si ritrova per il cerchio sulla superficie piana; nel caso della superficie curva sferica il rapporto è minore, mentre è maggiore per la superficie curva “a sella”.
Questo semplice esempio bidimensionale è estensibile allo spazio tridimensionale ed ha indotto Einstein ad ipotizzare che le relazioni spaziali della geometria piana (la familiare geometria euclidea) non sono valide per un osservatore in moto accelerato.
Ma, per il Principio di Equivalenza, questo vuol dire che la geometria euclidea smette di essere valida anche in presenza di un campo gravitazionale reale.

Ma in un riferimento accelerato anche il tempo viene distorto.  La Teoria della Relatività ristretta ci dice che l’orologio del viaggiatore sul treno scandisce il tempo tanto più lentamente rispetto all’orologio dell’osservatore accanto ai binari quanto maggiore è la velocità del treno.  Analogamente, il tempo per l’occupante del Rotor scorre più lentamente rispetto all’osservatore esterno.  Tanto più l’occupante si allontana dal centro, tanto maggiore è lo spazio percorso per completare un giro; quindi la sua velocità aumenta con la distanza dal centro, e il suo orologio ritarda sempre più.  Dal momento che anche la forza centrifuga aumenta con la distanza dal centro, l’osservatore all’interno del Rotor conclude che il tempo scorre tanto più lentamente quanto più intenso è il campo gravitazionale.
Di nuovo, per il principio di equivalenza, il tempo deve scorrere più lentamente anche in un campo gravitazionale reale.




POSSIBILITA’ : SICRONICITA’ (SPECIALE APPROFONDIMENTI)

Quante volte ci è capitato di pensare ad un amico che non si vedeva da tempo e poco dopo, per caso, incontrarlo per strada?

Quante volte abbiamo vissuto serie di eventi che accadevano proprio come dovevano accadere, in una strana ed eccezionale coincidenza? E sempre ci siamo posti la fatidica domanda: Esiste il caso? O forse esiste un principio scientifico ancora sconosciuto, il quale fa accadere gli eventi con tale sottile armonia? Questo principio esiste e prende il nome di “sincronicità”, e la sua componente fisico-matematica è la coerenza e la non-località.

Spesso la coincidenza è solo l’evidenza di una legge di natura, invero assai comune, che si manifesta in modo ancora assai misterioso, e che sembra agire oltre i limiti dello spazio-tempo. Varie ricerche e ipotesi hanno cercato di capire che cosa si cela dietro questo fenomeno. Ad esempio, è stato compiuto un esperimento scientifico di estremo interesse, che ha dimostrato che quando due o più persone, in silenzio, si sentono “in sintonia”, le onde cerebrali dei loro emisferi si sincronizzano e, cosa ancora più sorprendente, i loro tracciati elettroencefalografici tendono a diventare identici.

Questa sincronicità neuropsichica, comprovata anche da differenti ricerche, ci permette di entrare nel vivo della questione, per tentare ancora una volta di comprendere il nesso che lega le persone tra loro, oltre il tempo e lo spazio; che unisce sottilmente un maestro illuminato ai propri discepoli; che sottostà al funzionamento delle antiche e moderne arti divinatorie come l’I King o l’astrologia. Sembra così prendere forma un principio naturale, difficile da esprimere razionalmente, ma non per questo meno fondamentale: una legge che unisce le cose simili.

Molti fisici sostengono che questa legge di sincronicità sia al lavoro già a livello subatomico, e che se tutte gli elementi dell’universo una volta erano uniti in un punto (“singolarity”), allora vuol dire che anche ora questa profonda interconnessione si mostra e, sottilmente, opera. Da queste premesse, sembrerebbe non esserci troppa distanza tra la visione dei grandi mistici che parlano della loro esperienza come di una esistenza che, al di la delle infinite forme, è una indivisibile unità e le moderne teorie/ricerche della fisica.

“Paul Kammerer”, un grande ricercatore viennese amante della natura e dell’evoluzione dell’intelligenza, per primo intuì questa legge di connessione, definendola: “Onnipresente e continua nella vita, nella natura e nel cosmo. E’ il cordone ombelicale che connette pensieri, sensazioni, scienza e arte al grembo dell’universo che li ha partoriti”.

