POSSIBILITA’ : ALTERAZIONE SPAZIO TEMPORALE

 

Alterazione spaziotemporale

Anne Andronikof

Io ero piccola, l’episodio mi è stato raccontato da mia madre Natalia. Una sera siamo partiti da Parigi per andare a Lione. Eravamo in macchina, mia madre era alla guida, Rol di fianco ed io sui sedili posteriori. Ad un certo punto Rol dice: “Sono le 20.00, dobbiamo essere a Lione per le 20,30”, e mia madre: “Ma Gustavo, non è possibile, siamo appena partiti, ci vogliono almeno tre ore?” e Rol: “Voglio far visita alla tomba di Ravier vicino a Lione e il cimitero chiude alle 21.00”. “Beh, possiamo andare domani..” suggerisce mia madre. “No, no, ce la possiamo fare…” “Ma Gustavo, è impossibile…” Rol rimane silenzioso. A questo punto mia madre mi ha detto che, non sapendo assolutamente come, si è ritrovata (lei, noi e la macchina) alla periferia di Lione. E Rol, quasi facendo finta di niente, le chiede: “Natalia, che ore sono?” E mia madre, guardando l’orologio da polso, confusa dice: “Le 20,15…” e Rol: “Visto, te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta! Ancora una mezz’oretta e saremo al cimitero…”. Mia madre rimase “in stato confusionale” per un bel po’. Non riusciva a capire cosa era successo tra i due tempi, quello delle 24,00 e quello delle 20,15. Mi disse di aver avuto come una sensazione di amnesia oppure come se si fosse addormentata. Fatto sta che noi avevamo percorso iI tragitto Parigi-Lione in I5 minuti!».

Domenica Visca Schierano:

«Stavamo tornando da Ginevra, era il ’76 o il ’77, eravamo in macchina, lo ero alla guida, Gustavo di fianco e la moglie Elna dietro. Entriamo nel traforo del Monte Bianco. Ad un certo punto troviamo sulla nostra carreggiata dei lavori in corso. La nostra carreggiata era completamente ostruita. Ci siamo spostati sulla carreggiata di senso contrario per superare questi lavori. Poco dopo, vediamo giungere proprio davanti a noi una corriera, a un centinaio di metri di distanza. Ma la strada restava ancora ostruita, e non potevano rientrare. Prima ancora di potermi rendere conto che ci saremmo inevitabilmente scontrati, ci siamo ritrovati, non so come, di nuovo sulla nostra carreggiata, dopo il cantiere. 1 due momenti però non sono collegati, cioè c’è stata come una sospensione tra il momento (a) (noi nella carreggiata di fronte alla corriera) e il momento (b) (noi di nuovo sulla nostra carreggiata dopo i lavori). Mi ricordo solo che nessuno di noi parlò, né durante, né dopo. Inoltre ho avuto amnesia di questo episodio per molto tempo, perché me ne sono ricordata solo quando sono passata di nuovo dal Monte Bianco, qualche mese più tardi».

Catterina Ferrari;

«Stamattina mentre venivo in macchina, m’è venuto in mente una cosa che ho vissuto con lui, e che è chiusa nel mio cuore, e che non ho quasi penso mai raccontato a nessuno. E una cosa che scuote molto, ma è la verità, credetemi. È la verità. Allora.., io lo accompagnavo sovente a Aix-les-Bains ed a Mentone trascorrevamo un periodo di vacanza. Generalmente lui voleva partire dopo il 20 di agosto, un periodo che io ricordo.., un periodo molto gioioso. E mi ricordo una volta eravamo partiti e il tempo non era favorevole. A un certo punto, prima di entrare a Nizza — è tanto che non vado a Nizza — all’altezza della Turbie si scatena un temporale violento, e io stavo parlando col dottor Rol di cose molto profonde, di eternità e di sospensione nel vuoto. A un certo punto, io ve lo assicuro, la macchina è come se si fosse sollevata da terra, come se noi fossimo sospesi nel vuoto. Il dottor Rol mi ricordo che mi disse: “Potremmo anche andar dall’altra parte, ma non è ancora la nostra ora”. in quel momento la macchina è ritornata giù».

[In una conversazione tra lo Franco Rol  e Catterina Ferrari avvenuta nel settembre 2012,  ha fornito maggiori dettagli su questo episodio]

«Mentre ero alla guida e stava iniziando questo temporale, ho avuto la sensazione che la macchina si sollevasse, che fossimo sospesi… Intorno non vedevo più nulla, la strada, il panorama erano scomparsi, la macchina era come se galleggiasse nell’acqua, c’era silenzio, sentivo solo la voce di Gustavo. Si è trattato di una specie di sospensione spazio-temporale».

