POSSIBILITA’ : TELECINESI 1° PARTE

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Telecinesi

1. Jorio (Pierlorenzo Rappelli):

«Un avvocato di Torino, che desidera mantenere l’incognito e che da anni segue gli esperimenti di Rol, racconta a sua volta: “(…) A casa mia, un busto di marmo che pesa una ventina di chili si portò, dal caminetto, al centro del tavolo senza che nessuno si fosse mosso».

(Bis) Pierlorenzo Rappelli:

«Una sera Gustavo — eravamo in casa nostra, nella sala da pranzo, c’era un tavolo di marmo in cui facevamo gli esperimenti, di fianco a noi una consolle sulla quale c’era un busto di Napoleone in pietra che pesava una quindicina di kg perché doveva essere grosso modo 40 cm di altezza e 20/30 cm di larghezza. Durante l’esperimento Gustavo ordina allo spirito intelligente che si era manifestato in uno degli scritti di trasportare il busto di Napoleone sul tavolo e lo spirito intelligente non esegui immediatamente è Gustavo, con un tono estremamente perentorio ha detto: “Sono il numero 5: lo ordino!” e all’istante questo busto si è trasportato dalla consolle sulla quale si trovava, sulla tavola, facendo un metro e mezzo di “salto” se si può dire. Nessuno di noi può averlo preso o posato perché c’eravamo tutti seduti intorno al tavolo e un busto che pesa una quindicina di kili non lo si prende certamente con un dito per poterlo mettere sulla tavola. Ora, si può dare la spiegazione che Gustavo ci aveva tutti ipnotizzati, poi è andato a prendere il busto e lo ha messo sulla tavola. Se si vuole dare una spiegazione del genere evidentemente la si può dare. Non credo che sia logica e [credo] che non abbia nessun fondamento».

Un giorno che siamo entrati in un locale pubblico la porta si è aperta da sola davanti a noi senza che nessuno la toccasse e quando gliel’ho fatto notare mi ha detto: “Ah, mi fa piacere che lo hai notato”».

«Più volte è intervenuto in sala parto: il prof. Poini, di Torino, è un suo caro amico che molte volte gli ha chiesto di intervenire. I medici ne potranno chiedere conferma al prof. Poini. Si è verificato che con un semplice gesto a distanza, il dottor Rol riusciva a far rotare nell’utero della partoriente, il neonato, in modo che la presentazione fosse tale da favorire il parto».

2.Cesare Romiti:

«L’ho visto spostare a distanza un paio di occhiali caduti a una signora sua ospite».

3. Ermenilda Magnetti:

«Una volta, nella penombra, ho visto spostarsi due vasi in aria».

4. Boni (Luciana Frassati):

«La Frassati me ne ha raccontata una di Rol, l’unica cosa che ha visto. Mi ha detto che con Rol si sono trovati a Parigi insieme. Lui cercava un disco con la marcia di Napoleone. Lei conosceva un negozietto di dischi, un negozietto polveroso, da mercato delle pulci. E allora gli dice: “Tu che cerchi una marcia dei soldati di Napoleone, guarda che li dentro può darsi che trovi qualcosa”, e insieme sono entrati in questo negozietto. Rol chiede al negoziante se avevano questo disco: “Qualcosa devo avere” — gli risponde -­”ma non so se sarà facile trovarlo” ed inizia ad andare alla ricerca, perdendosi nei meandri polverosi e scuri del negozio. Dopo aver rovistato un po’ in giro, si rivolge a Rol e gli dice: “Guardi, so che ce l’ho ma proprio non lo trovo”. Allora Rol gli risponde: “Ma senta, forse è meglio che provveda io” e a questo punto Luciana Frassati ha visto uscire da uno scaffale un disco, che era ammucchiato insieme ad altri, e quindi volteggiare fino al banco, dove si è depositato. Il negoziante aveva i capelli dritti… Ed era proprio la marcia dell’armata di Napoleone, il disco che cercava Rol.

