FRANCO ROL : Diretta Facebook con Franco Rol

Pubblichiamo questa diretta facebook in data 22/04/2024 di Franco Rol, ringraziandolo per il contributo sempre prezioso, esplicativo, chiarificatore, adatto a coloro che se hanno già intrapreso o stanno iniziando un cammino di conoscenza dell’universo Rol, soprattutto perchè vi è indicato il giusto approccio, evitando errori di interpretazioni, a volte fuorvianti di alcune pubblicazioni. Un grazie sentito al gruppo facebook che ha reso possibile questa diretta https://www.facebook.com/groups/dottorrol/. Buona visione!

 

p.s. (trascrizione diretta)

intervento franco rol trascrizione




FRANCO ROL : “CONOSCERE, CAPIRE, STUDIARE : GUSTAVO ROL”

FRANCO ROL : “CONOSCERE, CAPIRE, STUDIARE : GUSTAVO ROL”
L’OPERA ENCICLOPEDICA “L’UOMO DELL’IMPOSSIBILE” (2012-2023)
(come è nata e che cos’è)
Dopo aver raccolto, trascritto e classificato, a partire dall’anno 2000, tutti i prodigi, gli esperimenti, i miracoli di Gustavo Adolfo Rol – reperiti da libri, articoli, relazioni sparse sin dagli anni ’40 – nel novembre 2012 decisi di rendere questo materiale disponibile trasformandolo nel primo volume de “L’Uomo dell’Impossibile”, che constava di 640 pagine. Lo spunto mi era stato dato anche dalla scoperta di esperimenti fatti negli anni ’10 e ’20 del secolo scorso in Belgio, analoghi a quelli di base di Rol e molto utili come termine di paragone per comprendere sia gli uni che gli altri.
Nel giugno 2013 ne pubblicai la versione inglese, “The Unbelievable Gustavo Rol” e a settembre 2013 la versione in spagnolo, “El Extraordinario Gustavo Rol”.
Nel 2014 intanto avevo accumulato nuovo materiale, così pubblicai a giugno la seconda edizione italiana del primo volume, di 720 pagine.
Sempre nel 2014, a settembre, pubblicai la versione francese, “Un être exceptionnel. Gustavo Adolfo Rol”, basata sulla seconda edizione e nello stesso periodo l’aggiornamento di quella inglese, col titolo modificato “The Unbelievable Gustavo Adolfo Rol”.
Nel settembre 2015 pubblicai la terza edizione in italiano, ma avendo raggiunto quasi le 900 pagine decisi di suddividerla in due volumi, mantenendo però il numero di pagina come fosse un volume unico (e così andrebbero considerati).
A gennaio 2016 pubblicai la versione in portoghese brasiliano, “O extraordinário
Gustavo Adolfo Rol”, basata sulla terza edizione italiana.
Nelle versioni in lingua straniera non sono state tradotte le appendici-dossier, tranne quella dell’incidente aereo del conte Giorgio Cini.
I primi due volumi, che all’epoca chiamavo antologia, divennero la prima opera organica ed esauriente su G.A. Rol, potendosi avere finalmente una panoramica completa di quali fossero le sue possibilità, quantificate, qualificate e suddivise per classi (49 nel 2012, che sarebbero poi divenute 50 nel 2020) e con una estesa bibliografia (20 pagine), peraltro già anticipata nel mio primo libro “Il simbolismo di Rol” (2008).
Divennero un utilissimo strumento di lavoro, consultazione, comparazione e studio, anche per me, visto che fu l’occasione per mettere ordine “sulla scrivania”, così come per correggere errori di autori precedenti e fornire spiegazioni aggiuntive.
Negli anni successivi raccolsi altro materiale sia da nuovi articoli o libri poco conosciuti del passato dove Rol veniva menzionato, che dalle crescenti testimonianze che emergevano dalle mie indagini o direttamente sui socials.
Nell’aprile 2022 si rese necessaria la pubblicazione di un terzo volume (516 pagine), che riuniva sempre in maniera ragionata ed organica il materiale raccolto nei sette anni precedenti, con nuovi approfondimenti, analisi, correzioni, aggiornamento bibliografico.
Questi primi 3 volumi contenevano quindi tutta la fenomenologia emersa dal 1949 al 2022, ad eccezione di molti degli esperimenti del libro di Remo Lugli – quello che, prima del mio lavoro, era il testo che ne conteneva di più, testimoniati soprattutto direttamente dall’autore – e che ovviamente non ho riprodotto integralmente, limitandomi a citarne alcuni e a registrare l’esistenza degli altri, che comunque sono segnalati.
Nel frattempo però la “scrivania” era ancora stracolma di altro materiale di tipo diverso che avevo solo messo di lato e che da tempo avevo in mente di radunare anche qui organicamente, sia per me che per gli studiosi e i lettori in generale.
L’idea era quella di riunire in ordine cronologico gli articoli, le relazioni, i capitoli sciolti o i paragrafi in libri sparsi, rari o difficile da reperire, ed altri documenti inediti su Rol, in un unico volume, contestualizzandoli, commentandoli, spiegandoli e dove fosse il caso anche correggendoli, fornendo contestualmente fonti incrociate e riferimenti precisi, come sono solito fare.
È importante tenere presente che al di là dei libri su Rol pubblicati dopo la sua morte (solo quello di Renzo Allegri, da Rol peraltro contestato, fu pubblicato quando era in vita, nel 1986), con attendibilità e precisioni molto variabili, lui ha concesso interviste mirate o è stato oggetto di relazioni anche dettagliate soprattutto tra gli anni ’50 e gli anni ’70, da cronisti o studiosi che spesso mettevano nero su bianco i resoconti dei loro incontri con lui poche ore o giorni dopo, con memoria ancora fresca. E in questo materiale non si trova naturalmente solo l’aneddotica dei prodigi, ma anche tutti i contorni come le descrizioni date dai cronisti, le loro opinioni, la personalità di Rol in quel particolare anno, le conversazioni avvenute, ecc.
In più dal 2021 è stato possibile fare l’inventario della documentazione lasciata da Catterina Ferrari, co-esecutrice testamentaria di Rol, al Comune di Torino, con numerosi scritti e lettere inedite sia di Rol, da quando era giovane, che di persone che a Rol scrivevano, importanti e non. Questo mi ha permesso di colmare i “vuoti” sia cronologici che biografici tra gli articoli, le relazioni, ecc, che già avevo a disposizione, sapendo cosa e in che anni cercare, per arrivare ad integrare tutto insieme, inclusi documenti inediti dal mio archivio cartaceo o trascrizioni dalle registrazioni sia inedite che già divulgate dal mio archivio audio.
Ma la quantità di materiale, corredato poi dalle mie estese spiegazioni, non poteva starci in un solo volume, assolutamente.
E così tra il 2022 e il 2023 ho pubblicato 3 nuovi volumi: il 4º (IV, 402 pagine) riunisce la documentazione degli anni ’40 e ’50; il 5º (V, 438 pagine) quella degli anni ’60 e ’70; il 6º (VI, 448 pagine) ancora gli anni ’70, fino al 1977.
Il lavoro non è ancora terminato e a breve ci saranno delle novità.
Quanto ho pubblicato fino ad ora è semplicemente imprescindibile per compredere Rol. Nessuno che abbia letto questi volumi potrebbe più dire che “nessuno ha spiegato Rol” o che “Rol in vita non ha spiegato nulla” ed altre affermazioni del genere.
Le spiegazioni che fornisco a margine di tutto questo materiale, sono innumerevoli, dettagliate, precise, attendibili.
Qui non è il caso dell’oste che dice che il suo vino è buono. È un dato oggettivo, e se lo sottolineo è perché continuo a vedere una incredibile superficialità di commentatori, autori, giornalisti, testimoni che parlano di Rol a sproposito o dicono sempre le stesse cose in loop, che lo considerano un “enigma” solo perché non si sono bene informati e perché lo hanno capito poco, o che lo definiscono in maniere fuorvianti che lui stesso ha rigettato tutta la vita.
Siccome non avevo ancora fatto un post “d’insieme” su questa opera che è divenuta enciclopedica nel corso degli anni (che non è stata pianificata all’inizio, e che è in tutti i sensi “emergente”) ho pensato che per maggiore chiarezza fosse opportuno farlo.
Segnalo qui, per ogni volume, un link a un post relativo, sulle mie pagine.
Oltre agli attuali 6 volumi de “L’Uomo dell’Impossibile” e loro parziali traduzioni, ho pubblicato anche i 3 volumi seguenti:
“Il simbolismo di Rol” (2008): bit.ly/48xzOnD
“Fellini & Rol. Una realtà magica” (2022): bit.ly/3Sj5V4J
“Resuscitazioni. Da Lazzaro a Rol” (2023): bit.ly/3HiTxv1
***
– Post scriptum –
Per chi avesse già la 1a o 2a edizione del primo volume (2012/2014), nel 2015 in concomitanza con i due volumi della 3a edizione ampliata avevo realizzato anche un altro volume speciale a parte, intitolato: “L’Uomo dell’Impossibile. Integrazioni alla 1a e 2a edizione”, che dispensava dall’acquisto del secondo volume e che ne era una sostituzione.
Infatti, chi avesse il primo volume nelle prime due edizioni e comprasse poi il secondo volume, troverebbe sia delle sovrapposizioni, sia delle parti mancanti, dal momento che il secondo volume è un proseguimento diretto del primo, e che molti dei capitoli erano stati ampliati.
Per questo era stato pensato un volume integrativo che dispensava dall’acquisto ex novo della terza edizione dei primi due volumi.
Tale testo è reperibile a questo link:
https://www.lulu.com/…/paperback/product-1mqqkg2p.html
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Post scriptum 2:
Il 22 marzo 2024 sono stati pubblicati 4 nuovi volumi che ruotano intorno all’anno critico 1978, prima in versione ebook pdf gratuita, quindi in cartaceo. Si vedano i due post seguenti direttamente sulla pagina dedicata a G.A. Rol che amministro:
05/04/2024: bit.ly/4aEk4zE
Fonte : https://www.facebook.com/FrancoRolAutore



SCETTICISMO 4° PARTE : LA CARTE DA GIOCO 2/2

LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

Rol usava anche le carte da gioco, quindi non poteva che essere un prestigiatore 2/2

1) rappresentano da un lato la classe fenomenologica preminente, sulla base del numero di testimonianze, ovvero dei casi riferiti, e non potrebbe essere altrimenti: essendo il primo gradino introduttivo alla sua fenomenologia, vi passavano praticamente quasi tutti i testimoni (tranne negli incontri casuali con Rol in altre circostanze); dall’altro lato, rappresentano comunque una parte minoritaria della fenomenologia, circa il 12%, quando usate da sole, e circa il 17% prendendo in considerazione anche l’uso ausiliario per altre classi di fenomeni, dove la scelta aleatoria di carte serve per determinare numeri corrispondenti ad esempio alle pagine di una enciclopedia, dove si desidera trovare la risposta a un dato quesito. Queste percentuali si basano al momento sulla classificazione complessiva delle testimonianze conosciute dal 1949 al 2015;

2) i mazzi erano molto spesso nuovi e portati dai presenti;

3) nella maggior parte dei casi Rol non li toccava nemmeno, li faceva manipolare e mischiare da altri, anche lontano da lui, molto spesso dall’inizio alla fine dell’esperimento (chi scrive lo può testimoniare direttamente). Di fatto questi esperimenti avevano una natura partecipativa, dove Rol si limitava a dare indicazioni, come un direttore d’orchestra che non suona alcuno strumento e si limita a coordinare i musicisti o come un istruttore che dà indicazioni su come avviare un macchinario. Nei casi ampiamente minoritari in cui toccava le carte tale azione era chiaramente ininfluente per lo svolgersi dell’esperimento;