[Alla domanda se quindi si sia trattata di un fenomeno della coscienza oppure di un fenomeno prettamente fisica, ha risposto che era propensa a vederlo più come uno stato straordinario della coscienza]

«Dopo che Gustavo mi disse che avremmo potuto andare dall’altra parte, nell”aldilà”, e che io gli risposi che con lui ci sarei andata, la macchina si ritrovò di nuovo in strada, e i suoni dei temporale erano tornati».

M.:

«Doveva essere il 1933, mi ero appena trasferito a Torino per motivi di Lavoro. Un venerdì sera in pieno inverno, mio padre ed io veniamo invitati a una piccola festa che si teneva in un ampio ed elegante appartamento della Crocetta. Le circa venti persone presenti, tutte ben più anziane del sottoscritto, facevano capannello attorno a un signore di una certa età piuttosto alto e molto distinto che aveva l’aspetto di un importante dirigente d’azienda. Qualcuno lo chiamava maestro, molti avevano attenzioni soltanto per lui. Mi siedo da solo su un divano per bere qualcosa, quell’individuo si piazza davanti a me, su un piccolo divanetto che si trovava a una distanza di un paio di metri, e comincia a guardarmi. Sbatto le palpebre, e lui scompare; era in piedi, nell’angolo opposto dell’ampio salone. Qualche secondo dopo, tempo di socchiudere per un attimo gli occhi, si trovava nuovamente li, di fronte a me, sistemato sul solito divano. Mi sono spaventato, ho pensato di soffrire di allucinazioni o di aver bevuto qualcosa che mi aveva fatto male, in realtà sono astemio e si trattava di una semplice coca cola con una fetta di limone. Mi sono alzato, ho salutato mio padre e il proprietario dell’appartamento, e ho preferito tornarmene a casa di gran fretta. Soltanto qualche tempo dopo ho capito chi era quello strano tipo».

Elemire Zolla:

«Un giorno si presentò a casa mia. Si apri la porta, e c’era il vuoto: quell’ometto calvo era già in salotto. Un piccolo saggio della sua abilità».

Maria Luisa Giordano:

«La sera del 27 giugno 1987 successe un fatto incredibile, straordinario, che ci impressionò moltissimo e a cui ancora oggi non riusciamo quasi a credere. Stavamo riaccompagnando a casa Gustavo dopo aver fatta delle commissioni, io ero alla guida, al mio fianco sedeva Gustavo, Gigi era seduto sul sedile posteriore. Nelle immediate vicinanze di casa sua un’automobile che arrivava da via Baretti non rispettò la precedenza. Non potevo fermarmi, cercai allora di accelerare, lo scontro era inevitabile ed eravamo preparati al peggio. Invece miracolosamente non accadde niente di tutto questo: l’altra macchina si era smaterializzata e poi di nuovo materializzata, non vi è altra spiegazione. Eravamo sbigottiti, con il cuore in tumulto, guardammo Rol che era molto alterato, agitatissimo, dalle sue mani uscivano dei raggi luminosi. Ci gridò: “Guardate le mie mani“, poi soggiunse, “accosta subito vicino al marciapiede. Diciamo tre Ave Maria per lo scampato pericolo, è stato un vero miracolo”. Se non l’avessimo vissuto e ce lo avessero solo raccontato, non l’avremmo creduto possibile».

Luigi Giordano:

«Ci siamo trovati su una macchina guidata da mia moglie e io ero seduto dietro [e Gustavo davanti e ci siamo trovati improvvisamente una macchina davanti che veniva in senso contrario. E naturalmente terrificante vedere una macchina che le piomba addosso — frazioni di secondo. lo ricordo solo dei grandi raggi di luce che sono partiti dalle mani di Gustavo, poi mi sono come sentito etereo, come il mio corpo non esistesse più. E dopo alcuni istanti invece abbiamo ripreso forma, sia la macchina che io. Eravamo tutti emozionati, sudati e spaventati. Gustavo stesso era atterrito. Ha fatto fermare, e ha voluto che ringraziassimo il Signore dicendo una preghiera, perché il pericolo che avevamo scampato era stato veramente grande. E quello che è impressionante è questi raggi di luce che sprigionavano dalle sue mani e che sono quelli che probabilmente hanno ottenuto questa materializzazione e rimaterializzazione passato l’ostacolo».