Sintonia psichica e sincronicità EEG (elettroencefalografica):

Qual è il ruolo della sintonia empatica nella comunicazione sottile tra persone? Una serie di esperimenti ha dimostrato un aumento di sincronicità tra l’emisfero destro e sinistro del cervello, quando una coppia di soggetti tenta di sentire la presenza l’uno dell’altro. Gli sperimentatori hanno anche registrato un aumento di somiglianza delle configurazioni EEG (elettroencefalografiche), tra coppie di persone in “comunicazione empatica” (dal greco sentire dentro, insieme), durante il corso di una sessione sperimentale. Si è trovata una somiglianza tra gli EEG dei partner, anche quando, prima dell’esperimento, non si erano né incontrati, né avevano avuto alcuna forma di comunicazione tra loro.

Sono state studiate tredici coppie e quattro gruppi formati di tre persone ognuno. I gruppi di tre persone, hanno mostrato un effetto più debole rispetto alle coppie. Normalmente l’emisfero destro e quello sinistro del cervello sono, in qualche modo, indipendenti nella loro attività elettrica. Un’attività sincronica, in cui i due tracciati EEG sono più somiglianti, è stata finora sperimentalmente associata con stati di meditazione, di creatività, di focalizzazione inconsueta o nei processi di guarigione.

Un altro dato di estremo interesse che è emerso dalla sperimentazione, è che il soggetto più “sincronico” catalizza gli altri. Il soggetto con la concordanza EEG più alta, è quello che influenza maggiormente gli EEG degli altri partecipanti. In alte parole, l’EEG di individui con meno sincronia tra gli emisferi, verrebbe gradualmente a rassomigliare all’EEG della persona, nella quale i due emisferi sono, già in partenza, più simili. I “campi neuronali” possono perciò interagire e cambiarsi a vicenda. La sincronicità tra emisferi crea una sorta di “campo mentale di informazioni”, con maggiore potere di comunicazione e quindi più influente, come una sorta di stazione radio emittente, con una frequenza d’onda più coerente.

La legge dell’unità di Paul Kammerer:

“Onnipresente e continua nella vita, nella natura e nel cosmo. E’ il cordone ombelicale che connette pensiero, sentimenti, scienza e arte al grembo dell’universo che li ha partoriti”. (Paul Kammerer)

Sii qui. Questo è il momento presente, tu stai leggendo ciò che è scritto… ma chi sei? Fermati un istante e sentiti… sei un tutt’uno, miliardi di atomi si muovono… e tu sei parte integrante di un’immensa esistenza… questa è la dimensione della sincronicità.

La sincronicità rappresenta una delle colonne più importanti del paradigma olistico. Quando la si comprende, sembra di averla sempre conosciuta e di non poterne più fare a meno. Quanti eventi, importanti o meno, nella nostra vita sono accaduti per quello strano caso, per quella particolare coincidenza fortuita: incontri, sogni, dejà-vu, premonizioni, ecc. Qualsiasi ordine di eventi implicitamente significativo, che accade senza apparente causa o programmazione, rientra nel vasto fenomeno chiamato sincronicità, la silenziosa legge dell’unità e della co-evoluzione.

È la logica che sottostà alla “legge dei simili”, alla “legge del karma” e del destino. È la legge polare che bilancia il principio di causa-effetto. Agisce là dove la mente razionale, con la sua limitata conoscenza, non può giungere, nei fenomeni che la mente non comprende e che, con superba ignoranza, stabilisce essere dovuti al caso.

Per la scienza ufficiale, la nascita della vita sul nostro pianeta e la sua progressiva evoluzione in complessità, è dovuta al caso! Ma se il “caso” ha portato a questa vita e alla nostra coscienza, allora conviene rivalutarlo, e considerarlo una delle forze più potenti e intelligenti del nostro universo. La legge che unisce le cose simili è al centro del processo di unione e co-evoluzione. È la forza che porta miliardi di atomi a ritrovare una loro unità, formando una cellula… o la forza di miliardi di cellule, quando si sincronizzano nelle loro comunicazioni e informazioni, creando un animale multicellulare.