4) Rol poteva trasferire ad altri il “potere” di fare qualsiasi esperimento, anche quelli con le carte, di fronte agli attoniti sguardi degli altri partecipanti all’incontro;

5) Rol poteva fare questi esperimenti anche per telefono, nello stesso modo in cui avvenivano in sua presenza, e questa è la logica conseguenza del fatto che poteva trasferire ad altri questo suo “potere”: le distanze sono ininfluenti;

6) gli esperimenti avvenivano normalmente in piena luce, intorno a un tavolo da pranzo a casa di amici oppure a casa di Rol, oppure in qualsiasi altro ambiente improvvisato, con una media di 5-7 persone (ma anche solo in due, Rol e il testimone), assistendo e partecipando a distanza ravvicinata e con una possibilità di controllo estremamente elevata, in particolare nei casi di molteplicità di esperimenti uno di seguito all’altro, talvolta per ore (cfr. punto seguente);

7) in una serata in cui Rol si sentiva in piena forma, potevano essere condotti esperimenti anche solo con le carte (se nel gruppo c’erano novizi, non ancora pronti per esperienze di grado superiore) per due o tre ore di fila, conducendo fino a 20 o 30 esperimenti, generalmente varianti sullo stesso tema, dove la struttura emergeva identica proprio grazie alla ripetizione consecutiva;

8) i presenti avevano modo di verificare l’autenticità di quanto avveniva sia per il ravvicinato contatto visuale delle dinamiche in corso, sia per la loro ripetitività, sia per le ottime condizioni di luce, sia per il loro ruolo partecipativo e la distanza di Rol dalle trasformazioni che parevano spesso avvenire da sole, quasi che le carte fossero esseri vivi, sia per l’ambiente scherzoso e rilassato, lontano da rituali, trance, ecc. (precisazione: scherzoso non significa leggero, ma solo spontaneo e naturale, tra amici: Rol inframezzava anche discorsi serissimi di natura filosofica, scientifica e spirituale), sia infine per la naturale sfida che talvolta avveniva, per la confidenza che ormai gli amici avevano, a cercare di cambiare qualche elemento dell’esperimento, per confermare a se stessi, ancora una volta, che non poteva esserci stata prima alcun tipo di predisposizione se non addirittura di influenza ipnotica;

9) oltre a sollecitare la partecipazione diretta dei presenti, Rol cercava di spiegare anche il meccanismo degli esperimenti, in maniera assolutamente pratica ma anche collegandosi alla sua teoria dello “spirito intelligente” (cfr. FAQ n. 8 del sito e Il 13) detto questo, il fatto che gli illusionisti si riempiano la bocca parlando solo di carte da gioco (senza comunque sapere di cosa stanno parlando) è l’indice di una grossolana forzatura e misdirection, visto che la maggior parte della fenomenologia di Rol è costituita da fatti sconcertanti che avvenivano con grande spontaneità, impossibili da preparare in precedenza, nei luoghi più diversi e con le persone più diverse, fatti di chiaroveggenza, di telepatia, di precognizione indiscutibili, e questo senza menzionarne altri decisamente da fantascienza e tuttavia testimoniati da molte persone in epoche diverse e che neanche si conoscevano o sapevano che altri avevano raccontato fatti analoghi (ma raccontando le stesse cose, indice che si tratta di fenomeni oggettivi). La nostra antologia è stata creata proprio con lo scopo principale di mettere a confronto tutti questi racconti, che se presi singolarmente e aleatoriamente si fanno fatica a credere, ma che messi insieme e confrontati con decine di altri dello stesso tipo diventano immediatamente degni della massima attenzione scientifica (come qualsiasi fenomeno che presenti ricorrenza). Quando gli illusionisti, quindi, parlano solo delle carte, essi si limitano, senza saperlo (o, peggio, sapendolo) nel citare una sola delle numerose possibilità di Rol, guardandosi bene dal menzionare anche le altre.

A titolo di esempio, citiamo qui qualche esperimento con le carte, cominciando da uno che ne configura la funzione immediata e pratica, senza bisogno di spiegazioni teoriche preliminari.

Luigi Bazzoli, giornalista della Domenica del Corriere e poi direttore di Corriere Salute:

«Un altro esperimento: Rol chiede di scegliere una carta. Dico: Re di cuori. Rol dice: “dal mazzo sigillato che lei tiene nella tasca interna dove vuole che metta, senza toccarlo il re di cuori?”. Rispondo: “Nel portafoglio del fotografo. Rol aggiunge: “Nella parte destra o sinistra?”. Scelgo la sinistra. Rol dice: “Ecco fatto”. Il fotografo [Gabriele Milani] estrae il portafogli e sulla sinistra, tra due tessere e una banconota trova il re di cuori. Io sciolgo il mazzo che tenevo nella tasca della giacca: manca il re di cuori».

(Bazzoli, L., Rol l’incredibile. L’uomo più misterioso del mondo, Domenica del Corriere, 17/01/1979, p. 150 e sgg)

Cesare Romiti, già presidente e amministratore delegato di FIAT e Alitalia, direttore generale dell’IRI e presidente onorario RCS:

«Un’altra sera a casa mia, mi chiese se avevo dieci mazzi di carte nuovi. Non li avevo, naturalmente, e mandai un autista ad acquistarli alla stazione. Rol ce li fece mescolare, poi disse ad uno di noi di scegliere una carta da uno di quei dieci mazzi. Poco dopo fece girare le prime carte degli altri nove mazzi: erano tutte identiche a quella scelta dal nostro amico».

(Sette, settimanale del Corriere della Sera, 27/04/2000, p. 137)

Giovanni Serafini, giornalista de Il Resto del Carlino, poi direttore di France Soir e corrispondente da Parigi per QN:

«“Ha portato le carte?”. Lui rimase in poltrona, io mi sedetti a un grande tavolo e sparpagliai le carte sul piano. Per qualche minuto si concentrò, quindi disse: “Adesso volti l’asso di picche”. Replicai che non avevo la minima idea di dove fosse, e lui: “Lei lo sa benissimo. Provi, lasci che la mano la conduca dove vuole”. Scelsi una carta a caso: era l’asso di picche. Mi ordinò in seguito di trovare altre carte, il 6 di fiori, la donna di cuori, il re di quadri; e la mia (?) mano non sbagliò mai. Provai perfino a “barare”, scoprendo la stessa carta che avevo appena appoggiato: un istante prima era il re di cuori, adesso era diventato il 2 di quadri…».

(Serafini, G., Addio, «mago» Rol, vedevi nel futuro viaggiavi nel passato, Il Resto del Carlino, 24/09/1994, p. 6)

«Sono con me Dino Biondi, sua moglie, e alcuni amici torinesi di Rol, i signori Gazzera, che abitano due piani sotto di lui. Eccoci tutti seduti attorno a un grande tavolo, coperto da un panno bianco. La luce è accesa, Rol è seduto a capotavola e ci indica alcuni mazzi di carte. “Mescolateli attentamente. E controllateli”. La “seduta” incomincia. Cinque mazzi mescolati e “tagliati” vengono deposti davanti a Rol. Da un sesto mazzo la signora Biondi estrae una carta a caso. È il cinque di quadri. Ora Rol si concentra: appoggia la punta delle dita sui cinque mazzi; dopo qualche minuto ci invita a sollevare e guardare la prima carta di ogni mazzo. È sempre, inesplicabilmente, il cinque di quadri. Rimango sbigottito: la logica dice che le carte non possono sistemarsi da sole in un certo ordine; ma d’altra parte Rol le ha appena sfiorate. Che le abbia predisposte senza che ce ne siamo accorti? Ma in questo caso, come poteva immaginare che la signora Biondi avrebbe estratto proprio il cinque di quadri? Oppure in quale maniera è riuscito a imporle di scegliere quella carta? Non riesco a pensarci troppo, perché Rol sta già preparando l’esperimento successivo. Mi un mazzo e mi dice di mescolarlo e di sparpagliarne quindi le carte sul tavolo, in un ordine qualsiasi. Contemporaneamente alla signora Gazzera un secondo mazzo e le dice di scegliersi una carta. La signora esegue: è l’asso di cuori. Quindi viene invitata a pensare un numero: quattordici, dice. Ora Rol si rivolge a me: “In quale ordine vuole contare?”. Da sinistra a destra. “Benissimo – aggiunge sorridendo conti quattordici carte di quelle che ha davanti a lei, da sinistra a destra”. Non può essere l’asso di cuori, penso. Invece, arrivato alla quattordicesima carta, devo constatare che è così. L’esperimento mi appare tanto più sconcertante in quanto Rol non ha toccato nessuna carta.

Ripete il gioco decine di volte, complicando sempre di più: e l’asso di cuori continua sempre a uscire, qualunque sia il numero pensato, a turno, da ognuno di noi. A un certo punto Rol mi fa scoprire ben quattro carte: sono, oltre all’asso di cuori, quello di picche, di fiori, di quadri.

Mi sento un po’ a disagio, ma affascinato. A poco a poco non dubito più, mi costruisco invece la convinzione che tutto sia naturale, logico: non può non essere l’asso di cuori, penso, mentre scopro per l’ennesima volta le carte. Così, quando Rol mi dice di sistemare un mazzo sotto un vassoio, eseguo meccanicamente. Dino Biondi viene invitato a estrarre una carta da un altro mazzo. È il due di picche. “Faccia scivolare leggermente il vassoio, in modo da sparpagliare le carte”, mi dice Rol. E aggiunge: “Vogliamo trovare questo due di picche?”. Lo guardo stupito, ma so già che finirò certamente per trovarlo. Infatti, appena sollevo il vassoio, mi accorgo che fra tutte le carte coperte spunta l’orlo di una carta capovolta. La libero dalle altre che le stanno sopra: non poteva esserci dubbio, è proprio il due di picche. Altre volte mi trovo a indicare con sicurezza il valore delle carte coperte, come se le vedessi. E, come sempre, Rol è distante, e le carte fuori della sua portata.

Ora la seduta si fa ancora più appassionante: chiede di preparargli, ben mescolato, un mazzo qualsiasi. Glielo metto davanti. Si concentra, ed impone la mano sulle carte. Ad un certo punto vediamo tutti indistintamente il mazzo levitare di qualche millimetro, con il caratteritico fruscio delle carte che vengono mescolate. Un leggero colpo con due dita, e il mazzo si apre per tutta la lunghezza del tavolo come un lungo nastro: le carte sono alternamente coperte e scoperte, come una vivace fisarmonica. Guardiamo Rol ad occhi spalancati e lui, allegro, continua a conversare, sorridendo, e mangia pasticcini».

(Serafini, G., Il prodigio come un gioco, Il Resto del Carlino, 13/04/1972, p. 3)

Leo Talamonti (1914-1998), ex colonnello dell’Aeronautica Militare e poi giornalista e scrittore:

«Alcune ore dopo, nella bella casa di due gentili signorine le cugine del dottor Rol [Raffaella e Elda Rol, rispettivamente figlia e moglie di Franco Rol (madre, nonna e nonno dello scrivente)] questi acconsentì gentilmente a mostrarci parecchie altre “cosette da niente”; e la dimostrazione durò alcune ore. Protagonisti di quelle avventure magiche erano dei nuovissimi mazzi di carte francesi che a volte obbedivano ai suoi cenni lontani e distaccati, altre volte si comportavano come se avessero discernimento, volontà, gusti estetici propri. Per lo più il nostro ospite preferiva che a manipolare i mazzi fosse qualcuno di noi: di solito il regista Fellini, a volte il dottor M. [Bruno Mancuso medico e primario di una clinica di Trento], o qualcun altro dei presenti (eravamo in undici).