Pierlorenzo Rappelli:

«Una sera noi dovevamo trovarci in casa mia con un amico [Alessandro Uboldi], che per diversi giorni aspettava di incontrare Rol per la prima volta, e questo ingegnere, che lavorava all’Olivetti, veniva da Ivrea per rientrare a Torino, e alla sera doveva venire da noi. Un amico di lunga data, E in viaggio, in macchina, era solo, venendo da Ivrea, in un tunnel, sorpassa un camion e si trova un camion in faccia che non ha visto arrivare. Praticamente lo scontro era inevitabile. Ha chiuso gli occhi, e non sa come si è trovato con la macchina al di là del tunnel, e non c’era più un camion né in un senso né nell’altro, Non ha detto niente a nessuno, neanche a sua moglie quando è arrivato a casa. Poi la sera viene da noi, parliamo con Gustavo, glielo presentiamo, discutiamo e prima di fare gli esperimenti Gustavo d’un colpo lo guarda severamente e gli fa una filippica dicendogli esattamente quello che era successo nel pomeriggio e dicendogli che era un incosciente di sorpassare un camion senza avere la visibilità, e che se non ci fosse stato un intervento diverso quella sera li non poteva essere ira di noi perché sarebbe certamente morto in uno scontro. Ora un episodio di questo genere nessuno di noi lo sapeva, Sandro non ne aveva parlato con nessuno, aveva vissuto questa situazione inattesa e inesplicabile in cui si era ritrovato fuori dal tunnel con la macchina senza che ci fosse stato l’incidente, quindi se Gustavo non lo avesse captato e non avesse potuto fare qualche cosa per evitargli l’incidente non avrebbe potuto saperlo. Ora evidentemente la spiegazione non c’è di come Gustavo ha fatto a evitare l’incidente_ O se non si può trovare la spiegazione che la macchina è stata smaterializzata e rimaterializzata cento metri pita in là, come gli ho visto smaterializzare delle cose e rimaterializzare delle cose, degli oggetti…».

Alessandro Uboldi:

«Avevo appuntamento a casa dei coniugi Rappelli, stavo venendo in macchina da Ivrea. Ero in ritardo e andavo a velocità sostenuta, sui 180 all’ora. Appena entrato in un tunnel mi trovo di fronte, sulla corsia di sorpasso, un altro veicolo (sul mio stesso senso di marcia) che stava sorpassando, ma andava molto più lentamente. Ho immediatamente frenato, rischiando quasi certamente il tamponamento. Sono praticamente finito attaccato al suo parafanghi. Ho davvero temuto Io scontro. Arrivo poi a casa Rappelli, e Rol mi dice: “Sei quasi morto, se non ci fossi stato io che ti riportavo indietro”. Gli chiedo se sa anche dove è Accaduto, mi dice: “Si, in un tunnel”. Poi per dimostrarmi di essere a conoscenza di quanto accaduto, aggiunge; “Te lo dimostro subito”. Siamo andati al tavolo dove c’erano 8 mazzi di carte. Mi dice di sceglierne uno. Quindi di mescolarlo e poi fame 4 mucchietti. Mi fa scegliere uno dei 4 mucchietti e mi dice: “Ricordati che cuori è vita, picche è morte. Ora giralo”. Io giro il mucchietto e trovo che ci sono 13 carte di picche».

Giovanna Demeglio:

«[L’agire di Gustavo Rol era volto a] sorreggere, soccorrere, aiutare chi in un certo momento si trovava nel bisogno.

Non mancava di suscitare il mio stupore quando il suo atteggiamento era assente, perso in chissà quali lontani mondi. Un giorno, proprio in un momento simile, avvenne un fatto straordinario in cui fui coinvolta. Nell’avvertire la mia preoccupazione mi si rivolse cosi: “Allora Giovannina, vieni con me”. Io lo guardai negli occhi, mi prese per mano e in men che non si dica mi ritrovai in sua compagnia per le strade di Parigi.

Ricordo ogni particolare: la passeggiata lungo la Senna, l’entrata a Notre Dame, la visita al Louvre; sotto la Piramide di cristallo mi fece intendere l’importanza di questa struttura emanante positività e bellezza. Incontrammo persone con cui Gustavo s’intrattenne a discorrere tranquillamente. La colazione ai bistrò, la musica delle orchestre per le strade, il profumo dei fiori e pure la stanchezza per il tanto camminare. A un certo punto con espressione divertita Gustavo disse: “Giovannina è ora di tornare”. Mi ritrovai in negozio, accanto a lui sorridente e felice come un bambino; osservandomi di sottecchi mi chiese: “Allora ti è piaciuto? Non è stato straordinario?”

Non risposi, mi sentivo stordita per non dire sconvolta, ma anche fortunata per avere avuto il privilegio di un’esperienza straordinaria. Lui è fatto così? Mi ripetevo in continuazione per persuadere me stessa».

TRATTO DALL’UOMO DELL’IMPOSSIBILE di Franco Rol