Wolfgang Pauli e la scoperta della sincronicità nella fisica quantistica:

Il concetto moderno di sincronicità, nasce dall’incontro di un Premio Nobel per la fisica, “Wolfgang Pauli”, con uno dei padri della “psicologia del profondo”, ovvero “Carl Gustav Jung”. Pauli sostiene che a livello di fisica quantistica, la realtà è coinvolta in una “danza astratta” senza alcuna causa materiale. Egli contribuisce alla comprensione delle leggi armoniche della realtà, con la scoperta di una struttura astratta che si nasconde dietro la superficie della materia atomica, e determina il suo comportamento in maniera non-causale. È così creato il presupposto sperimentale alla legge di sincronicità, sul piano della fisica quantistica.

Pauli, nonostante il suo profondo interesse per la scienza, cadde, ad un certo punto della sua vita, in un grave stato di disordine psichico. Nel 1928, parallelamente alle sue grandi scoperte nel mondo razionale della fisica quantistica, la sua vita psicologica venne gravata dal suicidio della madre, a cui seguì un disastroso matrimonio con una cantante di cabaret, che lo abbandonò poche settimane dopo. Alcool e depressione accompagnarono un crollo nervoso, che lo portò ad aver bisogno di cure e ad incontrare Jung, che gli fu di grande aiuto, riportandolo ad uno stato di equilibrio. Da quel momento, i due iniziarono e portarono avanti un proficuo sodalizio.

Nel 1952, i due studiosi pubblicarono insieme “L’interpretazione e la natura della psiche” che conteneva due saggi, uno di Pauli sull’influenza degli archetipi nella teoria di Keplero e l’altro di Jung sulla natura della sincronicità. In questo saggio Jung descrive la sincronicità come “la coincidenza nel tempo, di due o più eventi, causalmente non correlati, anche se legati dallo stesso o simile significato” o come “parallelismo acausale” o anche come “atto creativo”.

Su suggerimento di Pauli, Jung produsse un diagramma, in cui la sincronicità bilanciava la causalità, così come il tempo bilancia lo spazio. Il fisico suggerì che si enfatizzassero le differenze e le similitudini di sincronicità e causalità e che si introducesse il concetto di “significato”. Così facendo, Pauli suggeriva una via attraverso la quale, l’approccio obiettivo della scienza e della fisica (basata sulla connessione attraverso effetti), potesse essere integrato con valori più soggettivi (connessione attraverso equivalenza o significato).

L’intera nozione di “significato” è di fatto il cuore stesso della sincronicità: l’essenza di un evento sincronico è proprio il significato che esso ha per colui che lo sperimenta. La sincronicità agisce come specchio dei processi interiori, creando forti paralleli tra eventi esteriori e interiori, una similitudine delle informazioni e delle coscienze. Pauli credeva che la sincronicità potesse rendere possibile il dialogo tra fisica e psicologia, facendo entrare il soggettivo nella fisica e l’oggettivo nella psicologia. Fisica e psicologia, qui, valgono come materia e coscienza, come scienza e sacralità. Secondo Pauli era necessaria questa visione globale, per poter comprendere gli aspetti soggettivi e oggettivi come manifestazioni implicite di uno stesso fenomeno.

https://www.fisicaquantistica.it/fisica-quantistica/la-sincronicita




SPECIALE FISICA ( PITIGRILLI)

