POSSIBILITA’ : TRASFIGURAZIONE

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Nicola Riccardi:

«Dopo i due successi viene l’ora della pittura spiritualistica. Ci ritroviamo adesso nel buio più completo, seduti intorno al tavolo coperto da un bel tappeto verdolino, ciascuno con un foglio e una matita davanti. Nella assegnazione dei posti non c’era nulla che dipendesse dai caso: Rol vi impiega molto tempo e ci disloca uno per uno, ogni volta si sofferma come per una misteriosa verifica delle forze del campo, sembra insoddisfatto come se apparisse necessaria la materiale occupazione dei posti per giudicare della armonia dell’insieme e continua a scambiarci fra noi. Ciascuno si porta dietro foglio e matita, benché saremmo pronti a giurare che sono tutti uguali e che i fogli sono usciti immacolati dal pacco.

Le chiamate o invocazioni a Auguste Francois Ravier in francese e in italiano vengono ripetute a lungo dal sensitivo. Inoltre ci guida in un accompagnamento sonoro di sfondo prodotto all’unisono strofinandosi le mani o spiegazzando i fogli di carta, secondo i comandi alternati. Siamo anche stati invitati a riempire la nostra mente con il colore verde dei tappeto. Dopo un bel po’ si sente Rol dichiarare che ritiene essere stato raggiunto l’effetto evocatorio, di cui l’ambiente è pronto a ricevere una prova tangibile. Senza tentennamenti egli sa adesso che il tramite del fenomeno della risposta spiritualistica sarò proprio io. Siamo seduti entrambi agli estremi dei tavolo e sono io il più vicino all’interruttore che giro secondo i comandi. Mi dice di avvolgere il mio foglio di carta attorno alla matita e di porre il cilindretto a contatto con il mio petto, sotto agli indumenti. Eseguo con poca destrezza per via del buio e quando la cosa viene a contatto della pelle sto bene attento a vibrazioni, moti, riscaldamenti, ignorando quali eventi dovranno seguire. Non percepisco proprio niente durante i secondi di attesa, ma Rol dispone di informazioni da un altro mondo se a un tratto può esclamare che il segno dovrebbe essere arrivato. Che radicale differenza fra lui e noi! Mentre le nostre percezioni sensoriali non servono a nulla egli dispone di un periscopio spirituale nell’altro universo e nelle nostre medesime strutture profonde. Segni e tracce di fenomeni inerenti alla rappresentazione desiderata sono captati unicamente dalle sue antenne e guidano la straordinaria regia.

Fatta la luce svolgo il gualcito foglio e con un po’ di attenzione trovo scritto in piccoli caratteri a matita: “]e suis ici avec vous F. Auguste Ravier”. Ho esaminato in seguito con una lente questo scritto. Si vede ben marcata solo la prima lettera, mentre le successive sono gradualmente più sbiadite e la firma sembra un soffio. Esperti potrebbero analizzare punto per punto questo leggero deposito di grafite che costituisce il messaggio dello spirito [intelligente] di Ravier.

Con palese rispetto della nostra libertà di scelta si passò, dopo questa tappa importante della seduta, a fissare il soggetto del futuro quadro. Sempre al buio Rol prega R di designare un altro dei presenti: tocca a B che chiede un paesaggio collinare, in un mattino di primavera, con note di tristezza e alberi in fiore. Quale esperto della pittura di Ravier, e pittore lui stesso, Rol discute il tema e fa presente con finezza che se Ravier non ha dipinto alberi in fiore quando era vivo, non potrà cominciare a farlo dopo morto. Il suo parlare non si arresta ed ora avvia un discorso che ci presenta come la traduzione in italiano di quanto lo spirito [intelligente] sta comunicando a lui in francese. Sono pensieri pacati e profondi che li per lì fanno grande impressione per il tono di saggia bontà, ma poi mi è risultato che molto stranamente subito dopo sono stati dimenticati da tutti, come se non fossero stati espressi per mettere radici nei nostri intelletti. Di carattere concreto segue invece l’elenco preciso dei colori e degli accessori da preparare per la pittura spiritualistica, ripetuto da Rol e trascritto ai buio.

Queste istruzioni dimostrerebbero che lo spirito [intelligente] ha ormai avuto il tempo di progettare nei dettagli il quadro sui proposto argomento e quindi, memore dei limiti motorii connessi col suo attuale stato di disincarnato, predispone nel modo più economico gli strumenti necessari, tenendo conto che forse non gli è dato di poter estrarre altri colori dai tubetti.

La compagnia si sposta nell’ampio salone e per prima cosa qui avviene, affidata alla pure sorte, la designazione all’ultimo minuto di uno fra gli atto cartoni e tele preparati in precedenza. Sapendo ora quale sarà il cartone, Rol appronta sulla tavolozza i colori a olio corrispondenti all’elenco e sistema una sedia a ma’ di cavalletto. Mi chiama al suo fianco mentre con la matita comincia a schizzare febbrilmente da sinistra a destra una successione di segni accidentati e continui sul cartone che ha messo in posizione. Vedrò poi che questa opera velocissima del pittore vivente sarà la linea dell’orizzonte del paesaggio finale.