Uno degli esperimenti più belli ebbe luogo quando Rol che sedeva a qualche metro di distanza da me, all’estremità opposta del grande tavolo –mi invitò ad allargare a ventaglio uno di quei mazzi: e potemmo vedere chiaramente che le carte erano tutte disposte a dorso in su. Dopo di che fui pregato di ricomporre il mazzo e poi di allargarlo ancora come prima: e in tutto saranno trascorsi appena tre secondi. Questa volta, le 52 carte francesi non erano più tutte col dorso in su; risultavano invece disposte –regolarmente una col dorso in su, e l’altra in maniera opposta: una sistemazione che avrebbe richiesto parecchi minuti, ad eseguirla manualmente. Queste cose il dottor Rol le chiama modestamente “esperimenti”».

(Talamonti, L., Universo proibito, SugarCo, 1966, p. 353)

Il sig. Roberto Sacco, direttore di divisione di una azienda torinese:

«Sorprendentemente lasciava che facessi tutto io: lui non maneggiava mai le carte, anzi se ne stava a debita distanza, e per giunta si trattava sempre di mazzi intonsi che toccava ad altri aprire. Uno dei giochi più clamorosi è avvenuto allorchè, avendo in mano tutte le carte, Rol mi ha chiesto di annunciare ad alta voce quella che avrei scelto. Ciò detto, mi ha invitato a sbattere il mazzo nella sua interezza contro il tavolo, in modo da assestargli un colpo deciso ma non violento. Ebbene, si è girata esclusivamente la carta che avevo individuato. La cosa più sorprendente è che ho ripetuto almeno una ventina di volte quel movimento cambiando ogni volta obiettivo, e in altrettante occasioni è sempre e soltanto venuta fuori proprio la carta che volevo».

E ancora:

«Davanti a numerose persone, ammantando il tutto con un po’ di teatralità, chiedeva: “In che ordine desiderate che si sistemino?”. Qualunque fosse la risposta, per colore, per seme, una girata in un senso e quella seguente nell’altro, in ordine crescente o decrescente, l’esperimento riusciva alla perfezione. E lui, lo ripeto per lennesima volta perchè era la cosa più strabiliante e inspiegabile, pur non toccando mai le carte le comandava a bacchetta, ne disponeva a suo piacimento».

(Ternavasio, M., Gustavo Rol. Esperimenti e testimonianze, L’Età dell’Acquario, 2003, pp. 59 e 60)

Questi episodi sono solo una breve selezione illustrativa. Si rimanda al cap. V de L’Uomo dell’Impossibile, che raccoglie questa specifica fenomenologia (54 pagine) al momento fino al 2015 (3a edizione).

5) Gli illusionisti sono in grado di rifare tutti gli esperimenti di Rol

FALSO. Molti illusionisti hanno affermato di poter replicare tutti i fenomeni attribuiti a Rol. Ma si tratta di puro e semplice illusionismo verbale e mediatico, un modo per sentirsi all’altezza di Rol e attirare l’attenzione su di sé, perché è impossibile replicare col trucco la maggior parte di questi fenomeni. In generale, ciò che i prestigiatori sono in grado di replicare sono gli effetti superficiali di alcuni dei fenomeni attribuiti a Rol, mentre ciò che non sono assolutamente in grado di replicare sono esperimenti e prodigi nelle stesse condizioni in cui Rol si trovava, e che gli scettici diligentemente omettono di mezionare per poter distorcere la narrativa a loro vantaggio.

In certi casi nemmeno un effetto può essere replicato, e ci sarà occasione di fare in altra sede una lista completa di quali episodi o fenomeni è impossibile la replica (centinaia), pensiamo in primo luogo ai casi di chiaroveggenza, di telepatia, di guarigioni, di trasferimento di coscienza, di interventi a distanza, di precognizione, (il “caso Cini” – ovvero quando Rol nel 1949 ne previde l’incidente aereo che poi effettivamente occorse il giorno seguente – può costituire un esempio emblematico) e di altri.

Qualche esempio possiamo intanto darlo qui:

Graziella De Coster, fisica:

[Al ristorante Firenze, con il marito Gianni e con Rol]

«Più o meno a metà della cena fa’ il suo ingresso nel locale un’amica, che prima di raggiungere il suo si ferma per qualche minuto al nostro tavolo. Appena se ne allontana, Gianni, per scherzare, dice: È una bella donna, però ha la faccia un po’ equina”. Gustavo fa cenno di essere d’accordo, poi si mette a scrivere in aria con la sua matita, quindi chiede a mio marito di controllare il tovagliolo che aveva in grembo: al suo interno era riportata la frase “Ha la faccia un po’ equina”. Quale migliore dimostrazione che non ci potesse essere nulla di precostituito?».

(Ternavasio, M., cit., p. 82)

Luigi Bazzoli:

«Lo sprovveduto spettatore è assalito da una folla di interrogativi: perché fa questo? Come riesce a farlo? Che cosa vuol dimostrare? Non ci saranno trucchi? Stavamo parlando appunto di questo con Rol, avviandoci al ristorante. La discussione era nel vivo quando ci sedemmo a tavola. Io dissi: “Certo di ci lasciano dei dubbi”. Rol rispose: “Lei ha detto giustamente”. Io aprii il tovagliolo preparandomi a mangiare. Scritta a matita vi trovai la frase: “Certo di là ci lasciano dei dubbi”. Rol rise gioiosamente». (Bazzoli, L., Rol l’incredibile, cit.)

Remo Lugli, giornalista de La Stampa e scrittore:

«Una sera di Carnevale del 1978, in casa Lugli, presenti Remo, Else, Bettina, Alfredo e Severina Gaito.

Durante la pausa consueta tra la prima e la seconda parte degli esperimenti – il momento dei pasticcini – Bettina si presenta in sala, dove siamo riuniti, con un grande piatto colmo di frappe, quelle che i toscani chiamano cenci, cioè strisce dentellate di pasta avvolte a nastro, fritte e spolverate di zucchero a velo. Gustavo la guarda un attimo: “Belle!” esclama e subito la blocca: “Fermati lì”.

Per dare un’idea precisa di questo esperimento devo indicare due dimensioni: la sala è di dieci metri per cinque, mia suocera sè fermata sul vano d’accesso che è a metà della lunghezza e Rol è seduto a capotavola,

con le spalle vicine a uno dei lati corti. Si rivolge a Severina e le dice di andare all’altro capo dell’ambiente, vicino al camino, in piedi, girata verso il centro. Quindi lui l’ha di fronte, ma alla estremità opposta; e sulla sua destra a metà sala, ha Bettina che regge il piatto. Ora ordina a Severina di alzare un braccio tenendo la mano spalancata, poi di chiuderla e infine di girarsi verso il caminetto sulla cui mensola c’è un vaso: “Adesso apra la mano sul vaso”. La signora Gaito esegue e dalla sua mano cade una frappa. Questo in piena luce, senza pause, in tempo reale, con Rol sempre seduto al suo posto. E alla fine non solo la mano di Severina è macchiata dal bianco dello zucchero, ma anche quella di Gustavo. Anche qui, come in tanti altri esperimenti di Rol, si attaglia perfettamente la teoria del “doppio”, cioè il corpo eterico o astrale, un’energia che si separa dall’organismo ed è in grado di condurre vita propria essendo portatore di coscienza, di memoria e di volontà».

(Lugli, R., Gustavo Rol. Una vita di prodigi, Mediterranee, 3°. ed. 2008, pp. 66-67)

È importante non dimenticare mai che l’illusionismo è nato nell’antichità ancora in epoca sciamanica, presso quegli individui che, esclusi o espulsi dal processo di iniziazione al “mondo degli spiriti” e/o alla guida spirituale della propria comunità, per tentare di accreditarsi comunque pur non avendone le qualifiche, hanno iniziato a simulare i poteri degli stregoni, dei medicine men, degli oracoli, dei maestri spirituali, per farsi passare come detentori di un potere spirituale o magico, e quindi prendersi la rivincita, con una scorciatoia illecita, per essere stati esclusi dal gruppo di coloro che erano invece spiritualmente (o anche solo psichicamente) qualificati (assenza di interessi personali, responsabilità di fronte e per conto della comunità, equilibrio, saggezza, ecc.).

Tali simulatori non cercavano il bene della comunità ma solo l’esposizione vanitosa di se stessi e l’acquisizione di prestigio (giochi per il prestigio sarebbe il caso di dire per i simulatori moderni). Di fatto, si era pienamente nella categoria dei ciarlatani e (oggi) in alcuni casi di sofisticati affabulatori e disinformatori di professione che sono gli eredi diretti di quei lontani mistificatori (come proiezione psicologica pensano inoltre che tutti debbano essere come loro, quindi qualcuno che manifesti possibilità paranormali non può non essere un illusionista. Come potrebbe del resto riuscire a fare ciò che loro hanno sempre desiderato fare, ma non ci sono mai riusciti?).

L’illusionismo come spettacolo è nato molto dopo, e certamente tra coloro che hanno scelto l’entertainment e limitandosi a quello tenendosi lontano da speculazioni e insinuazioni gratuite ci sono anche bravi professionisti e persone per bene.

7) Rol si “esibiva” solo a casa sua, cosí poteva controllare l’ambiente e predisporre i suoi trucchi

FALSO. Al contrario si potrebbe dire che faceva i suoi esperimenti soprattutto a casa di terzi – spesso di suoi amici, ma anche di conoscenti a casa dei quali veniva invitato per la prima volta – e in ambienti pubblici, come ristoranti, negozi, per la strada, ovvero in qualunque posto. Ciò sarebbe facilmente dimostrabile da una suddivisione della fenomenologia in base all’ambiente di ciascun episodio, cosa che sarà nostra premura fare.

Molta parte della fenomenologia inoltre non è classificabile come “esperimento”, bensí come “prodigio estemporaneo” che poteva verificarsi improvvisamente in qualsiasi luogo e che neanche lontanamente potrebbe essere interpretato come possibile “trucco”. Un esempio tra molti: lo scampato incidente automobilistico ai coniugi Giordano, dove la macchina su cui viaggiavano insieme a Rol è passata attraverso un’altra macchina senza scontrarsi, e contemporaneamente dei raggi di luce sono sprigionati dalle mani di Rol (si veda la testimonianza qui: https://www.facebook.com/Gustavo.A.Rol/videos/1356776561057570/)

La preferenza nel fare gli incontri in casa d’altri, piuttosto che a casa sua, era spesso un modo per distogliere, per quanto possibile, l’attenzione su di lui e il suo contesto, visto che il suo appartamento di Torino, con vista sul Parco del Valentino, era arredato elegantemente con pregiati pezzi di antiquariato e cimeli napoleonici, quasi una casa museo dall’atmosfera molto suggestiva. Per evitare quindi anche un certo senso di soggezione che il personaggio e il suo contesto potevano suscitare in alcuni, Rol sceglieva gli appartamenti più “normali” dei suoi amici, dove poteva sentirsi perfettamente a suo agio e mettere a proprio agio anche gli ospiti, che avevano quindi la sensazione che Rol fosse un invitato quanto loro, un loro “pari”, il che contribuiva ad una atmosfera rilassata e cordiale, una condizione molto importante per la riuscita degli esperimenti. Faceva anche comodo a Rol che cosí non doveva preoccuparsi di ricevere sempre gente in casa.

Negli anni ’60 ad esempio a Rol piaceva andare a casa dei coniugi Lorenzo e Giuliana Rappelli, di Franca Pinto o dei cugini Franco ed Elda Rol, negli anni ’70 a casa dei coniugi Giorgio e Domenica Visca, a casa di Remo Lugli o di Aldo Provera, e così via. In alcuni casi le preferenze potevano proseguire nel decennio successivo, in altri no, a seconda dei criteri di valutazione di Rol – su cui ci sarebbe da fare un lungo excursus che esulerebbe da quanto stiamo analizzando qui – e delle circostanze.

