ARTICOLI [Franco Rol (2)]:

Questo articolo apparso sul giornale mistero nell’agosto 2021 è molto importante, Franco Rol da delle delucidazioni “illuminanti”,  con la trascrizione di una registrazione su come Rol iniziò… e non solo. L’articolo è riassunto e diviso in paragrafi, ma se ne consiglia il reperimento sul web.

Nel luglio 1927 Gustavo Adolfo Rol scriveva nella sua agenda di lavoro: <<Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura».

Fu probabilmente tra il 1934 e il 1939 che Rol andò per la prima volta in India e Tibet. anche se non si hanno per ora conferme cronologiche. Vi andò non per intraprendere un cammino spiri­tuale o “in cerca di se stesso”. ma per trovare conferme a quanto già ave­va trovato e per parlare con qualcuno come lui.

Rol era un Buddha in cerca di un altro Buddha. qualcosa al limi­te dell’impossibilità statistica, vista la rarità di questo status psico-fisico-spirituale. Nono­stante siano anni che io ripeta ad nauseam che Rol fosse un illuminato (che è ciò che appun­to significa “Buddha”, da bodhi, illuminazione). giornalisti, disin­formati e testimoni non prossimi a lui continuano a usare le defi­nizioni sbagliate di cui sopra e che lui stesso in vita ha rigettato ripetutamente e a ragione. Proprio per­ché ne ho scritto e detto spesso, non insisterò ora su questo punto. Inqua­drare correttamente Rol a comincia­re dalle definizioni è però essenziale, perché facilita la comprensione di chi fosse così come la giustificazione e la spiegazione dei suoi molteplici “poteri paranormali” che lui chiamava semplicemente, ma in modo pertinen­te, possibilità Praticamente per tutti quelli che hanno scritto di lui Rol era un “mistero” – nessuno infatti lo ha spiegato o capito, ma solo testimonia­to – e questo è 1’indice dell’ignoranza occidentale che non sa riconoscere un Maestro che oltrepassa di gran lunga qualifiche adatte a personaggi di calibro ben inferiore e che con Rol hanno assai poco in comune se non qualche millesimo delle sue possibilità paranormali, che possono manifestar­si spontaneamente e saltuariamente anche in individui del tutto comuni, in altri che riescono a condizionare am­biente e persone attraverso rituali, in chi possieda vocazioni mistiche o in­fine in chi abbia appreso come entrare in trance, forzata alterazione dello stato di coscienza normale che met­te in comunicazione con piani diversi dall’ordinario, e che non è l’indice di al­cuna elevazione spirituale o saggezza, ma solo di un meccanismo psichico accessibile a chiunque senza grande preparazione, e che in quanto tale è soggetto alle influenze più diverse e senza alcun tipo di controllo, con con­traccolpi che possono essere anche gravi sul piano psicofisico.

Anche lui è stato punito per aver var­cato impreparato la soglia Punito non da una divinità irata – ciò che è quan­to le religioni spesso rappresentano e che va inteso solo simbolicamente – ma dal suo proprio corpo e dalla sua propria psiche, che hanno rigettato di default l’apertura a una dimensione sconfinata dell’Essere, come si riget­terebbe un nuovo organo trapiantato e che non fa parte di noi. Ad essere più precisi, è il “trapianto· di un nuovo cor­po tutto intero, quindi il rigetto è anco­ra più radicale. Chiudete gli occhi. Un calore intenso comincia a pervadere il vostro corpo. Non sarà che qualcosa intorno a noi sta andando a fuoco? O siamo noi? Mentre state per riaprirli, l’aria diventa gelida Un cielo terso blu scuro davanti a voi, e anche dietro, tut­to intorno. Siete sul bordo di un precipi­zio di cui non si vede il fondo nascosto da una nebbia impenetrabile. In alto il cielo stellato, anche se non è notte. Potreste cadere ad ogni istante, siete in precario equilibrio. La paura prende il sopravvento. Vi svegliate. Era solo un incubo. Ora siete tornati ad avere tutti i vostri usuali punti di riferimento, i vostri punti di appoggio, quelli ai quali i vostri sensi e la vostra mente vi hanno abituati, allenati da quando siete nati e dalle generazioni precedenti. È questa una immagine semplificata, allegorica, dell’accesso allo stato che Rol, in seguito, chiamerà coscienza sublime, ovvero «l’unione con l’As­soluto, un Tutto, un’interezza senza separazione alcuna».