In uno “speciale” https://michiamorol.altervista.org/speciale-fisica/ parlammo della fisica quantistica, non tanto per confutare le possibilità di Rol, ma per supportare attraverso questa nuova visione scientifica quanto ci sia ancora da imparare sulla “realtà”, sul mondo fisico, su noi stessi insomma. Allo stesso tempo si scorge in alcuni esperimenti di Rol una “parentela” con la sincronicità, l’entanglement concetti che oggi sono più facilmente alla nostra portata grazie al web, mentre prima erano ad appannaggio solo di professionisti del settore. Anche la psicologia si è interessata al fenomeno paranormale, definendolo tale perché non aveva altre parole, lo scrivente molto più vicino a Jung che Freud  ha più volte incontrato nei suoi trattati la ricerca della comprensione di alcuni fenomeni e della connessione tra mente , causalità, spazio e tempo di un evento all’apparenza non ordinario, per questo un prossimo post approfondiremo anche Jung e la sua visione su eventi non ordinari. Il racconto che segue è tratto da GUSTO PER IL MISTERO di PITIGRILLI, dove G.A.R. propone un esperimento che personalmente mi trova impreparato nel poterlo definire similarmente ad uno di fisica quantistica, una fusione tra sincronicità e il fenomeno dell’osservazione raccontato da Schrödinger con il famoso paradosso del gatto. Leggete prima il racconto e poi vi spiegherò  il senso delle mie affermazioni

“Gusto per il mistero ” di Pitigrilli”

Furono portati i mazzi di carte, comperati da un fat­torino del Grand Hotel. I miei amici : l’attrice Luisa Ferid, l’attore Osvaldo Valenti e il padre di questo, ambasciatore a Teheran, il principe Lanza di Trabìa; invitati, un medico, un ingegnere e un’attrice minore, una bellezza romana all’aurora e un’aristocratica al · tramonto.

  • Dottor Rol -gli disse con franchezza l’attore. – Il nostro  amico mi ha  descritto  i suoi esperimenti,  io  le  rivolgo  una  preghiera:  invece  di  usare  carte  da gioco  come  si  possono  trovare  in  qualunque  negozio, potrebbe  servirsi  di  un  mazzo  di  carte  di  cui  non  c’è un secondo esemplare a Roma?

  • “Non ho nulla in contrario” rispose

L’attore gli presentò un mazzo di carte stampate in Scozia.

  • Io non le tocco – disse   -Le conti.

  • Sono 52

  • Le conti anche LEI

  • 52

  • Anche LEI

  • 52

  • E ora allargatele  e  stendetele  in  una  sola  fila  ad arco, come fanno i croupiers del baccarat,  e lei, signo­rina, faccia correre il dito e si fermi su una  carta  qua­lunque  senza guardare . Bene.  Ora  guardi  la  carta. La mostri a tutti. Ciascuno scriva il numero e il nome della carta. Fatto? Ora lei, signorina, la strappi (era il nove di fiori)  -e butti dalla finestra i pezzetti.

L’attrice eseguì. Alcuni frammenti caddero sulla ter­razza, altri furono portati dal vento nella strada e qualcuno tornò nella stanza.

  • Contate le carte che rimangono.

  • Cinquantadue, cinquantadue, cinquantadue -risposero

  • Cercate il nove di fiori

  • Ecco il nove di fiori.

Suonò il campanello e alla cameriera domandò :

– Che carta è questa?

– Nove di fiori, signore.

– Per favore, raccogliete quei pezzi di carta. Che cosa sono?

– Pezzetti  di una  carta  da  gioco,  di colore nero. Sono fiori.

C’è stato dunque un momento in cui la stessa carta si trovava al tempo stesso intera nel suo mazzo di cin­quantadue carte, e allo stato frammentario sparsa fra la stanza, la terrazza e la strada.

…..

Diciamo che a posteriori è corretto ciò che dice Pitigrilli anche se il fenomeno fisico dell’osservazione  è avvenuto a posteriori rispetto all’atto di strappare la carta , non simultaneo , il problema è che nonostante ci si voglia chiarire in quale principio cada questo esperimento, il dato di fatto è che allo stato finale dell’esperimento vi siano 2 nove di fiori con condizioni materiale differenti, superando il concetto della sincronicità e manifestandosi una duplicazione di materia e trasferimento della stessa in uno spazio tempo molto ristretto….. senza parole!!!

parlando di Pitigrilli allego il video con la lettura delle parti inerenti G.A.R.