Mi siedo a meno di un metro di fronte a lui, alle spalle del cartone, e faccio il buio nella sala. Si sente il sensitivo ansare mentre nomina ancora Ravier, ci chiede ancora rumori di carta gualcita e aggiunge richiesta di partecipazione spirituale dei presenti, insieme con una invocazione a Dio affinché i prossimi avvenimenti non portino nocumento a nessuno, né ora né in futuro. Mentre armeggia con frequenti sospiri e per molti minuti, mi accade, data la mia ignoranza, di non poter evitare il pensiero che se non succede altro sarà facile alla critica sostenere che è stato lui da solo a produrre il quadro in stato di possessione e assenza di coscienza vigile, come fanno tanti pittori metapsichici. Anche così l’opera potrebbe risultare sorprendente ma nei giorni successivi mi ha assicurato che in questi minuti si è limitato a distribuire inconsciamente macchie di marrone e di blu sulla tela.

Ogni tanto, forse per servirsi correttamente di colore, chiedeva un po’ di luce. Potevo allora osservare l’operatore e avevo l’impressione che fosse molto alterata nei lineamenti del volto. Chiedeva insistentemente di rompere il silenzio facendoci spiegazzare i soliti fogli. Silenzio invece si è fatto quando si é allontanato dal cavalletto portandosi in fondo al salone. Con lo scambio di alcune frasi ci ha rassicurati che ora nessun vivente era presso il quadro, Breve pausa e poi, dal mio posto assai ravvicinato, ha seguito in piena lucidità la inconfondibile ripresa dell’impiego di pennelli e spatola li vicino a me, in direzione della sedia-cavalletto, per una durata che ho giudicato di un centinaio di secondi. Il buio era sempre completo. Gli strumenti venivano adoperati vigorosamente e ricadevano con chiaro suono sul pavimento di legno, come lasciati cadere quando non servivano più. Era anche udibile il caratteristico strofinio dei pennelli sul cartone. Temevo, ora che la fattura del quadro promesso era sicura, che saremmo stati costretti a ipocrite congratulazioni di fronte a un risultato scarsamente caratterizzato e significativo, ma non conoscevo affatto Ravier e assai poco Rol. Il quale al cessare di ogni segno di operosità ha chiesto dato fondo la luce, si é avvicinato a gran passi, indubbiamente trionfante, ha preso il quadro e l’ha quasi gettato sul tappeto al centro del salone. Nessun pericolo per la fama di Ravier: il lavoro è apparso subito di eccellente fattura, minuzioso e delicato, con magistrali effetti di luce insieme a un velo di nebbia diffuso sul paesaggio. Buona è stata giudicata l’aderenza al tema estemporaneo.

Anche il giorno dopo Rol non si stancava di ammirare questa creatura del sensitivo che è in lui, non del pittore. Con molta cortesia ha voluto anche farmi conoscere la sua raccolta intitolata a Ravier. Avviandomi ad esaminarla mi sono ricordato che nella fase per lui più impegnata avevo notato un ispessimento e rigonfiamento della sua testa, che per natura ha regolare e ben proporzionata. Mi è venuto naturale di chiedergli se Ravier possedeva per caso una testa molto grossa e se poteva mostrarmela in fotografia o ritratto. Nello sfogliate l’album ho trovato due ritratti del pittore lionese in età diverse. Quello più tardo, a parte un gran cespuglio di capelli intorno al capo che il vivo non ha, mi ha fatto esclamare spontaneamente: “Ma questa é proprio la faccia che ho visto ieri sera china sulla tavolozza!”.

Nell’album ho anche ritrovato diversi particolari del quadretto metapsichico, specie il motivo di due torri lontane che dovevano essere care al defunto perché le ha inserite in varie opere, e che era sorto ai miei occhi nella fase del correre convulso della matita di Rol, che in quel momento non disegnava certo per conto suo ma inseguiva brani staccati di un’invenzione che si era formata altrove e alla quale prestava la mano per le parti non eseguibili, spiritualisticamente. Qualora fosse fotografato e stampato a seppia, il nuovo quadro del 1966 (30 aprile) non si sarebbe distinto dagli altri della raccolta. Sulla probabile trasfigurazione il sensitivo è stato piuttosto sommaria: ha detto solo che la esigenza del buio non è condizione necessaria ma solo ripiego prudente, perché sa benissimo che si danno in questi casi varie materializzazioni e non vuole far correre alte brave persone della sua cerchia abituale i pericoli di contraccolpi psichici troppo violenti».

Maria Luisa Giordano:

«Mentre mi stava parlando, Rol mi pareva diverso, trasfigurato, mi sembrava di avere davanti a me Ravier in persona, ne aveva preso le sembianze, lo vedevo dipingere alla luce di una lanterna».

 

TRATTO DALL’UOMO DELL’IMPOSSIBILE di Franco Rol