(COSCIENZA SUBLIME)

È l’analogo del nirvana e del satori – anche questo l’ho ripetuto ad nauseam, ma forse è stato scambiato per mera opinione -vertice spirituale al quale, solo, si può accedere dopo una lunga, faticosa e ardua scalata. La velocità di salita è in­versamente proporzionale al ridimen­sionamento dell’ego: essa aumenta quanto più questo diminuisce. Quan­do c’è l’individuo non c’è il Tutto, quan­do c’è il Tutto non c’è 1’individuo. Tutti i mistici, chi più chi meno, hanno avuto accesso per poco o per molto a questa condizione. Nel Maestro illuminato essa è per­manente, o meglio, è permanente­mente disponibile e in una maniera che quasi appare invisibile e che “si attiva· in base alle circostanze. Egli vive contemporaneamente e na­turalmente in due mondi, non ha bisogno – per esprimere certe sue possibilità – di alcun rituale né ar­tificiosa pantomima (a meno che, come eccezione, egli non voglia comunicare qualche cosa di sim­bolico o suggerire indizi di ricerca al neofita). è orientato completamen­te ad aiutare gli altri. perché di nor­ma si sente indegno della fortuna che ha avuto – sbirciare nei segreti dell’Infinito – e vuole sdebitarsi nei confronti di chi gliel’ha concessa. ovvero il Tutto, al quale la devolve. La coscienza sublime è, nella tradizio­ne indù, sat-chit-ananda, essere-co­scienza-beatitudine. come beatitudine è quella che sperimenta il paracaduti­sta in caduta libera. Ma come potreb­be essere beatitudine per chi venisse scaraventato a sua insaputa giù da un aereo per la prima volta e senza alcun allenamento previo?

(IL RISVEGLIO)

Nel suo aspetto interno, sakti è conosciuta col nome di kundalini, raffigurata come un serpente addormentato alla base della colonna vertebrale (ovvero, nel centro sessuale, muladhara cakra) Si parla sovente di “risveglio” senza sa­pere da cosa derivi tale espressione, associandolo a un secondario signifi­cato di non essere più addormentato, ovvero di vedere la vera realtà. È certo anche così, tuttavia è primariamente qualcosa di meno astratto, è il risve­glio di questo ·serpente”, l’attivazione dell’impulso sessuale non rivolto ver­so l’esterno come di consueto ma che si sublima internamente verso l’alto, “attorcigliandosi” come nel simbolo del caduceo ermetico per esprimere il movimento spiraliforme dell’e­nergia, e attraversa gli altri cakra -processo che genera calore – fino a raggiungere il ·settimo cielo”, ov­vero il caka in cima alla testa noto come sahasrara, o loto dai mille petali. È il momento dell’illuminazio­ne, il quale conferisce come conse­guenza non cercata e gradualmen­te, percezioni e poteri super-normali che la tradizione indù chiama siddhi (perfezioni, compimenti), e che corrispondono appunto alle possibilità di G. A. Rol.

(LA GRANDE SCOPERTA)