5. Federico Fellini:

«Un giorno a Torino, era freddo, tirava vento, e io sento subito freddo in testa, entro in una cappelleria per comprarmi un cappelluccio con cui ripararmi. Ero con l’amico Rol, un amico mago, che è restato ad aspettarmi fuori. Ho detto al proprietario che cappello volevo, una specie di cloche, molto leggera, da appoggiare in testa come un fazzoletto, ma che, a differenza della cloche classica, avesse la tesa rigida, più sostenuta, che restasse alzata. Lo volevo così, un po’ casual, con un disegno di scacchi sulle tonalità del grigio. Un cappelluccio inglese senza pretese che servisse a scaldarmi la testa. Il cappellaio, ossequioso, cominciò a ad estrarmene diversi, ma nessuno come lo volevo io. Tirava fuori eleganti Borsalino, lobbie austere, feluche, baschi di tutti i tipi. Qualcuno lo provavo per compiacerlo, per non mortificarlo, e poi sbirciavo fuori della vetrina, dove c’era Rol, per cercare la sua approvazione. Lui mi faceva invece dei plateali segni di diniego col braccio. Non ce n’era nessuno che gli piacesse. Ho ringraziato il gentile proprietario e sono Uscito. Poco più in là, sotto i portici, siamo entrati in un’altra cappelleria, un antico negozio, nobilissimo, con un suo prestigio commerciale maturato nella capitale del regno, forse erano i fornitori di corte, chissà. Uno di quei negozi che si incontrano a Londra in Oxford Street, o a Milano, nelle grandi capitali, dove non puoi non trovare quello che cerchi. E invece ancora una volta avevo scelto male perché la commessa, gentilissima, con un grembiule di satin nero, affabilmente, ma con la fermezza di chi conosce la propria professione e il posto di lavoro in cui passa la vita, escludeva di potermi accontentare; non avevano il cappelluccio come lo chiedevo io, non io avevano mai trattato, non c’era speranza. Ma Rol, che questa volta era entrato con me, senza badare troppo ai nostri convenevoli, si limitò a indicare qualcosa verso la parte alta di una scansia; le pareti del grande negozio erano interamente ricoperte di scaffalature, e le scaffalature ordinatamente stipate di scatole e cappelli. Lassù in cima, proprio sotto la volta del negozio, dove indicava Rol, una scatola si era affacciata, si era sporta dalla sua allineatura come se qualcuno l’avesse sospinta da dietro. “Guardi la, signorina, guardi lassù…” invitava Rol con la sua cadenza torinese, verso la scatola che si era come protesa verso di noi. Rimasi a guardare, con gli occhi rivolti al soffitto, mentre la commessa, indifferente e soltanto per compiacerci, saliva sulla scala per prendere il cappello indicato. Non era per niente stupita che una delle scatole, di sua iniziativa, avesse rotto il severo allineamento, né che dentro, una volta scesa, vi si trovasse esattamente, inequivocabilmente, il cappelluccio che io tentavo di descriverle da dieci minuti. Lo misi in testa contento: era proprio come io volevo io. Pagai e uscii. Soltanto una volta fuori, col tepore di quella lana leggera in testa e lo smarrito divertimento di un privilegialo davanti al prodigio, provai a farfugliare qualche domanda a RoI. Ma lui non ammise niente, rideva divertito, a sua volta stupito del mio stupore. Non volle mai ammettere di aver avuto una qualche parte nell’acquisto di quel cappello; ancora oggi dice di non ricordarsi di essere mai stato con me da un cappellaio, nega ogni addebito, dice che sono io che fantastico attorno alle cose. Ma un giorno, se mi capita, voglio raccontargli il seguito della storia, perché quel cappelluccio che ancora indosso nelle giornate rigide, d’inverno, é stato protagonista di vicende in cui c’entra per forza la magia, come nelle favole, e che mi piacerebbe rendere note, se potessi».

6. Pitigrilli:

«Una sera eravamo in casa del giornalista pittore Enrico Gianeri-Gec. Qualche bicchiere di whisky aveva rallentato in Rol i controlli. Dopo alcuni esperimenti Rol disse: “Gec, lei mi è simpatico; finora ha visto esperimenti di primo e secondo grado. Le offro qualcosa di più. Prenda un mazzo di carte qualunque, lo tenga stretto tra le sue mani. Ripeta la seguenti parole (e gli recitò una formula che non trascrivo). Il giornalista ripeté la formula e tutte le carte del mazzo furono proiettate a ventaglio.

7. Fratello del dr. Franco Bona:

«Poiché doveva tirare fuori da ogni mazzo una carta di un certo valore e seme (non ricordo più quale), fra il mio stupore e smarrimento vidi che le carte saltellavano da sole fuori dal mazzo, cosi (fa il gesto) una dietro l’altra e naturalmente si muovevano sola quelle ricercate e richieste e si disponevano come desiderato da Rol»

8. Furio Fasolo (n.p.):

«Un notissimo pittore torinese, che frequentò a lungo il dottor Rol, mi aveva assicurato: “Da lui c’è da attendersi di tutto. (…). Una volta vidi Rol far restare sollevate nell’aria carte da gioco, che si erano sollevate da sé, senza che egli le toccasse. Era bastato un suo ordine».

9. Alessandro Uboldi:

«Ho visto per due volte tremare la carta in cima al mazzo (carta che corrispondeva a quella scelta in precedenza in un altro mazzo), e Gustavo mi ha detto che pochi se ne accorgevano».

Fonte ” l’uomo dell’impossibile” di Franco Rol