 




SCETTICISMO 4° PARTE : LA CARTE DA GIOCO 1/2

LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

Rol usava anche le carte da gioco, quindi non poteva che essere un prestigiatore

FALSO. Tale affermazione, a seconda dei casi, può essere una menzogna oppure espressione di ignoranza. Nel primo caso quando, pur conoscendo la tipologia di questi esperimenti, lo scettico di turno per partito preso li qualifica come giochi di prestigio, soluzione comoda e funzionale alla sua narrativa/ideologia. Nel secondo, si tratta di banale pregiudizio e di carenza di informazione (lo scettico non ha mai neanche letto come si svolgevano questi esperimenti né conosce le condizioni ambientali e men che meno le spiegazioni di Rol), tale per cui diventa ovvio, consequenziale, che usandosi carte da gioco, non potrebbe trattarsi che di giochi di prestigio. Lo scettico ovviamente ignora sia in quali circostanze furono inventate le carte da gioco sia l’origine dei loro simboli (e di certo non furono gli illusionisti ad inventarle) cosí come ignora che già furono usate come mezzo statistico e, questo lo dovrebbe sapere – lo sanno anche i bambini – come puro intrattenimento (tanto che chiunque ha un mazzo in casa e ogni tanto le usa, e questo non fa di lui un illusionista) o come gioco piú complesso (per esempio il bridge). E con le carte si possono fare anche i famosi castelli, un uso “ingegneristico” che evidentemente nulla ha a che vedere con l’illusionismo.

Ciò premesso – ovvero per sottolineare che è arbitrario dare alle carte un uso a priori definito sulla base dei propri pregiudizi e delle proprie fantasie – dobbiamo dire che esse per Rol sono importanti:

1) innanzitutto perché è da lì che è iniziato il suo originale e imprevedibile percorso. Nel 1927, dopo tentativi ossessivi durati due anni e portati avanti al seguito di una specie di scommessa personale iniziata per caso (si veda il racconto dei mazzi visti in una vetrina di un tabaccaio a Marsiglia, e analisi collegate, in Il simbolismo di Rol, 3a ed. 2012, p. 372 e sgg.) riuscì ad indovinare tutte e 52 le carte di un mazzo. Quel giorno, era il 28 luglio 1927 e si trovava a Parigi, scrisse sulla sua agenda di lavoro:

«Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla!»

2) l’uso che egli ne fece successivamente è legato principalmente alla loro funzione di strumento matematico, ovvero di generatore di un ordine a partire da condizioni aleatorie. Tale ordine veniva a costituirsi casualmente eppure teleologicamente con la partecipazione di tutti i presenti, Rol facendo quasi la parte di motore immobile, come un direttore d’orchestra che si limita a coordinare i vari strumenti.

A titolo di esempio schematico, possiamo dire che un esperimento “facile”, per iniziare la serata poteva essere fatto con due mazzi: veniva invitato l’ospite A a prendere il suo mazzo, mai toccato da Rol, e a mescolarlo, quindi a porlo davanti a sé e tagliare in un punto qualunque, mostrando la carta del taglio, poniamo l’asso di cuori. Rol invitava poi l’ospite B a prendere il suo mazzo, a mescolarlo e a porlo davanti a sé, quindi per usare magari un metodo diverso e sempre totalmente aleatorio chiedeva all’ospite C un numero da 1 a 52; questi per esempio diceva 22, e allora Rol diceva all’ospite B: “tolga 21 carte dalla cima del suo mazzo, poi giri la ventiduesima: dovrebbe essere l’asso di cuori”. L’ospite B toglieva una ad una con circospezione le carte, arrivava alla ventiduesima, la girava ed era l’asso di cuori. Gli esperimenti poi proseguivano più o meno sullo stesso schema, aumentando di volta in volta la complessità e la aleatorietà, chiedendo per esempio all’ospite D la prima parola che gli veniva in mente, di contare poi le lettere di quella parola e di sommarle alle lettere di un’altra parola detta dall’ospite E poco prima, quindi di andare a prendere un libro qualsiasi da uno scaffale e di cercare il capitolo il cui numero era stato determinato dalla precedente addizione, e in questa pagina, la prima parola o la prima riga o un’altra riga era la stessa che Rol prima dell’esperimento aveva scritto su un foglio davanti a sé e mostrato ai presenti. E così via, in ordine crescente.

Resta da dire, come quadro generale, che questi esperimenti per Rol erano «da prima elementare», le aste, come le chiamava (i segni che i bambini imparano all’inizio dell’alfabetizzazione, per formare poi le lettere), l’ABC o il primo gradino della sua fenomenologia, con cui spesso iniziava gli esperimenti anche con amici che li avevano visti piú volte, che faceva con i piú giovani (come era lo scrivente quando li vide) o con i nuovi arrivati, che con essi venivano introdotti appunto alla sua fenomenologia, in una maniera meno traumatica possibile e con una (apparente) atmosfera giocosa. Come scrive il regista Federico Fellini:

«Ciò che fa Rol è talmente meraviglioso che diventa normale; insomma, c’è un limite allo stupore. Infatti le cose che fa, lui le chiama ‘giochi’, nel momento in cui le vedi per tua fortuna non ti stupiscono, nel ricordo assumono una dimensione sconvolgente».

(Kezich, T., Giulietta degli spiriti, di Federico Fellini, Cappelli editore, 1965, p. 38)

Rol non li chiamava comunque “giochi”, ma esperimenti, anche se poteva fare eccezioni con uno come Fellini, per favorire una «atmosfera di familiarità, di scherzo tra amici» dove cercava di «sminuire…buttarla in ridere». Fellini ricorda

«…la sua costante e previdente preoccupazione di sdrammatizzare le attese, i timori, lo sgomento che si può provare davanti ai suoi traumatizzanti prodigi», «ma nonostante tutta questa atmosfera di familiarità, di scherzo tra amici, nonostante questo suo sminuire, ignorare, buttarla in ridere per far dimenticare e dimenticare lui per primo tutto ciò che sta accadendo, i suoi occhi, gli occhi di Rol non si possono guardare a lungo. Son occhi fermi e luminosi, gli occhi di una creatura che viene da un altro pianeta, gli occhi di un personaggio di un bel film di fantascienza.» (Fellini, F., Fare un Film, Einaudi, 1983, p. 89)

Data questa breve introduzione generale, andiamo ora ad elementi piú particolari.  (NEL PROSSIMO POST)

 




SCETTICISMO 3° PARTE : CONTROLLO SCIENTIFICO

LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

3) Rol non ha mai accettato di sottoporsi ad alcun controllo scientifico

FALSO. Durante la sua vita Rol cercò sempre un collaboratore scientifico con sufficiente apertura mentale e maturità spirituale in grado di assimilare il procedimento psicofisico necessario alla comprensione della meccanica dei suoi prodigi, conditio sine qua non per successivamente comprendere e quindi ricreare le premesse per una loro possibile replica da parte di altri. Sfortunatamente, pur avendo mostrato i suoi esperimenti anche a numerosi scienziati (inclusi a quanto sembra Albert Einstein ed Enrico Fermi) non trovò nessuno con le caratteristiche da lui auspicate o semplicemente con il tempo o il coraggio o l’umiltà necessaria a sottostare alle sue premesse che non potevano scostarsi più di tanto dalle regole dell’iniziazione. Per questo in una lettera pubblicata sul quotidiano La Stampa di Torino nel 1978 e indirizzata al giurista Arturo Carlo Jemolo (che lo aveva invitato dalle stesse colonne del quotidiano a sottoporsi a controlli scientifici [cfr. Jemolo, A.C., Convinciamo gli scettici, 13/08/1978, p. 1]) dichiarava:

«Meglio rimanere ignorato da una Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi, piuttosto che venire meno a quei principi ai quali mi sono sempre ispirato e con i risultati che tutti conoscono.» (Rol, G.A., La Scienza non può ancora analizzare lo Spirito, La Stampa, 03/09/1978, p. 3)

Oltre alla maturità di chi avrebbe dovuto collaborare con lui e poi creare un protocollo sperimentale applicabile alla ripetibilità di una parte della fenomenologia (in particolare gli esperimenti con le carte da gioco, usate come strumento matematico) la difficoltà di Rol era dovuta anche alle caratteristiche stesse del processo attraverso il quale tali esperimenti avrebbero dovuto sfociare in un esito positivo, ovvero uno stato di ispirazione simile a quello dei compositori che non mondo è in mezzo a noi, 24/05/1986, p. 1, inserto Tuttolibri)

Nello stesso periodo, sempre su La Stampa, veniva pubblicata una lettera di Rol indirizzata al fisico Tullio Regge, invitato a suo tempo anche lui a casa sua per assistere agli esperimenti (dopo un primo incontro a casa della famiglia Olivetti, della omonima azienda industriale), e anche lui rimasto scettico per partito preso (Regge tre anni più tardi sarà proprio con Angela tra i fondatori del C.I.C.A.P.): «Se un giorno non Le avessi mostrato alcuni miei modestissimi esperimenti, non mi sarei permesso di scriverLe questa lettera. Ricordo come cercai di provarle che esistono fenomeni fuori della norma ove la materia stessa è chiamata in causa e non dipendono soltanto da una particolare disposizione della psiche. (…) Quel rapporto della mente col meraviglioso al quale accennavo verrebbe immediatamente turbato col risultato facilmente intuibile: la distruzione in partenza dell’esperimento. (…) Lei ha veduto da me cose che ho definito modestissime eppure affermo che nessun prestigiatore, anche il più capace sarebbe stato in grado di ripeterle. Per chi mi conosce profondamente e sa come mi comporto ed agisco, è comprensibile che questo tipo di controlli è inutile, anzi inopportuno. Non un prestigiatore, ma un Ricercatore è opportuno. Egli è portato a sostituire con l’interesse e la collaborazione ogni eventuale sua diffidenza. Non è difficile comprendere ed ammettere che nello sviluppo di una collaborazione, ogni forma di controllo, anche la più minuziosa, viene ad essere spontaneamente esercitata. La presenza poi di un Ricercatore rotto parte elementi di giudizio tali da poter criticare o avallare gli esperimenti del dottor Rol». (Scienziati e sensitivi, perché così nemici?, 11/07/1986, p. 3)

Otto anni più tardi, quando ormai Rol era passato ad altra vita e non poteva piú replicare, e in quel tipico effetto psicologico che a distanza di tempo un certo pregiudizio, nutrito dall’autosuggestione, si rafforza, Regge affermerà: «Personalmente io ho visto solamente esperimenti fatti con carte da gioco e non ho rilevato di certo facoltà paranormali; in molti casi usò in modo ovvio le “forzature” dei prestigiatori». (Regge T., Personalità magnetica e inimitabile, La Stampa, 23/09/1994, p. 19). Curioso che questa “ovvietà” sia sfuggita a persone che certamente erano più esperte di Regge in questo campo, vale a dire i prestigiatori che hanno avuto occasione di vedere gli esperimenti, come abbiamo già visto. Rol dal canto suo raccontò come andò il secondo incontro, presenti il prof. Giovanni Sesia con la moglie: «Tullio Regge è venuto da me, accompagnato da un professore famoso di medicina, con la moglie e con un’altra persona, e hanno portato le carte, e mi hanno fatto stare con le mani dietro allo schienale, e lui le ha mescolate sotto il tavolo. E poi io gli ho detto: “Pensi una carta. La pensi soltanto”. Lui dice: “L’ho pensata.

“Allora metta quel mazzo che ha mescolato sul tavolo”. “Posso cambiare la carta?”.

“La cambi pure. Allora ha pensato un’altra carta. “Posso di nuovo mescolare?