Gran parte di quanto stiamo di­cendo qui è inedito. E di inedito desideriamo pubblicare anche l’essenziale racconto seguente di Rol, trascrizione (qui parziale, per ragioni di spazio) da un discorso ( con qualche elemento già noto) da lui fatto nel 1975, di cui abbiamo la registrazione: «Un giorno mi ricordo ero a Marsi­glia, e lavoravo alla Banca Commer­ciale Italiana (.). Passavo sabato pomeriggio(..) al vecchio porto (..), pioveva a dirotto. Dopo il temporale un enorme arcobaleno partiva da Notre-Dame-de-la-Garde e attraver­sava Pont transbordeur e pareva che abbracciasse tutta quanta Mar­siglia. (.) Dopo, distogliendo gli occhi dicevo: ·sono i sette colori dell’iride, ma come mai io ricordo solo il colo­re verde?”, pensavo all’arcobaleno e vedevo il colore verde, “ma che stra­no, eppure sono sette: rouge, orange, cyan, vert,jaune, indaco e violetto, son sette”_ E poi mi son detto( .. .): “Quel co­lore verde era quello di mezzo, il colore di mezzo … sono sette i colori, tre da una parte e tre dall’altra, e c’è quello di mezzo. Vediamo un pochettino, per quale motivo … mah, ci sarà un mo­tivo Perché quel verde?”(..) Poi da lì ho incominciato a pensare sul colore verde, sempre questo colore verde, co­lore di primavera. In ufficio le lampade sono verdi per non stancare gli occhi. I giocatori adoperano un tappeto ver­de, tutto verde. Poi mi sono ricordato di avere letto che il colore degli iniziati indiani era verde, che Napoleone ha voluto uno smeraldo il giorno della sua incoronazione, dicendo: “Il colore ver­de è il colore della forza, la mia livrea … ·, di Napoleone era verde la livrea – la giacchetta che lui aveva dei Cacciatori della Guardia. Perché? Perché il colore verde è segno di forza? Ragionavo, mi dicevo: “Chissà perché questo colore verde dev’essere così un segno di for­za”. Allora mi sono messo a dire – da lì passo è breve – “Sette volte ci sono colori (.. ), le note musicali sono sette (. .. ), ci dev’essere un rapporto tra le note musicali e il colore·. Quale rappor­to? Avevo studiato fisica, ero uno che amava leggere, sapevo che cos’è lo spettro solare (.. ). Allora mi son detto: “Scommetto … do, re, mi, fa, sol la, si( … ) che il fa corrisponde al verde. Intanto mi avevano trasferito a Parigi”».
Qui Rol, a casa del suo direttore ge­nerale Giuseppe Zuccoli, conosce de Broglie, probabilmente Maurice (non è del tutto chiaro dalla registrazione, ma escluderei per ora il premio Nobel Louis, suo fratello) noto fisico membro dell’accademia delle Scienze francese, studioso dei raggi X. «Allora una sera, ero a casa sua, gli ho chiesto se si poteva sapere, po­tevo vedere delle vibrazioni. Lui que­sto giovane ha voluto aiutarlo. Sono andato e difatti ho potuto misurare le lunghezze d’onda del colore verde, del verde puro, quello che si vede come un cristallo, che luccica. Vedrete che la prima volta che avete un lampada­rio davanti, che ci batte il sole, vedrete tutti i sette colori, ma il colore verde è quello che vi colpisce.
E ho visto che non corrispondeva per niente. E allora sono stato mol­to deluso, e mi son detto: “Come mai?”_ Poi, ho detto: “Numero cin­que? [numero ·centrale” rispetto a 1 e 9, n.d.a.] E se fosse una quinta musicale? Do, re, mi, fa, SOL? la, si. __ ._ E allora mi sono ricordato delle note del violino – perché suono il violino – allora la quinta musicale: ta-ra-via’ L’accordo dava la stessa vibrazione del colore verde. “Ah’ C’è un rappor­to”. Allora ho incominciato a dire: ·11 movimento è calore, dove c’è calore c’è vita, la vibrazione dava un movi­mento, vediamo: potenziale di calore che dà le vibrazioni”.
C’è un apparecchio formidabile, lo avete visto, lo danno anche ai bam­bini, c’è il vuoto, dentro il vuoto c’è un ago, c’è una paletta argentea e l’altra nera, e gira sempre, perché la luce da una parte assorbe, spinge e dall’altra emana, e allora quello gira [si riferi­sce al Radiometro di Crookes, n.d.a.]. Naturalmente sarebbe eterno, però si consuma il perno, dopo un certo numero di anni si ferma … c’è il vuoto assoluto sotto la campana. Allora ho potuto, lì all’lnstitut, stabilire il grado di calore trasmesso su di un capello .. poi ampliato moltissimo sulla placca di metallo sulla quale mettevo la mano e sentivo il tipo di calore. Allo­ra mi son detto: ·se uno riesce a imma­ginare il color verde”, ma il puro verde, il verde smeraldo, “nello stesso tempo immagina di sentire una quinta musi­cale”, qualunque sia, ·e immette in se stesso quella quantità di calore che le vibrazioni davano, l’uomo si mette in una condizione di percezione o di emanazione formidabile!”_ E mi son detto: ·come posso fare per saperlo?”_ Sempre il caso che mi aiuta. Passavo davanti a un tabaccaio – fumavo – sono andato a comprare le sigarette. In quel momento c’era un vecchietto che comprava (. .. ) un mazzo di carte. “\/ous les voulez rouge ou bleu?” [“Le volete rosse o blu?]”Dia un pacchetto di carte anche a me·.