SPECIALE FISICA

SPECIALE FISICA

Lungi da me di parlarvi di fisica quantistica, mi interesso di diversi campi con la consapevolezza di non poter essere considerato uno studioso o esperto in nessuno di essi , ma leggendo, studiando senz’altro le mie nozioni sono cresciute  e non sono totalmente a digiuno su campi di mio interesse, perciò vi indicherò non spiegazioni di Rol attraverso la fisica, ma parallelismi. 
 
1) il primo è quello più eclatante, “la carta si forma nel momento in cui la individua”, così a fine esperimento esordì una volta che l’esperimento era andato a buon fine 
1 bis)  In meccanica quantistica, lo stato di una particella è indeterminato, nel senso che può assumere un ben preciso set di valori. Il “vero” valore di una variabile non esiste finché non si procede alla sua osservazione/misura. Solo nel momento in cui viene osservata, infatti, la funzione d’onda che rappresenta la particella sarà forzata a collassare in un valore ben determinato che fa parte del set di valori previsti. Schrödinger esemplificò in modo piuttosto pittoresco questa strana proprietà dei sistemi quantistici con il famoso paradosso del gatto. C’è un gatto racchiuso in una scatola d’acciaio sigillata con dentro una sostanza radioattiva che può decadere oppure no; se decade, la particella emessa attiva un congegno che libera un veleno ed uccide il gatto, altrimenti no. Finché non si osserva il gatto, esso si trova in una sovrapposizione quantistica di due stati: in uno è vivo nell’altro no. Solo osservandolo se ne determina il destino. 
Come per dire il gatto è vivo solo nel momento in cui lo individua o osserva, di questo aspetto se ne occupò il Papà delle sincronicità, Carl Jung e dopo approfondita con la collaborazione di Pauli

2)
L’entanglement è un fenomeno inquietante perché ci mostra qualcosa di inspiegabile, e cioè una connessione immediata tra particelle indipendentemente dalla distanza.  Dean Redin in un esperimento evidenziò che separando due persone in 2 stanze diverse e sollecitando la vista applicando ad uno solo una luce fluorescente, una lampadina, la persona aveva un area cerebrale che si era attivata come reazione alla forte luce, ma la cosa incredibile, la stessa area era stata sollecitata anche nella persona presente nell’altra stanza ,che attendeva senza subire nessuna sollecitazione. Rol sentiva persone in difficoltà che evocavano (non invocavano) il suo nome, aveva fenomeni telepatia, chiaroveggenza e ne racconterò alcuni quando analizzeremo le 49 possibilità. 
2) bis ) Dean Redin nel suo libro : MENTI INTERCONNESSE  dimostra che fenomeni come la telepatia, la chiaroveggenza e la psicocinesi esistono veramente, sulla base di migliaia di esperimenti scientifici eseguiti sotto stretti controlli di laboratorio. Egli esamina le origini della ricerca parapsicologica esplorando vari argomenti, tra cui le premonizioni collettive sul disastro delle Torri Gemelle dell’11 settembre.
Ci rivela la spiegazione fisica che si cela dietro il mistero delle esperienze extrasensoriali e ci dimostra la falsità dei dogmi degli scettici.
Molte persone credono che i “fenomeni psichici” siano talenti rari o doni divini. Altre sono convinte che non esistano affatto. Ma la ricerca scientifica più recente mostra che tali facoltà non solo sono reali, ma anche diffuse. Sono l’inevitabile conseguenza di una delle caratteristiche che contraddistinguono la realtà in cui viviamo: l’interconnessione di tutte le cose.
La fisica quantistica ha scoperto e dimostrato la realtà di questo fenomeno e l’ha chiamato entanglement. Albert Einstein l’ha definito “azione spettrale a distanza” per indicare il modo in cui due oggetti rimangono connessi al di là del tempo e dello spazio, senza comunicare in modo convenzionale, dopo una iniziale interazione. L’entanglement potrebbe riguardare anche le nostre menti, la loro connessione reciproca e la connessione di tutte le cose? Potrebbe spiegare le capacità psichiche? Dean Radin, senior scientist presso l’Istituto di Scienze Noetiche, ci dice di sì.
 
questi sono alcuni esempi del parallelismo con la fisica quantistica, spero vi sia piaciuti.