“Mescoli!”.

Io avevo sempre le mani dietro lo schienale.

Bene, allora ha messo sul tavolo il mazzo che lui aveva mescolato. “Lo tagli”.

Lo taglia e salta fuori l’asso di fiori. Dico: “Aveva pensato l’asso di fiori?” “Sì, una combinazione… Lo rifaccia!”

“Non sono Dio! È venuto, ma non sono Dio da poterlo rifare, questo!”. E lui mi ha detto:

“Ma io non posso ammetterlo, perché bisognerebbe che ci venga un prestidigitatore a dirmi che noi non siamo tutti suggestionati, o che Lei ha fatto qualche cosa che noi non ce ne siamo accorti. Scientificamente, io non posso in laboratorio ammettere una cosa simile”»

(trascrizione letterale della traccia audio n. 8 dal CD allegato a: Dembech, G., Gustavo Adolfo Rol. Il grande precursore, 2005)

Questo racconto è stato confermato dai presenti e Regge non lo ha mai smentito nei vent’anni successivi (inizialmente pubblicato nel 1993 in: Dembech, G., Torino città magica vol. 2. Regge è morto nel 2014.) Non bastasse questo, dopo gli incontri con Regge Rol accettò di buon grado di ricevere due suoi assistenti, come ha riferito il prof. Luigi Giordano, medico chirurgo amico di Rol (e scettico prima di conoscerlo), testimone degli incontri: «Per parecchie sere il prof. Regge aveva mandato dei suoi assistenti [ad] assistere alle sue sedute, e questi assistenti non facevano commenti. Sono venuti – ricordo – tre sere. C’era un assistente uomo e un assistente donna. Dopo la terza sera hanno detto che non sarebbero più tornati, perché non trovando una spiegazione logica a quanto capitava, non potevano permettersi di sovvertire tutte le leggi della fisica. E questo era anche quello che aveva detto Regge, che lui queste cose non le capiva, e non capendole non si permetteva di discuterle».

Questi incontri avvennero probabilmente nei mesi successivi alla lettera che Rol scrisse a Regge, il quale non ne ha mai fatta menzione, per ragioni facilmente immaginabili. La dichiarazione di Giordano, intervistato da Nicolò Bongiorno, può essere visionata qui: https://www.youtube.com/watch?v=mlI0QGDr_v8

Come si è visto, la disponibilità di Rol nella seconda metà degli anni ’80 non è mancata, e questo dopo averla già data in precedenza ad altri, incluso Piero Angela (che era comunque un giornalista, non uno scienziato) a causa del comportamento del quale Rol avrebbe benissimo potuto rifiutare altri incontri con persone manifestatamente scettiche (senza contare l’età: incontrò Angela piú che settantenne negli anni ‘70, e Regge ancora nel decennio successivo, ottuagenario). Quando Rol era in vita dunque, non fu possibile alcuna sperimentazione scientifica non certo per la sua mancanza di disponibilità, ma per i solidi pregiudizi e il disinteresse a stare ad ascoltare le sue esigenze psicologiche e per la distanza incolmabile tra due mondi diversi e lontani, la metodologia scientifica classica (scossa peraltro nel corso del XX secolo dai principi e dalle nuove regole della meccanica quantistica, dalle teorie della complessità e da altre teorie soprattutto biologiche) e quella che si potrebbe definire la metodologia iniziatico-spirituale ortodossa, antica di millenni, congiuntamente ai fattori psicologici e psichici specifici e necessari per la riuscita degli esperimenti.

Stando a Rol tuttavia questi due mondi in futuro si incontreranno. Va detto in merito ai principi iniziatici – imprescindibili per la comprensione di una parte delle motivazioni di Rol – che per la stessa ragione per cui non sarebbe concepibile mettere un jet supersonico nelle mani di un bambino, o usare testi universitari in prima elementare, la sua scienza, che era Scienza Sacra, presupponeva e presuppone un alto grado di responsabilità cosí come maturità sia cognitiva che emozionale, e chi vuole apprendere deve avere la disposizione mentale giusta, comprendere la necessità di ridimensionare l’ego, non avere interessi personali, secondi fini o superficiale curiosità, sviluppare qualità come l’intuizione, l’immaginazione, la spontaneità e via dicendo. Un Maestro come Rol aveva la stessa responsabilità che hanno i genitori nei confronti dei figli, soprattutto quelli piccoli. Quindi: prima di passare alla fase piú profonda della meccanica degli esperimenti di Rol, un aspirante “allievo” avrebbe dovuto fare molta strada sul cammino della elevazione spirituale e della osservazione oggettiva della realtà, scevro da pregiudizi e non condizionato dalla sua forma mentis precedente. Rol sosteneva che chiunque, nelle sue condizioni, sarebbe stato in grado di fare i suoi stessi esperimenti. Il fatto è che occorre raggiungere quelle condizioni. In una conversazione registrata negli anni ’70, parte del ns. archivio audio (22 ore) e pubblicata nel ns. Il simbolismo di Rol (2008), Rol dice al giornalista Remo Lugli: «Guarda Lugli, se tu avessi vent’anni e se io sapessi che ho i mezzi per mantenerti senza che tu abbia da studiare [lavorare], io ti metterei sotto, e nel giro di dieci anni [«anche quindici», dirà poco dopo] ti metterei in grado di fare tutte le cose che faccio… ». Oltre alla preparazione degli “esaminatori” di Rol, che quindi avrebbero dovuto essere persone preparate e con le quali lui avesse instaurato un rapporto di amicizia e confidenza continuativo, un elemento essenziale per la riuscita degli esperimenti era il fatto che Rol dovesse sentirsi a proprio agio e non vincolato a un condizionamento psicologico come il dover effettuare un certo esperimento, o ripetere a più riprese lo stesso schema di esperimento per raggiungere un risultato prestabilito. Il suo stato d’animo era un elemento fondamentale per la dinamica degli esperimenti, e non potrebbe essere altrimenti dal momento che è implicata la coscienza – e più specificatamente quella chiamata da Rol coscienza sublime – e c’è una relazione imprescindibile tra questa e la materia, tra questa e il tempo, tra questa e lo spazio, ecc. La coscienza sublime è un po’ come il famoso negozio di cristalleria dove sarebbe meglio non far entrare gli elefanti. (Per un ulteriore punto di vista significativo, si veda anche il video da me pubblicato sull’incontro del 6 settembre 1972 tra il giornalista Remo Lugli (1920-2014) e il prof. Carlo Castagnoli (1924-2005), importante fisico italiano già ai vertici della Società Italiana di Fisica di cui diverrà presidente negli anni successivi. Castagnoli aveva conosciuto e frequentato G.A. Rol l’anno precedente. Lugli – che aveva incontrato Rol solo il giorno prima e ancora non lo aveva frequentato – voleva conoscere la sua testimonianza e opinione di scienziato: https://www.youtube.com/watch?v=orBtP_Foark )




SCETTICISMO 2° PARTE : ROL VS SILVAN

LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI di Franco Rol, 30 settembre 2019

2) Rol si è sempre rifiutato di ricevere il prestigiatore Silvan, perché lo avrebbe scoperto

Tenendo bene presente il punto precedente, sarà facile giungere a capire per quale ragione Rol si fosse rifiutato di ricevere Silvan (che lo aveva contattato telefonicamente negli anni ‘70). Non perché fosse un illusionista, ma perché non era persona gradita. Silvan era solamente interessato ai fenomeni, che lui considerava a priori performances di illusionismo, tenendosi comunque aperta la possibilità che potesse trattarsi di “poteri” autentici, nel qual caso avrebbe cercato di capire e di carpire come questo potesse essere possibile, per usarli o tentare di usarli a fini personali di spettacolo (come in qualsiasi ambito, anche gli illusionisti fanno a gara a chi sia il piú bravo) ma anche – e come non potrebbe essere? – per il proprio potere personale, come tenterebbe di fare un mago nero o aspirante tale. Durante la trasmissione Porta a Porta del 5 giugno 2003 dedicata a Rol aveva dichiarato:

«Ho conosciuto tanti di quei sensitivi in vita mia soprattutto per curiosità, ma anche per apprendere, perché se ci fosse stato qualcuno che avesse realmente posseduto queste doti, avrei cercato di impossessarmene». Una affermazione che crediamo si commenti da sola.

Si può vedere il video con qualche altra nostra considerazione qui: https://www.youtube.com/watch?v=_Zox_3brMUk Nell’ottobre 1978 andò in onda su RAI 1, nel programma della domenica Tg L’Una, quella che è passata alle cronache come la “sfida” di Silvan a Rol, la versione cabarettistica di «se sei figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane»… Quando Rol seppe di questa “sfida“, ne rimase amareggiato e sconsolato. Così la giornalista G. Dembech riferiva: «Riguardo alla sfida lanciata da Silvan, sappiamo che mentre andava in onda la trasmissione, lo studioso era a letto con una febbre che lo tormenta da alcuni mesi; glielo abbiamo comunicato il giorno seguente, facendogli presente che avrei scritto un articolo rovente in merito. “L’errore che ha compiuto Silvan” mi ha detto “è già di per un grave addebito che grava su di lui, è inutile infierire maggiormente con altre parole”».

(Silvan sfida Rol, Torino Playtime, 02/12/1978)

Piero Angela in un suo libro che non merita menzione, scriveva: «Il nostro bravo Silvan ha cercato invano di farsi ricevere da Rol. Ha persino rifatto in televisione alcuni suoi “esperimenti” (come per esempio una firma tracciata in aria che appare misteriosamente su una carta in un mazzo sigillato). una straordinaria “lettura in un libro chiuso”, ancora più inspiegabile di quelle che fa Rol: questo esperimento” è stato interamente filmato, e il giornalista Stinchelli ancora oggi si chiede come sia possibile un trucco (e ciò conferma che non basta la cinepresa per capirlo).1 Allora perché Rol non vuole permettere che Silvan, o un altro esperto, assista a una sua seduta?» (abbiamo già risposto…)

Sulle affermazioni di Piero Angela, oltre a quello che diremo anche piú avanti, rimandiamo a quanto ho già abbondamente scritto sul sito che curo: http://gustavorol.org/index.php/it/contro-gliscettici. L’illusionista Massimo Manca nel 2001 commentò su un periodico locale del Cicap: «La famosa “telefonata” di Silvan che sfidò in televisione Rol rappresentò da parte del decano dei maghi italiani uno stunt pubblicitario». Silvan, che non era riuscito ad ottenere i “poteri”, quantomeno si consolava con ciò che gli stava molto a cuore: la pubblicità personale. L’esatto contrario di Rol, che mai l’ha cercata (sue rare interviste furono per rettificare dicerie sbagliate e approfittare per divulgare le sue idee spirituali. Rol inoltre non ha mai scritto alcun libro, e l’unico uscito su di lui quando era in vita, del giornalista R. Allegri, non lo aveva autorizzato). Infine, è quasi superfluo aggiungere che uno a casa propria invita chi vuole, e non è certo obbligato a invitare qualcuno con intenzioni diverse dall’amicizia.