Ritorno, vado a casa, e mi ricordo sem­pre ho tirato fuori i quattro dieci … E poi dico: “Sono due nere e due rosse. Te­niamo le due nere, pigliamo il più ros­so. Vediamo un po’ … mescolo. Allora io immagino … • – Prima ho fatto: “Rosso, il rosso è caldissimo, è rosso’ Queste son nere, son morte'” – Stabilito quello, le mescolo e dico: “Adesso io imma­gino di sentire la quinta musicale, di vedere il colore verde, percepire un ca­lore determinato … ·, guardo, era nera Ho provato dei mesi, non ci riuscivo, non ci riuscivo … Finalmente un giorno mi sono detto: “Se lo vuoi non lo puoi, sei ancora sulla Terra, in un corpo, que­sto corpo ha delle necessità, vivi in una dimensione, non puoi andare oltre·. E io allora ormai ho imparato che la car­ta rossa è percepibile, perché ho sta­bilito che è calda, e che la carta nera, viceversa, la carta nera no … mi chiesi: “Cosa faccio? Passo la mano e penso ad altro”, mi sono messo a pensare a una donna nuda, che era la cosa che in quel momento mi distraeva di più, all’età che c’avevo. Ho sentito di colpo che la mano si è fermata su di una car­ta, guardo, la carta rossa Provo due volte, tre volte, quattro volte, cinque volte, allora ho preso tutte le carte e mi dicevo: “Togliamo le figure” – ho tolto tutte le figure. perché nelle figure ci son dei rossi e degli scuri, imbrogliavano – ho preso tutte queste carte .. . “Rossa … nera. .. rossa. .. nera … rossa .. . Tutte’ Non è possibile Era il 27 di lu­glio del 1927, mi ricorderò sempre. poi sono arrivato [ad aggiungere] anche le figure subito dopo, perché c’era il se­gno sulle figure. Tutte e 521… 54 con i due jolly. Mi ricordo sono sceso – sta­vo in Rue des Marronniers – passato il Passy, scendo giù a Rue des Champs Elysées. erano le sei del pomeriggio, luglio, bella giornata, stupenda, guar­davo tutto, dicevo: “Sono il padrone, fra poco avrò tutto quello che voglio. Tutto’ Perché se faccio questa cosa qua. svilupperò, l’applicherò a chissà che cosa. Tutto quel che c’è di più bello sulla Terra, avrò la potenza. una cosa meravigliosa·. E camminavo. guardavo le vetrine. automobili, dicevo: “Ah’ adesso avrò tutto quello che voglio, non più lavorare”, eccetera … e avevo il mazzo di carte, ero andato a sedermi sulla panchina. c’è sempre quella pan­china negli Champs Elysées, davanti a Pavillon d’Armenonville, tutte le volte che vado a Parigi passo di r1 da quelle parti e ci dò un’occhiata, alla panchina. (.) Ed era notte, nella notte mi siedo su quella panca, davanti al Pavillon d’Ar­menonville, avevo fame, mi sono poi comprato uno di quei sandwich lunghi, me lo sono mangiato, me ne stavo lì contento, dico: “Adesso per stasera spendo tutto quello che c’è in tasca, domani incomincerò a pensare come mettere a profitto questa cosa”. E c’era una bella luna che batteva e c’era uno seduto, un vecchietto, un uomo:
“Monsieur, est ce-que vous avez l’heu­re?” signore, sapete che ore sono? Faccio vedere l’ora, pensavo a me allora gli dico: L’ora tale”.
Cieco… Ho incominciato a pensare: “Cieco … e allora posso diventare malato, cosa me ne faccio di tutta que­sta roba che possiederò?”, ero un po’ ridimensionato nel mio entusiasmo, mi ha fatto un po’ effetto questo cieco e sono andato a prendermi il metrò, sono andato a casa subito. Son torna­to a casa triste e dicevo: “Tutto quello che avrò … tanto devi lasciar tutto, devi morire, devi morire, devi morire, diven­tare cieco, puoi ammalarti, è una cosa momentanea”. Ero triste, tristissimo1 È stato un dramma. un dramma. (. . .) Fat­to sta che io poi sono venuto a Torino, ero in licenza perché sono stato malato, e sconsolatissimo andai qui da Padre Righini – avevo fatto gli stu­di al Sociale – dal gesuita, dico: “Sono molto infelice”.(.)
“Ma cosa c’hai?”.
Un santo, Padre Righini. Gli racconto la mia storia, dice:
“Medita, leggi il Vangelo, Dio ti illumi­nerà”.
Mi ha illuminato mia madre. Mia ma­dre è venuta su, a Santa Croce, qui sulla collina di Torino, e dice: • … ma tu non so cos’hai in quella testa’ Senti -perché le ho detto tutto – non avere paura di tutto quello che potrai avere con queste cose. se tu hai paura che queste ti ricordano che devi morire puoi evitarlo, dai agli altri quello che hai paura di dare a te stesso, dallo agli altri, e allora in quella maniera e vedi che è tutto utile E da quel momento ho inco­minciato a dare agli altri. È stata così la mia storia .. per quelli che credono».

