POSSIBILITA’ : MATERIALIZZAZIONI DIPINTI-DISEGNI (2)

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Alfredo Ferraro:

«Il “clou” della serata ebbe inizio con la distribuzione a ciascuno dei presenti (eravamo in cinque oltre a Rol), di due fogli bianchi, tolti da una risma nuova. Lo sperimentatore che, in questo caso è anche soggetto, mi domandò un numero; risposi “tre”. Egli tracciò allora su un foglio la terza lettera dell’alfabeto. Dai mio vicino (dottor Gaito) volle una parola qualsiasi con questa iniziale. L’interpellato rispose “cavallo”. Di tale parola Rol contò le lettere: “sette” esclamò, e scrisse la settima lettera dell’alfabeto: “G”. Per definire una seconda lettera, mi diede uno dei due mazzi, come al solito da mescolare e tagliare. Ciò fatto, glielo restituii; ne fece fare cinque mucchietti più o meno uguali, e m’invitò a prenderne uno a caso. Operata la scelta, mescolai ancora e tolsi poi le prime quattro carte, disponendole davanti a me. Fra di esse dovetti sceglierne una: era il due di fiori. Rol, essendo il tavolo piuttosto lungo, non poteva vedere, ma disse: “Due è anche la somma finale delle quattro carte”. Ed era vero: il totale risultava appunto 2, e l + 1 è 2. Venne pertanto presa la seconda lettera dell’alfabeto che, assieme alla precedente, formava le iniziali G.B. dello “spirito intelligente” che quella sera sarebbe intervenuto a confermare la realtà della teoria rolliana. “Chi sarà?”, domandò Rol, e non mi stupii. Il dottor Gaito chiese: “Pub anche essere un moderno?”. Rol lo fissò in modo penetrante: “Che vuol dire `moderno’?’; il medico rispose: “Intendevo dire vivente”. Gustavo gli fece notare l’irrazionalità del termine, sottolineando tuttavia che se lo stesso era stato usato, una ragione doveva pur esserci: lo “spirito intelligente” di Gaito aveva voluto farci comprendere che si sarebbe trattato di un artista, ovviamente moderno. Per definire maggiormente il problema, Rol chiese che gli dettassimo dei nomi aventi “G” per iniziale; riuscimmo a metterne insieme trenta: occuparono interamente un foglio, su due colonne. Ciò fatto, mi fece prendere un mazzo di carte, preannunciandomi che, dopo d’averlo mescolato e tagliato, avrei dovuto prendere le prime due; assegnando il significato di “zero” alle figure fante, donna e re, esse ci avrebbero dato, con un numero di due cifre, il nome da scegliere. io operai come mi fu richiesto e uscirono un asso e un due, ovvero dodici. Nell’elenco che era stato precedentemente compilato, il dodicesimo nome era “Giorgio”. A questo punto, si trattava di trovare un artista moderno di nome Giorgio e di cognome avente “B” per iniziale. Poiché nessuno riusciva tra i suoi ricordi, a estrarre qualcosa, la signora Visca prese un libro d’arte e, dall’indice alfabetico degli autori, emerse il solo riportato con quelle iniziali: Georges Braque. E psicograficamcnte, tramite la mano di Rol, lo “spirito intelligente” di Braque diede conferma. Si ebbe anche qualche risposta pungente a commenti sulla sua pittura e vennero richiesti, per darci una prova con “Des roses blanches” (ossia, con delle rose bianche}, dei colori: del blu, del nero e del Fianco, oltre a un po’ d’acqua. Era giunto il momento d’utilizzare i fogli che avevamo davanti a noi. Ci fu detto di ripiegarli, e lo facemmo dopo attento esame. Successivamente li radunammo vicinissimo a me, sicché potei ben controllare io stesso ­prestando la massima attenzione – li collocai in ordine casuale. Su di essi venne collocato il recipiente con l’acqua, dalla cui base però sporgevano: d’altra parte, nessuno li toccò. Rol, avvicinatosi con una matita nella mano destra e i tre tubetti di colore nella sinistra, manovrò la prima al di sopra del tutto, come se effettivamente disegnasse. Senza aprire i tubetti di colore, fece l’atto d’estrarne il contenuto e, pur non toccando l’acqua, mimò di spruzzarne dall’alto. Dopo qualche secondo, controllammo la prima copia di fogli: su uno di essi e verso l’interno v’era un disegno a guazzo che mi lasciò in dono, e che conservo come una delle più sicure prove in mio possesso, della realtà del paranormale. Su un ripiano, dei vasi con rose bianche, i colori soltanto i tre menzionati e il parere degli esperti, concordi nel riconoscere inequivocabilmente, in quella piccola pittura, la mano di Braque.