SCETTICISMO 1° PARTE : ILLUSIONISMO

Parte di questa analisi era già stata pubblicata in precedenza sul ns. sito www.gustavorol.org, in rete sin dal 2000, sia nelle FAQ che nella sezione Contro gli scettici, ed è stata qui rielaborata, tratto da un articolo di Franco Rol 30 settembre 2019:

LE 10 PRINCIPALI FAKE NEWS DEGLI SCETTICI

1) Rol non ha mai accettato di incontrare esperti di illusionismo di mostrare loro i suoi esperimenti. Si è “esibito” sempre con persone incompetenti in trucchi

FALSO. Rol ha ricevuto a casa sua almeno 5 persone “competenti in trucchi”, tra cui due famosi professionisti, e solo a titolo amichevole, indipendentemente che si occupassero di illusionismo. Per Rol contavano infatti le persone, non le professioni. La testimonianza più importante è quella di Carlo Buffa di Perrero, perché ebbe modo insieme al padre di verificare in più occasioni l’autenticità degli esperimenti di Rol, sia a casa di Rol che a casa sua. Buffa di Perrero si occupa di turismo, ma sin da bambino ha la passione dei giochi di prestigio, che era anche quella del padre Ermanno Buffa di Perrero (1908-1982), pluridecorato per meriti bellici e civili, e direttore del Club Alpino Italiano. Le famiglie Rol e Buffa avevano occasione di incontrarsi frequentemente, o a Cavour, antica residenza dei conti di Perrero, o a Torino. E in tali occasioni, soprattutto negli anni ’60 e ’70 quando Carlo era giovane, Rol faceva i suoi esperimenti come di consueto, e Carlo tentava di scoprire il trucco, come ha raccontato più volte, senza mai trovarlo, in esperimenti molto facili da controllare. Durante una trasmissione televisiva sulla rete piemontese Telestudio (26/05/2004) ha affermato:

«Io ho visto da lui degli esperimenti. Li ho guardati con senso critico, perché cercavo di sorprenderlo credendo che facesse dei giochi di prestigio. (…) Posso confermare, testimoniare – ma veramente – che cosa ha fatto lui non aveva dei principi da giochi di prestigio. Questo è molto importante. Bisogna che i prestigiatori ammettano questa dote di Rol, non faceva degli imbrogli perché non manipolava le carte, non c’erano dei ‘passanti’, non c’erano degli strumenti che noi usiamo per fare i giochi di prestigio».

La sua testimonianza integrale può essere visionata qui: https://www.youtube.com/watch?v=kruS22sf4lQ I Buffa furono inoltre tra i promotori e fondatori del Circolo Amici della Magia di Torino, uno dei piú noti club di prestigiatori. Ermanno vi introdusse Elio De Grandi, che poi prenderà il nome d’arte Alexander, il quale negli anni ‘80 conoscerà G.A. Rol tramite Elda Rol (nonna materna dello scrivente, moglie dell’industriale e pilota Franco Rol (1908-1977), cugino (di qualche grado) e amico fraterno di Gustavo) all’epoca assidua giocatrice di bridge e promotrice di tornei. Anche Alexander in più occasioni ha parlato positivamente di Rol, sebbene a differenza dei Buffa abbia dichiarato di non aver assistito agli esperimenti. Ha però Da prestigiatore non mi sono spiegato ciò che ho visto. (…) è un esperimento che non saprei mai fare e che non sono riuscito spiegarmi». (Visto n. 13, 30/03/2007, p. 75 e sgg.)

Di Rol parla anche nel suo libro Quinta dimensione (2008, pp. 61-64). Infine, degna di nota in questo ambito la testimonianza del prof. Giuseppe Vercelli, psicologo, scrittore e prestigiatore amatoriale (docente di Psicologia del Lavoro a Torino, Psicologo dello sport della Federazione Italiana Sport Invernali e della Federazione Italiana Canoa e Kayak, oltre che Responsabile Scientifico del Centro Studi di Juventus University) il quale assistette ad alcuni esperimenti con le carte senza che Rol fosse da lui informato del suo hobby e che fosse socio del Circolo Amici della Magia. Vercelli ha dichiarato che Rol non toccava le carte, facendole maneggiare solo a lui, cosa che sarebbe impossibile per un prestigiatore:

«Per quanto riguarda gli esperimenti io non dissi mai a Rol che facevo parte del Circolo Amici della Magia di Torino.Mi dilettavo nella prestidigitazione. E lui faceva spesso degli esperimenti di carte. La cosa curiosa è che lui non toccava queste carte. E questo è assolutamente certo, anche perché io in quel momento avevo un occhio critico. Quindi la cosa che mi ricordo di più, che più era evidente, che mi sorprendeva, mi divertiva anche se non mi ponevo troppe domande nel momento era proprio che queste carte venivano spesso trovate girate al contrario, pur lui non toccandole, e io di questo sono assolutamente certo».

La sua testimonianza può essere vista qui: https://www.youtube.com/watch?v=ie7GDS2KsGg

Essa coincide con quella di altre decine di persone (incluso lo scrivente) che pur non conoscendo i trucchi degli illusionisti hanno la certezza dell’autenticità di questi esperimenti (che sono poi “solo” l’ABC della sua fenomenologia, per quanto sconcertanti) in primo luogo per tale motivo, tanto piú che molto spesso i mazzi venivano portati da loro ed erano ancora nuovi e sigillati, e in certi casi persino in luoghi distanti da Rol, che realizzava gli esperimenti per telefono (cosa facilitata dal fatto che chiunque ha in genere un mazzo di carte in casa). Come ha dichiarato Alexander, «se le condizioni riferite da decine di testimoni sono proprio quelle» (ovvero, Rol non toccava le carte), «allora nessun prestigiatore sarebbe in grado di riprodurre gli esperimenti di Rol». Questa è ciò che si chiama oggettività. E le condizioni erano «proprio quelle», come vedremo in un punto successivo. Qui segnaliamo ancora che l’esperto di mentalismo Aroldo Lattarulo, in una sua pubblicazione del 2016 (Indagine su Gustavo Rol) che riunisce due volumetti usciti in precedenza, analizza le pretese dei detrattori di spiegare la fenomenologia di Rol con l’illusionismo arrivando alla conclusione che vi siano troppi elementi che contraddicono questa ipotesi, propendendo invece a considerare Rol e le sue ragioni come autentiche. Si può aggiungere per concludere che da un punto di vista statistico, Rol ha ricevuto a casa sua piú persone “competenti in trucchi” di quante qualsiasi altra persona in media ne riceva, e che abbia avuto tra i suoi conoscenti piú persone competenti in trucchi di quante chiunque normalmente ne abbia.




PERSONAGGI: ALBERTO SORDI

ALBERTO SORDI : MI HA DATO UNA PREGHIERA PER VIVERE.

Tempo fa, Alberto Sordi ha scrit­to a Rol una lettera in cui chie­deva lumi sui misteri della vita e della morte, sul significato di alcu­ne sue esperienze e sogni. La ri­sposta di Rol è stata breve. Racconta l’attore: «Non posso sve­lare tutto il contenuto della lette­ra. Posso dire che Rol mi ha dato alcuni suggerimenti per superare i problemi, le difficoltà quotidiane. Mi ha invitato a pronunciare, per esempio, una specie di “preghie­ra” che non ha nulla di sacro o di profano: è un’invocazione dei miei diritti, un’enunciazione dei miei doveri. Non credo di potermi spie­gare meglio. Ma ha funzionato. Forse perché la “preghiera” è un esame di coscienza anche un atto di fede. Forse perché a suggerir­mela è stato lui».

 

Fonte : (giornale Astra 1987) I PERSONAGGI DELLA PARAPSICOLOGIA: ROL -4° puntata di Paola Giovetti

 




LETTERE (6) : SAUDADE IL SORRISO DELLE LAGRIME

il 1927 Rol era stato trasferito a Parigi, ed oltre a continuare a coltivare la passione del giornalismo, scrivendo articoli di finanza e inviandoli a “piccoli” giornali per la pubblicazione, continuava a scrivere un libro iniziato 2 anni prima “Saudade”, parola che indica in portoghese e spesso la troviamo in canzoni brasiliane, il rimpianto nostalgico, nostalgia. Alcuni scritti riguardante la saudade li ritroviamo in 2 lettere raccolte nel libro di Catterina ferrari : “Io sono la grondaia”, la prima a pag. 56, la seconda a pag. 242. Le lacrime del sorriso, la nostalgia, l’amarezza sono un concetto di Rol a carattere introspettivo, niente a che vedere con persone care o mori, ma una nostalgia dell’anima, un sorriso amaro, un sorriso con le lacrime. Vale la pena di leggerle e riflettere, per capire il tormento attraverso una analisi non del sè, ma del “sentire” dell’anima.

Marsiglia, il 15 di febbraio 1926
Cara amica lontana,
non so perché ho tardato tanto tempo a scriverle, forse perché non l’ho mai dimenticata. Succede sempre così: pas­sano i giorni, i mesi, gli anni ed ecco che ad un tratto ci si ricorda di un nome: si fruga il passato come per cercare l’im­magine di un volto conosciuto altri tempi, e poi si scrive una lettera pensando: la riceverà, ci sarà ancora, che cosa avrà fatto durante tutto questo tempo, che cosa farà, ora?
No, io non ho mai dimenticato Bigin, no non ab­bia paura se io scrivo questo nome. Oramai intanto chi so­no io? L’eco di una voce lontana che giunge appena, un’im­magine velata che si distingue appena tra i riflessi verdastri di uno specchio settecentesco … infine, io, una perso­na che non si vedrà mai più, mai più!
Che cosa sono diventato ho orrore a dirlo. Più nulla in me che ricordi l’uomo di ieri, il poeta sognatore fra le so­litudini delle grandi montagne. Ho profetizzato un giorno il mio avvenire con una semplice parola: Saudades!
Non avrei creduto mai di rivivere alcuni versi di un poe­metto scritto fra una lagrima ed un sorriso come fu l’Om­bra che conobbe la morte nello stesso giorno che ebbe la vita.
Chi è quell’individuo che si trascina per i vicoli oscuri di una città lurida, curvo sotto il peso dei suoi pensieri che son più duri degli anni, e socchiude gli occhi -sovente – dietro le lenti spesse dei suoi occhiali atteggiando la boc­ca ad una smorfia che traduce tutto lo scetticismo della sua anima? Quell’individuo che è divenuto così trascura­to nel vestire, tanto che i passanti lo schivano pel timore di insudiciarsi e poi si soffermano e si voltano indietro a guardarlo pensando quanto tristamente può degenerare questa razza umana che ha le origini tanto illustri perché di­scende da un Dio che l’ha creata a sua somiglianza?
Quell’individuo sono ancora io, cara amica lontana, io che vado ben dirigendomi verso quella gran piazza dove c’è il Tempo che mi attende con l’indice teso verso due pini lon­tani lontani che si drizzano più alti del muro di un orto. Non mi si può negare il diritto di poter dire di conoscere la vi­ta come neppure quello di poter sghignazzare beffarda­mente sulle gioie e sui dolori di questa orrenda umanità. So­no diventato scettico, ho detto, e lo è veramente. Ma scet­tico soltanto per tutto ciò che può riguardare la vita in sé stessa, piena di miserie e di tribolazioni. Ho invece accre­sciuto maggiormente il mio concetto sull’esistenza di quell’a­nima che innalza lo spirito nei momenti più oscuri della sof­ferenza e lo conforta dolcemente con quella grande gioia sconosciuta che si prova non sentendosi soli quando nella realtà si è soli effettivamente. La fortuna e gli uomini mi hanno fatto tanto male, e continuano a farmene, al contrario io non odio nessuno perché nel mio prossimo, anche at­traverso i sorrisi più schietti, intravedo la mia stessa esi­stenza infelice e disgraziata. Mi sono limitato invece a chiu­dermi in me stesso ed a salvaguardare una fiducia che real­mente non esiste più. Ho un amico, l’unico, a Marsiglia col quale vado perfettamente d’accordo. Lui è il vero pro­totipo dell’uomo felice. Materialista sfegatato non crede che al corpo e mi dice apertamente che il mio pensiero sull’a­nima è una cosa ridicola. La sua filosofia darwiniana che fa discendere l’uomo dalla bestia lo convince maggiormente del postulato epicureo. Ha una grande cultura filosofica ma non se ne vanta, d’altra parte non ha ancora osato di cor­rompere i miei principi. Alla sua dottrina io oppongo il mio silenzio ed al suo eterno sorriso la maschera del mio dolo­re. Direi quasi che, ad onta del suo “credo” profano, il mio semplice “Pater” gli faccia molta impressione.
È d’altra parte un vero grande amico che mi rende me­no penosa questa vita di sacrifizi e di esilio. Lei sa – cara arnica – quanto io sia sentimentale: immagini come avrò po­tuto adattarmi a vivere in una città dove sono giunto non conoscendo nessuno e con delle pessime commendatizie ri­guardo alla mia nazionalità, perché qui, “Italiano” signifi­ca brigante, né più né meno. Se mi chiedessero oggi qual è lo scopo della mia vita, non lo saprei dire, non ho più idea­li. L’ideale l’ho lasciato nella mia bella patria assieme alla giovinezza. Sono giunto qui con dei propositi che presto di­leguarono; mi imposi una maschera che speravo col tem­po divenisse un’abitudine, ma poi la maschera cadde, e mi ritrovai come prima. Ritornai ai miei versi, alla mia pen­na, alla mia “vena” naturale … incominciai ancora a scrive­re dei canti d’amore … Ma la mia voce non era altro che il canto d’un rosigno­lo senza notte. Rimasi così, chiuso in me stesso con quat­tro solchi profondi sul viso, con una grande serenità nel­l’animo, quella serenità che vien dalla rassegnazione, ma con un vulcano ardente nel petto. Quello è il mio passato, è tutto il mio ricordo che nessuno mi potrà mai toccare e che, anche contro lo scetticismo di me medesimo qualche volta, io difendo con tutta la forza di un leone.
Il mio ricordo, il mio passato! Le uniche cose che mi ricordino che io sono vivo, su di una terra popolata di uo­mini, è che la mia legge ha un’origine divina. Io credo di essere un santo.