Questa naturalmente è una parte della storia. Rol non poteva né voleva sve­lare tutto e comunque doveva essere sintetico (potrebbe inoltre aver sovrap­posto, in questo discorso a braccio a mezzo secolo di distanza dagli avve­nimenti di cui parla, le esperienze di Marsiglia e Parigi, perché in un suo scritto autografo del 1977 – posterio­re a questa registrazione – afferma di aver acquistato le carte dal tabaccaio a Marsiglia e non a Parigi, come risul­terebbe qui). La sinestesia indotta di verde visualizzato e quinta musicale sentita con l’orecchio interiore – analo­ga dell’OM indù che ha funzione identi­ca – crea condizioni mentali favorevoli di concentrazione che preparano il ri­sveglio di kuadalini, la quale è di fatto la protagonista principale, quella che “fa la differenza”, di questo racconto nelle vesti della «donna nuda», che “introdotta” durante la visualizzazione degli altri elementi dona loro ciò che gli manca, l’energia sessuale sublimata senza il cui contributo nessuna auten­tica realizzazione spirituale è degna di questo nome. Beninteso, perché occorre ripeterlo: non si tratta di una mera condizione psicologica in senso freudiano (Rol aveva affermato di es­sersi «spinto oltre la sfera delllstinto esplorata da Freud»). ma di una reale trasformazione psicofisica, un rivol­gimento neurologico che crea molte­plici nuove connessioni sinaptiche e attiva aree cerebrali prima inattive o non attive, in contemporanea. Parlare quindi di “illuminazione” non è più una metafora, ma una effettiva condizione neurologica.
Da lì in poi il buio si trasformò in luce, l’Illuminato Rol prese dimestichezza con ciò che prima gli faceva paura, spingendosi a sperimentare ed esplorare le potenzialità dello spirito-sakti, in grado di manifestarsi per suo tramite rendendo possibile l’impossibile. ■