[Più avanti nel Testo, Ferraro commenta:]

Quando al dottor Gaito venne chiesta una parola cominciante per “C”, rispose col vocabolo che – penso – avrebbero proposto ottanta persone su cento: “cavallo”. Credo che in un procedimento basato sui trucco, sarebbe stata scelta una parola meno comune. E fu anche interessante il fatto per cui, nel corso della prova, l’interesse di Rol sia stato a un certo momento attratto da un vaso con delle rose, tanto che il suo temperamento artistico lo spinse a schizzarle sul foglio. Indubbiamente un impulso creativo emerso per qualche istante, aveva soppiantato il procedimento paranormale. Quando sulla carta compariva soltanto la coppia di lettere G.B., pensai che scherzasse, allorché chiese: “Chi sarà?”. Mi resi poi conto – ed è per questo che l’ho detto spettatore come noi – che non sapeva rispondere.  Il fatto che Tutto sia avvenuto alla luce, che io abbia potuto controllare perfettamente e che le persone presenti fossero tutte degne della massima fiducia, sono punti che mi diedero ogni garanzia, in aggiunta alla certezza circa le formidabili facoltà di Rol. Non serve per convincere gli scettici, raccontare qualcosa di più. Caso mai, questi ultimi – una buona volta ­dovrebbero dirci per quali motivi Rol mistificherebbe. Una ragione, forse, dell’opposizione d’alcuni esiste, e sarebbe una reazione alle difficoltà di partecipare a sedute, indubbiamente assai allettanti per chiunque_ Ma – a proposito – voglio dire qualcosa. E comprensibile come un concatenamento di casualità quali quelle elencate, e sempre sfocianti in un successo apparentemente aleatorio, richieda un allineamento degli psichismi dei presenti del tutta eccezionale. Ne è conferma il fatto che, nel corso della seduta, nonostante l’amicizia che già mi legava a Rol da oltre tre anni, il singolare affiatamento confermato dal ricevimento della poesia in psicografia diretta e l’aver io giri presenziato ad altri esperimenti sia pure più semplici, l’amico m’abbia detto a un certo momento che la mia presenza gli da disagio. Un disagio — ovviamente — che non risiedeva se non in un rapporto psichico ancora rudimentale, di fronte a fenomeni di tanto rilievo. È pertanto necessario considerare che le manifestazioni in argomento, anche se apparentemente facili a prodursi, data la loro ricorrenza e l’infallibilità dei risultati, sono sempre subordinate a componenti spontanee che Rol ha il pregio di saper cogliere quando ne è il caso ed è per questo che — davanti a chi non lo conosce o a chi lo conosce solo superficialmente esso può apparire imprevedibile e, talvolta, persino brutale»,

Giuditta Miscioscia:

«Un giorno riuscii a portarlo a casa di una signora molto anziana, che viveva sola. Aveva perduto il suo unico figlio durante la seconda guerra mondiale. E in quel periodo aveva perduto anche tutti i ricordi, perché il suo appartamento era stato bombardato. Del figlio, che amava moltissimo, non le era rimasta neppure una fotografia. Ma il suo desiderio di poterlo vedere l’aveva spinta a “inventarsene” una. Aveva ritagliato da un giornate l’immagine di un giovane soldato che, in qualche modo, aveva la taglia di suo figlio, l’aveva incorniciata e la teneva appesa alla parete del salotto. Quella donna fu felicissima di poter vedere il dottor Rol. Cominciò subito a parlargli di suo figlio, di come era bravo, bello, forte, intelligente. Rol camminava per il salotto concentrato. Vide la foto del  soldato e si sofferma ad osservarla. “Questo non è suo figlio”, disse. “No, non è lui”, sospirò la donna. “Purtroppo non mi è rimasta neppure una foto di mio figlio, ma quell’immagine gli assomiglia e allora la tengo Il, mi aiuta a pensare a lui”. La donna continuò a parlare e Rol passeggiava concentrato. A un certo momento la interruppe e le chiese: “ha una cornice?”. “Certamente”, disse la signora. “La prenda, ci metta dentro un bel foglio di carta bianca e poi la sigilli”. La signora andò in cerca della cornice ed esegui gli ordini di Rol. “Come si chiamava suo figlio?”, chiese Rol “Giacomo”, disse la signora. “Se potesse apparirle, come vorrebbe vederlo?”, chiese Rol. La signora rimase in silenzio, non sapeva cosa rispondere a quella strana domanda e alla fine sospirò con un filo di voce: “Non lo so, vorrei che stesse qui, vicino al mio cuore”. Rol era commosso. Vidi che stringeva forte le labbra. Dopo qualche attimo, disse alla signora: “Guardi il foglio nella cornice”. La signora prese la cornice che aveva messo sul tavolo e soffoca un singhiozzo. Dentro la camice non vi era più il foglio bianco ma una splendida foto con l’immagine di lei sorridente che stringeva tra le braccia un soldato. “È lui, o lui”, disse la signora tra le lacrime, “è mio figlio”».

Maria Luisa Giordano:

«Una sera Gustavo ci telefonò: sarebbe venuto a casa nostra con Federico Fellini. (…). Mi avverti di preparare, oltre ai soliti marzi di carte, anche dei fogli di carta extra strong, colori a tempera, pennelli e un bicchiere d’acqua. Dopo diversi esperimenti con le carte, mi chiese di spegnere la luce centrale, Lasciando acceso l’abat-jour. Federico scelse un foglio, lo piegò in quattro e se lo mise nella tasca interna della giacca. C’era molta suspense: oltre ai soliti crepitii nei mobili, sentimmo anche il tavolo ondeggiare e quasi sollevarsi. Rol ripeté la formula di rito: ‘je suis le numero cinq”, poi sorrise con molta affabilità e si mise a conversare in francese. Rivolgendosi a noi ci disse che ci trovavamo in presenza di Auguste Francois Ravier e che il grande pittore impressionista francese desiderava donare a Fellini un suo quadro. Rol, mentre tracciava nell’aria strani segni con i pennelli, come se dipingesse, continuava a colloquiare col pittore, poi, all’improvviso si fermò e disse: “E finito, è finito”, e, con molta deferenza, salutò Ravier e lo ringraziò per il  dono. Emozionati riaccendemmo le luci per poter ammirare il dipinto che si era materializzato nella tasca di Federico.Tutti ci affollammo trepidamente attorno al meraviglioso tramonto infuocato sulla campagna francese, ma lui ci ammoni: “Non toccatelo, i colori sono ancora bagnati”. lo corsi a prendere il phon per asciugarlo e per l’emozione mi tremavano talmente le mani che non riuscii a toccare il foglio sui quale Gustavo scrisse: “Hommage à Ravier”, e la data dell’esperimento, poi, rivolgendosi a Fellini, aggiunse: “E tuo, il maestro ti permette di tenerlo”. Federico e Gustavo si abbracciarono commossi, infine Rol alzò lo sguardo verso l’alto e con voce ispirata esclamò: “Mio Dio, confuso e indegno di tanta grazia, ti ringrazio ancora una volta per questo prodigio”».

TRATTI DALL'”UOMO DELL’IMPOSSIBILE” A CURA DI FRANCO ROL