 

13 settembre 1955

Se fosse un libro vero un romanzo, allora non potrei più chiamare “Saudades” queste pagine, “Saudades “, “il sorriso delle lagrime”, le lagrime del sorriso. Se voi crede­te che io abbia chiesto all’Editore di stamparmi queste pa­gine per voi allora è falso: né per voi né per Lei e neppure per me.
L’ho fatto per appagare il mio cuore che voleva guardare da queste pagine come ci si guarda nello specchio dopo aver pianto lungamente. Per voi invece è una cosa tutta diver­sa. Non vi è mai successo di passare dinnanzi ad un’iscrizione così scritta: «Qui giace il tal dei tali, trovò nella morte la luce che gli negò la vita, incompreso da tutto e da tut­ti»? Che importa a voi? Leggete e poi passate indifferen­temente. Ed anche per Lei è una cosa diversa: non legge indifferentemente, ma si diverte. È proprio il vero “Sau­dades”, il sorriso delle lagrime: ma delle lagrime altrui.
La storia dovrebbe essere lunga ed in tre tempi, come tutte le storie d’amore: l’alba, il giorno e la notte. Invece è brevissima ed in un tempo solo: la notte. Perché solamen­te nella notte le lagrime hanno un sorriso.
Non esiste l’uomo, lo scrittore od il poeta, e nemmeno il filosofo ma solamente l’idiota che ripete le parole del suo cuore senza chiederne il consenso alla mente.
È quasi come un cieco che modelli nella creta l’espres­sione d’una cosa che pensi.
A chi vede sarà dato di poter intuire quella cosa.
A voi il rispondere dopo che avrete letto queste brevis­sime pagine. Ma ancora come vi ho detto, non sono state scritte per voi.
Signori, il prologo è finito. I lumi alla ribalta si accen­dono e quelli della sala si smorzano. L’orchestra incomincia il preludio dell’opera. Saudades = il sorriso delle lagrime.

 

LETTERE (2) SAUDADES




ARTICOLI [Franco Rol (2)]:

Questo articolo apparso sul giornale mistero nell’agosto 2021 è molto importante, Franco Rol da delle delucidazioni “illuminanti”,  con la trascrizione di una registrazione su come Rol iniziò… e non solo. L’articolo è riassunto e diviso in paragrafi, ma se ne consiglia il reperimento sul web.

Nel luglio 1927 Gustavo Adolfo Rol scriveva nella sua agenda di lavoro: <<Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura».

Fu probabilmente tra il 1934 e il 1939 che Rol andò per la prima volta in India e Tibet. anche se non si hanno per ora conferme cronologiche. Vi andò non per intraprendere un cammino spiri­tuale o “in cerca di se stesso”. ma per trovare conferme a quanto già ave­va trovato e per parlare con qualcuno come lui.

Rol era un Buddha in cerca di un altro Buddha. qualcosa al limi­te dell’impossibilità statistica, vista la rarità di questo status psico-fisico-spirituale. Nono­stante siano anni che io ripeta ad nauseam che Rol fosse un illuminato (che è ciò che appun­to significa “Buddha”, da bodhi, illuminazione). giornalisti, disin­formati e testimoni non prossimi a lui continuano a usare le defi­nizioni sbagliate di cui sopra e che lui stesso in vita ha rigettato ripetutamente e a ragione. Proprio per­ché ne ho scritto e detto spesso, non insisterò ora su questo punto. Inqua­drare correttamente Rol a comincia­re dalle definizioni è però essenziale, perché facilita la comprensione di chi fosse così come la giustificazione e la spiegazione dei suoi molteplici “poteri paranormali” che lui chiamava semplicemente, ma in modo pertinen­te, possibilità Praticamente per tutti quelli che hanno scritto di lui Rol era un “mistero” – nessuno infatti lo ha spiegato o capito, ma solo testimonia­to – e questo è 1’indice dell’ignoranza occidentale che non sa riconoscere un Maestro che oltrepassa di gran lunga qualifiche adatte a personaggi di calibro ben inferiore e che con Rol hanno assai poco in comune se non qualche millesimo delle sue possibilità paranormali, che possono manifestar­si spontaneamente e saltuariamente anche in individui del tutto comuni, in altri che riescono a condizionare am­biente e persone attraverso rituali, in chi possieda vocazioni mistiche o in­fine in chi abbia appreso come entrare in trance, forzata alterazione dello stato di coscienza normale che met­te in comunicazione con piani diversi dall’ordinario, e che non è l’indice di al­cuna elevazione spirituale o saggezza, ma solo di un meccanismo psichico accessibile a chiunque senza grande preparazione, e che in quanto tale è soggetto alle influenze più diverse e senza alcun tipo di controllo, con con­traccolpi che possono essere anche gravi sul piano psicofisico.

Anche lui è stato punito per aver var­cato impreparato la soglia Punito non da una divinità irata – ciò che è quan­to le religioni spesso rappresentano e che va inteso solo simbolicamente – ma dal suo proprio corpo e dalla sua propria psiche, che hanno rigettato di default l’apertura a una dimensione sconfinata dell’Essere, come si riget­terebbe un nuovo organo trapiantato e che non fa parte di noi. Ad essere più precisi, è il “trapianto· di un nuovo cor­po tutto intero, quindi il rigetto è anco­ra più radicale. Chiudete gli occhi. Un calore intenso comincia a pervadere il vostro corpo. Non sarà che qualcosa intorno a noi sta andando a fuoco? O siamo noi? Mentre state per riaprirli, l’aria diventa gelida Un cielo terso blu scuro davanti a voi, e anche dietro, tut­to intorno. Siete sul bordo di un precipi­zio di cui non si vede il fondo nascosto da una nebbia impenetrabile. In alto il cielo stellato, anche se non è notte. Potreste cadere ad ogni istante, siete in precario equilibrio. La paura prende il sopravvento. Vi svegliate. Era solo un incubo. Ora siete tornati ad avere tutti i vostri usuali punti di riferimento, i vostri punti di appoggio, quelli ai quali i vostri sensi e la vostra mente vi hanno abituati, allenati da quando siete nati e dalle generazioni precedenti. È questa una immagine semplificata, allegorica, dell’accesso allo stato che Rol, in seguito, chiamerà coscienza sublime, ovvero «l’unione con l’As­soluto, un Tutto, un’interezza senza separazione alcuna».

(COSCIENZA SUBLIME)

È l’analogo del nirvana e del satori – anche questo l’ho ripetuto ad nauseam, ma forse è stato scambiato per mera opinione -vertice spirituale al quale, solo, si può accedere dopo una lunga, faticosa e ardua scalata. La velocità di salita è in­versamente proporzionale al ridimen­sionamento dell’ego: essa aumenta quanto più questo diminuisce. Quan­do c’è l’individuo non c’è il Tutto, quan­do c’è il Tutto non c’è 1’individuo. Tutti i mistici, chi più chi meno, hanno avuto accesso per poco o per molto a questa condizione. Nel Maestro illuminato essa è per­manente, o meglio, è permanente­mente disponibile e in una maniera che quasi appare invisibile e che “si attiva· in base alle circostanze. Egli vive contemporaneamente e na­turalmente in due mondi, non ha bisogno – per esprimere certe sue possibilità – di alcun rituale né ar­tificiosa pantomima (a meno che, come eccezione, egli non voglia comunicare qualche cosa di sim­bolico o suggerire indizi di ricerca al neofita). è orientato completamen­te ad aiutare gli altri. perché di nor­ma si sente indegno della fortuna che ha avuto – sbirciare nei segreti dell’Infinito – e vuole sdebitarsi nei confronti di chi gliel’ha concessa. ovvero il Tutto, al quale la devolve. La coscienza sublime è, nella tradizio­ne indù, sat-chit-ananda, essere-co­scienza-beatitudine. come beatitudine è quella che sperimenta il paracaduti­sta in caduta libera. Ma come potreb­be essere beatitudine per chi venisse scaraventato a sua insaputa giù da un aereo per la prima volta e senza alcun allenamento previo?

(IL RISVEGLIO)

Nel suo aspetto interno, sakti è conosciuta col nome di kundalini, raffigurata come un serpente addormentato alla base della colonna vertebrale (ovvero, nel centro sessuale, muladhara cakra) Si parla sovente di “risveglio” senza sa­pere da cosa derivi tale espressione, associandolo a un secondario signifi­cato di non essere più addormentato, ovvero di vedere la vera realtà. È certo anche così, tuttavia è primariamente qualcosa di meno astratto, è il risve­glio di questo ·serpente”, l’attivazione dell’impulso sessuale non rivolto ver­so l’esterno come di consueto ma che si sublima internamente verso l’alto, “attorcigliandosi” come nel simbolo del caduceo ermetico per esprimere il movimento spiraliforme dell’e­nergia, e attraversa gli altri cakra -processo che genera calore – fino a raggiungere il ·settimo cielo”, ov­vero il caka in cima alla testa noto come sahasrara, o loto dai mille petali. È il momento dell’illuminazio­ne, il quale conferisce come conse­guenza non cercata e gradualmen­te, percezioni e poteri super-normali che la tradizione indù chiama siddhi (perfezioni, compimenti), e che corrispondono appunto alle possibilità di G. A. Rol.