TREMENDA LEGGE (terza parte)


ORIGINI DELLA SCOPERTA : IL POLACCO E ALTRI MAESTRI (?), BILLIA, PADRE RIGHINI E MAESTRO TIBETANO  (approfondimenti)



Il fenomeno Stasia.

 

” Stasia” analogo a Rol:  «Piccoli prodigi più o meno simili [a quelli di Rol con le carte] erano stati già descritti da William Mackenzie; li aveva visti produrre quando frequentava un circolo medianico di Bruxelles nel quale si esibiva una entità di carattere giocherellone e scherzoso. Si faceva chiamare Stasia.
Con questo nome si sogliono designare due ‘personalità” o ” spiriti-guida’ che si manifestarono in due epoche diverse e per la medianità (od il tramite) di due diversi soggetti in luoghi diversi.
Cronologicamente la prima delle due personalità si manifestò tra il 1909 ed il 1912 durante una serie molto lunga di sedute durante le quali il parapsicologo polacco prof. Julian Ochorowicz sperimentò con la nota medium Stanislawa Tomczyk, a Varsavia.  Nel giugno 1913 una personalità, che disse di chiamarsi “Stasia” (diminutivo di Stanislawa), divenne la guida del soggetto avv. T. mentre costui si trovava in ipnosi nel corso delle sue sedute che si svolgevano a Bruxelles presso l’ Associazione Metapsichica belga l’avv. T. conobbe ed entrò in amicizia con l’ing. Poutet .(l’uomo dell’impossibile di Franco Rol pag. 25-26)
 