(LA GRANDE SCOPERTA)

Gran parte di quanto stiamo di­cendo qui è inedito. E di inedito desideriamo pubblicare anche l’essenziale racconto seguente di Rol, trascrizione (qui parziale, per ragioni di spazio) da un discorso ( con qualche elemento già noto) da lui fatto nel 1975, di cui abbiamo la registrazione: «Un giorno mi ricordo ero a Marsi­glia, e lavoravo alla Banca Commer­ciale Italiana (.). Passavo sabato pomeriggio(..) al vecchio porto (..), pioveva a dirotto. Dopo il temporale un enorme arcobaleno partiva da Notre-Dame-de-la-Garde e attraver­sava Pont transbordeur e pareva che abbracciasse tutta quanta Mar­siglia. (.) Dopo, distogliendo gli occhi dicevo: ·sono i sette colori dell’iride, ma come mai io ricordo solo il colo­re verde?”, pensavo all’arcobaleno e vedevo il colore verde, “ma che stra­no, eppure sono sette: rouge, orange, cyan, vert,jaune, indaco e violetto, son sette”_ E poi mi son detto( .. .): “Quel co­lore verde era quello di mezzo, il colore di mezzo … sono sette i colori, tre da una parte e tre dall’altra, e c’è quello di mezzo. Vediamo un pochettino, per quale motivo … mah, ci sarà un mo­tivo Perché quel verde?”(..) Poi da lì ho incominciato a pensare sul colore verde, sempre questo colore verde, co­lore di primavera. In ufficio le lampade sono verdi per non stancare gli occhi. I giocatori adoperano un tappeto ver­de, tutto verde. Poi mi sono ricordato di avere letto che il colore degli iniziati indiani era verde, che Napoleone ha voluto uno smeraldo il giorno della sua incoronazione, dicendo: “Il colore ver­de è il colore della forza, la mia livrea … ·, di Napoleone era verde la livrea – la giacchetta che lui aveva dei Cacciatori della Guardia. Perché? Perché il colore verde è segno di forza? Ragionavo, mi dicevo: “Chissà perché questo colore verde dev’essere così un segno di for­za”. Allora mi sono messo a dire – da lì passo è breve – “Sette volte ci sono colori (.. ), le note musicali sono sette (. .. ), ci dev’essere un rapporto tra le note musicali e il colore·. Quale rappor­to? Avevo studiato fisica, ero uno che amava leggere, sapevo che cos’è lo spettro solare (.. ). Allora mi son detto: “Scommetto … do, re, mi, fa, sol la, si( … ) che il fa corrisponde al verde. Intanto mi avevano trasferito a Parigi”».
Qui Rol, a casa del suo direttore ge­nerale Giuseppe Zuccoli, conosce de Broglie, probabilmente Maurice (non è del tutto chiaro dalla registrazione, ma escluderei per ora il premio Nobel Louis, suo fratello) noto fisico membro dell’accademia delle Scienze francese, studioso dei raggi X. «Allora una sera, ero a casa sua, gli ho chiesto se si poteva sapere, po­tevo vedere delle vibrazioni. Lui que­sto giovane ha voluto aiutarlo. Sono andato e difatti ho potuto misurare le lunghezze d’onda del colore verde, del verde puro, quello che si vede come un cristallo, che luccica. Vedrete che la prima volta che avete un lampada­rio davanti, che ci batte il sole, vedrete tutti i sette colori, ma il colore verde è quello che vi colpisce.
E ho visto che non corrispondeva per niente. E allora sono stato mol­to deluso, e mi son detto: “Come mai?”_ Poi, ho detto: “Numero cin­que? [numero ·centrale” rispetto a 1 e 9, n.d.a.] E se fosse una quinta musicale? Do, re, mi, fa, SOL? la, si. __ ._ E allora mi sono ricordato delle note del violino – perché suono il violino – allora la quinta musicale: ta-ra-via’ L’accordo dava la stessa vibrazione del colore verde. “Ah’ C’è un rappor­to”. Allora ho incominciato a dire: ·11 movimento è calore, dove c’è calore c’è vita, la vibrazione dava un movi­mento, vediamo: potenziale di calore che dà le vibrazioni”.
C’è un apparecchio formidabile, lo avete visto, lo danno anche ai bam­bini, c’è il vuoto, dentro il vuoto c’è un ago, c’è una paletta argentea e l’altra nera, e gira sempre, perché la luce da una parte assorbe, spinge e dall’altra emana, e allora quello gira [si riferi­sce al Radiometro di Crookes, n.d.a.]. Naturalmente sarebbe eterno, però si consuma il perno, dopo un certo numero di anni si ferma … c’è il vuoto assoluto sotto la campana. Allora ho potuto, lì all’lnstitut, stabilire il grado di calore trasmesso su di un capello .. poi ampliato moltissimo sulla placca di metallo sulla quale mettevo la mano e sentivo il tipo di calore. Allo­ra mi son detto: ·se uno riesce a imma­ginare il color verde”, ma il puro verde, il verde smeraldo, “nello stesso tempo immagina di sentire una quinta musi­cale”, qualunque sia, ·e immette in se stesso quella quantità di calore che le vibrazioni davano, l’uomo si mette in una condizione di percezione o di emanazione formidabile!”_ E mi son detto: ·come posso fare per saperlo?”_ Sempre il caso che mi aiuta. Passavo davanti a un tabaccaio – fumavo – sono andato a comprare le sigarette. In quel momento c’era un vecchietto che comprava (. .. ) un mazzo di carte. “\/ous les voulez rouge ou bleu?” [“Le volete rosse o blu?]”Dia un pacchetto di carte anche a me·.
Ritorno, vado a casa, e mi ricordo sem­pre ho tirato fuori i quattro dieci … E poi dico: “Sono due nere e due rosse. Te­niamo le due nere, pigliamo il più ros­so. Vediamo un po’ … mescolo. Allora io immagino … • – Prima ho fatto: “Rosso, il rosso è caldissimo, è rosso’ Queste son nere, son morte'” – Stabilito quello, le mescolo e dico: “Adesso io imma­gino di sentire la quinta musicale, di vedere il colore verde, percepire un ca­lore determinato … ·, guardo, era nera Ho provato dei mesi, non ci riuscivo, non ci riuscivo … Finalmente un giorno mi sono detto: “Se lo vuoi non lo puoi, sei ancora sulla Terra, in un corpo, que­sto corpo ha delle necessità, vivi in una dimensione, non puoi andare oltre·. E io allora ormai ho imparato che la car­ta rossa è percepibile, perché ho sta­bilito che è calda, e che la carta nera, viceversa, la carta nera no … mi chiesi: “Cosa faccio? Passo la mano e penso ad altro”, mi sono messo a pensare a una donna nuda, che era la cosa che in quel momento mi distraeva di più, all’età che c’avevo. Ho sentito di colpo che la mano si è fermata su di una car­ta, guardo, la carta rossa Provo due volte, tre volte, quattro volte, cinque volte, allora ho preso tutte le carte e mi dicevo: “Togliamo le figure” – ho tolto tutte le figure. perché nelle figure ci son dei rossi e degli scuri, imbrogliavano – ho preso tutte queste carte .. . “Rossa … nera. .. rossa. .. nera … rossa .. . Tutte’ Non è possibile Era il 27 di lu­glio del 1927, mi ricorderò sempre. poi sono arrivato [ad aggiungere] anche le figure subito dopo, perché c’era il se­gno sulle figure. Tutte e 521… 54 con i due jolly. Mi ricordo sono sceso – sta­vo in Rue des Marronniers – passato il Passy, scendo giù a Rue des Champs Elysées. erano le sei del pomeriggio, luglio, bella giornata, stupenda, guar­davo tutto, dicevo: “Sono il padrone, fra poco avrò tutto quello che voglio. Tutto’ Perché se faccio questa cosa qua. svilupperò, l’applicherò a chissà che cosa. Tutto quel che c’è di più bello sulla Terra, avrò la potenza. una cosa meravigliosa·. E camminavo. guardavo le vetrine. automobili, dicevo: “Ah’ adesso avrò tutto quello che voglio, non più lavorare”, eccetera … e avevo il mazzo di carte, ero andato a sedermi sulla panchina. c’è sempre quella pan­china negli Champs Elysées, davanti a Pavillon d’Armenonville, tutte le volte che vado a Parigi passo di r1 da quelle parti e ci dò un’occhiata, alla panchina. (.) Ed era notte, nella notte mi siedo su quella panca, davanti al Pavillon d’Ar­menonville, avevo fame, mi sono poi comprato uno di quei sandwich lunghi, me lo sono mangiato, me ne stavo lì contento, dico: “Adesso per stasera spendo tutto quello che c’è in tasca, domani incomincerò a pensare come mettere a profitto questa cosa”. E c’era una bella luna che batteva e c’era uno seduto, un vecchietto, un uomo:
“Monsieur, est ce-que vous avez l’heu­re?” signore, sapete che ore sono? Faccio vedere l’ora, pensavo a me allora gli dico: L’ora tale”.
Cieco… Ho incominciato a pensare: “Cieco … e allora posso diventare malato, cosa me ne faccio di tutta que­sta roba che possiederò?”, ero un po’ ridimensionato nel mio entusiasmo, mi ha fatto un po’ effetto questo cieco e sono andato a prendermi il metrò, sono andato a casa subito. Son torna­to a casa triste e dicevo: “Tutto quello che avrò … tanto devi lasciar tutto, devi morire, devi morire, devi morire, diven­tare cieco, puoi ammalarti, è una cosa momentanea”. Ero triste, tristissimo1 È stato un dramma. un dramma. (. . .) Fat­to sta che io poi sono venuto a Torino, ero in licenza perché sono stato malato, e sconsolatissimo andai qui da Padre Righini – avevo fatto gli stu­di al Sociale – dal gesuita, dico: “Sono molto infelice”.(.)
“Ma cosa c’hai?”.
Un santo, Padre Righini. Gli racconto la mia storia, dice:
“Medita, leggi il Vangelo, Dio ti illumi­nerà”.
Mi ha illuminato mia madre. Mia ma­dre è venuta su, a Santa Croce, qui sulla collina di Torino, e dice: • … ma tu non so cos’hai in quella testa’ Senti -perché le ho detto tutto – non avere paura di tutto quello che potrai avere con queste cose. se tu hai paura che queste ti ricordano che devi morire puoi evitarlo, dai agli altri quello che hai paura di dare a te stesso, dallo agli altri, e allora in quella maniera e vedi che è tutto utile E da quel momento ho inco­minciato a dare agli altri. È stata così la mia storia .. per quelli che credono».

Questa naturalmente è una parte della storia. Rol non poteva né voleva sve­lare tutto e comunque doveva essere sintetico (potrebbe inoltre aver sovrap­posto, in questo discorso a braccio a mezzo secolo di distanza dagli avve­nimenti di cui parla, le esperienze di Marsiglia e Parigi, perché in un suo scritto autografo del 1977 – posterio­re a questa registrazione – afferma di aver acquistato le carte dal tabaccaio a Marsiglia e non a Parigi, come risul­terebbe qui). La sinestesia indotta di verde visualizzato e quinta musicale sentita con l’orecchio interiore – analo­ga dell’OM indù che ha funzione identi­ca – crea condizioni mentali favorevoli di concentrazione che preparano il ri­sveglio di kuadalini, la quale è di fatto la protagonista principale, quella che “fa la differenza”, di questo racconto nelle vesti della «donna nuda», che “introdotta” durante la visualizzazione degli altri elementi dona loro ciò che gli manca, l’energia sessuale sublimata senza il cui contributo nessuna auten­tica realizzazione spirituale è degna di questo nome. Beninteso, perché occorre ripeterlo: non si tratta di una mera condizione psicologica in senso freudiano (Rol aveva affermato di es­sersi «spinto oltre la sfera delllstinto esplorata da Freud»). ma di una reale trasformazione psicofisica, un rivol­gimento neurologico che crea molte­plici nuove connessioni sinaptiche e attiva aree cerebrali prima inattive o non attive, in contemporanea. Parlare quindi di “illuminazione” non è più una metafora, ma una effettiva condizione neurologica.
Da lì in poi il buio si trasformò in luce, l’Illuminato Rol prese dimestichezza con ciò che prima gli faceva paura, spingendosi a sperimentare ed esplorare le potenzialità dello spirito-sakti, in grado di manifestarsi per suo tramite rendendo possibile l’impossibile. ■