 

(l’uomo dell’impossibile di Franco Rol pag. 27)

 

La tremenda legge, sia essa equiparabile ad una legge yoga o a qualsiasi altro principio, è certo che conferisce una sorta di illuminazione, una stato per dire in termini virgolettati, di una super coscienza o coscienza sublime, dove la materia è docile, ed è forse la prima cosa che salta agli occhi perché più prossima alla nostra vita basata sui 5 sensi, ma è certo che vi è un mondo invisibile, al quale si ha accesso, dove lo sconcerto è ben più grande e va oltre la “malleabilità della materia”. Una inadeguata preparazione, un cammino forse non illuminato o peggio ancora un anima non pura, aggiungerebbe al termine tremenda un altro quello di terrificante. 
Con questo si conclude il viaggio nei maestri, consci che a mio parere siano stati principalmente “influenze”. ma che il suo travagliatissimo percorso personale lo rende unico ed un ILLUMINATO, per lo più un illuminato forse l’unico dell’occidente  e forse si è persa un occasione….
 

 




TREMENDA LEGGE (seconda parte)

 

ORIGINI DELLA SCOPERTA : IL POLACCO E ALTRI MAESTRI (?), BILLIA, PADRE RIGHINI ED IL MAESTRO TIBETANO

LA VERSIONE DI PITIGRILLI E LE ORIGINI: Il POLACCO

 

Il mio amico Gustavo Rol, al quale dedico molte pagine, in una comunicazione ultrafanica scrisse, sotto dettatura di non so quale spirito (gli spiriti non presentano la carta d’identità, e quando di­cono il nome, generalmente è falso), scrisse queste parole: « Noi dobbiamo lasciare all’umanità sofferente la speranza eterna che in questi terribili fenomeni ci sia della mistificazione ». Il sospetto della mistificazione è incancellabile. Credo che solamente io, il fratello di Rol, ingegnere elettrotecnico Carlo Rol, residente in Buenos Aires, e pochi altri, abbiamo raggiunto la certezza di non essere stati mistificati. Molti anni or sono parlai delle esperienze di Gustavo Rol a Ettore della Giovanna. Questo brillante scrittore, oggi corrispondente da Nuova York di un grande quotidiano dì Roma, allora era laureando in medicina. Era cioè un giovane che per la sua formazione scientifica sapeva osservare un fenomeno; nei laboratori si era abituato a non vedere la luna nel pozzo. Vorrei trascrivere l’opinione di Rol, ma non siamo riusciti a carpirgliela né io né suo fratello, cervello fisico-matematico, i due uomini che lo hanno studiato più da vicino e forse gli hanno ru­bato frazioni di verità. Ma sono poi frazioni di verità quelle che si è lasciato sfuggire, o inquietanti apparenze con le quali maschera un’altra verità che egli non è autorizzato a rivelare?

 

– È andata così: a Marsiglia prendevo i pasti in una pensione di famiglia, dove era mio vicino di tavola un signore taciturno, che non rivolgeva la parola a nes­suno, non rispondeva, salutava appena; leggeva giornali e libri polacchi e non si sapeva che mestiere facesse. Un bicchiere rovesciato mi diede l’occasione di dirgli finalmente qualche parola. Uscimmo insieme. Gli parlai delle mie letture di contenuto spirituale, religioso. Rise: «Dio non esiste», mi disse; e mi domandò se io ammettevo che con la volontà si potessero immobilizzare le lancette dell’orologio. Eravamo sulla Canebière. «Che ora segna? — e mi indicò l’orologio lumi­noso della Borsa -«Le nove e un quarto».« Io lo fer­mo». E l’orologio si arrestò. (Parentesi. Quando raccontai questo fatto al dott. Bonabitacola, mi disse che il mago Kremmerz con un atto di volontà staccò una ruota di una carrozza in piena via Toledo, a Napoli). – Tornati a casa – continuò Rol- mi fece assistere ad alcuni esperimenti per mezzo delle carte. Mi insegnò qualche cosa, ciò che io sto insegnando a te. Mi disse a quali esercizi ci si deve sottomettere, in quale stato d’animo ci si deve collocare. Mi insegnò a riconoscere, col semplice passaggio delle mani, il colore di tutto un mazzo di carte rovesciate. Mi disse le più elementari formule (Rol non parla di formule magiche; le parole mago e magia non escono mai dalla sua bocca) per gli esperimenti più semplici. Un giorno, per allon­tanarmi dalla fede (Rol è profondamente credente) il polacco mi condusse a Lourdes, che mi aveva dipinto come un’organizzata mistificazione, ma una guarigione avvenuta sotto i nostri occhi lo fece cadere in ginoc­chio: « Io credo, io credo», gridò. Tornammo a Marsi­glia, bruciò i libri e i manoscritti, mi espresse il suo rincrescimento per avermi insegnato appena qualche cosa senza spiegarmene il senso, e mi disse che il di più lo avrei imparato da me. Si ritirò in un monastero della Savoia, come fratello laico, e quando andai a tro­varlo, nel congedarmi mi disse di non cercarlo più, perché oramai i fenomeni ai quali mi aveva iniziato appar­tenevano a un mondo lontano. Più tardi venni a sapere che era morto. Il misterioso personaggio riapparve molte vòlte nelle parole di Rol. Lo chiamava« lui».« Credo – mi diceva Rol – che «egli» abbia della simpatia per te. «Egli» non vuole che io faccia questo. Mi autorizza a insegnarti questo. Ricordati della «sua» raccomandazione: immaginare un piano tutto verde, come un prato senza al­beri, senza particolari che turbino l’uniformità del verde; immagina di essere sommerso in un’immensità di vernice verde. Tu vuoi che tutte le carte di questo mazzo si dispongano in un certo ordine? Chiedilo men­talmente e poi immagina il verde; nel momento in cui tu “vedi” il verde, la trasformazione è avvenuta». Una sera mi disse: «Quest’oggi mi ha dettato queste parole per te: “Non c’è successo senza lavoro, non c’è lavoro senza sofferenza, non c’è sofferenza senza verde” ». Un’altra volta Rol mi disse: « Voglio che tu erediti da me le mie facoltà, e che se un giorno io non ci sarò più, che “egli” trasmetta a te tutto ciò che trasmetterebbe ancora a me». Dichiaro senz’altro che çome apprendista non valgo niente. Quando ero assistito da Rol ho fatto an­ch’io delle cose spettacolose, ma da solo nulla mi riuscì. Non riuscii mai a« vedere» un verde uniforme. Le for­mule ripetute in presenza di Rol e davanti a testimoni mi fecero realizzare dei prodigi. Ma quando ero solo, in casa mia, il risultato fu totalmente negativo. Ho pro­vato in varie circostanze a ripetere le formule, senza risultato. Il monosillabo « om » col quale certi antichi ebrei facevano cadere fulminato un uomo, e la parola « abraxas » che allontana gli spiriti del male, non sono che elementi di un complesso di potenze. Le formule di Rol, senza Rol lasciano le cose come sono. (Gusto per il mistero)
Nessuno di coloro che hanno scritto tra il 1952 e il 2005 (quando è uscito il libro di Pincherle) ha mai parlato del Polacco: Buzzati, Riccardi, Inardi, Biondi, Serafini, Lugli, Jorio, Gervaso, Bazzoli, Fellini, Giovetti, Dembech non hanno scritto una sola riga su questa storia. E quei pochi che l’hanno fatto, in anni più recenti, si sono limitati a citare Pitigrilli. Un’eccezione ci sarebbe, anche se molto blanda e atta a confermare piuttosto quanto stiamo dicendo. Nella sua biografia su Rol del 1996, riferendosi all’incontro avuto con lui nel 1972, Giorgio di Simone scriveva: «Nel lungo colloquio che avemmo in quella casa, dove aleggiava indiscutibilmente un tranquillo mistero, Gustavo mi parlò anche del suo Maestro. Me ne fece soltanto un cenno, probabilmente perché l’argomento era molto delicato e toccava l’intimo della sua persona e del suo vissuto “magico”. Tra le altre poche cose accennate, disse che un giorno, quando viveva e lavorava a Marsiglia, una persona che stava accanto a lui, seduta su di una panchina in una piazza (la persona che verosimilmente divenne poi il suo Maestro), gli indicò il grande orologio che troneggiava su di un edificio, di fronte a loro: stupefatto, Rol vide le lancette di quell’orologio muoversi, cambiando l’ora sul suo quadrante!». A prima vista, sembrerebbe che Di Simone si riferisse effettivamente alla storia raccontata da Pitigrilli, anche se si può senz’altro affermare che sia stato Rol a raccontargliela direttamente, se non altro perché vi si trovano degli elementi che nel racconto di Pitigrilli non ci sono, nella fattispecie la frase «una persona che stava accanto a lui, seduta su di una panchina in una piazza», che si collega a una terza versione degli inizi di Rol che vedremo più avanti. Inoltre crediamo che il “Maestro” a cui egli faceva riferimento con Di Simone non abbia a che vedere, quantomeno da un punto di vista “storico”, con il “Polacco” di Marsiglia, ma piuttosto con un professore universitario, un certo Lorenzo Michelangelo Billia, libero docente di filosofia morale e filosofia teorica presso la Facoltà di Filosofia e Filologia di Firenze e autore di numerose pubblicazioni. Billia aveva insegnato anche all’Università di Torino e Rol deve avere trovato nella sua persona e nei suoi scritti una guida da seguire, come si evince da una lettera al padre del 7 settembre 1926: «…ho aggiunto un capitolo al libro che ho incominciato a scrivere due anni or sono sotto sai io posseggo di quell’uomo tutta la forza del pensiero e il mistero delle sue concezioni che non ha potuto far conoscere al mondo». Vi fa riferimento anche in una lettera del 4 febbraio 1929: «Da quando il mio Maestro è morto, io ho compreso quanto fosse difficile proclamare la propria “non discendenza da colonia punica” e mi sono attaccato al “bastone del satrapo sofista” come a quell’unico appoggio per la mia indipendenza spirituale lungo le strade del mondo» la guida del povero Michelangiolo Billia. Quanto invece al «vecchio abate» e al monastero, che pur ha a che vedere con quanto detto dal prof. Giordano, si tratta principalmente di una vicenda che Rol aveva ripetuta in più occasioni, senza tuttavia che chi scrivesse di lui ne desse un qualche particolare: l’unico elemento noto era che Rol era stato in un convento per tre mesi e che poi sua madre lo convinse a uscirne. Ancora nel 2005 Giuditta Dembech  scriveva che dopo la  scoperta del 1927: «Qualcosa di veramente impressionante si era aperto dinanzi alla sua coscienza. Sconvolto, tornò in Italia dove si rifugiò per lungo tempo in convento. Di quel periodo di riflessione non sono trapelate che pochissime notizie. Sua madre, a cui era legatissimo, lo aiutò a comprendere e ad accettare la nuova condizione». Sempre la Dembech più avanti aggiunge: «Rol mi ha raccontato di avere trascorso un lungo periodo di meditazione, qualche fonte dice che si ritirò in convento, ma non ricordo che mi abbia detto una cosa del genere. Su questo periodo tormentato della sua vita non è sceso mai nei dettagli, non ha mai voluto approfondire, almeno non con me». La fonte cui hanno attinto sia Allegri che la Dembech è Remo Lugli, che nel suo primo articolo su Rol per La Stampa scriveva (era il 1972): «È dal 1927 che ha scoperto queste sue facoltà. “Fu – dice – una sorpresa terribile. Mi rifugiai in un convento a meditare e vi rimasi tre mesi. Mi venne a tirar fuori mia madre dicendomi che dovevo sfruttare queste possibilità per far del bene al prossimo”». Noi sappiamo, sia perché ci era stato detto, sia perché abbiamo un brano audio dove Rol lo dice, che il “convento” in questione è Villa Santa Croce, una casa di ritiro spirituale che si trova sulle colline a ridosso di Torino vicino a San Mauro, fondata nel 1914 dai gesuiti, sotto la direzione di Padre Pietro Righini, ed è proprio questo sacerdote, da un punto di vista storico, che può essere identificato con il «vecchio abate» di cui parla Allegri. Rol aveva scelto Villa Santa Croce perché era un luogo che già conosceva bene, per avervi passato alcuni brevi periodi di ritiro spirituale negli anni precedenti il 1927. La «crisi mistica» sopravvenuta in seguito non fu quindi un fulmine a ciel sereno, ma aveva alle spalle anni di riflessioni e di preghiera. Rol, come detto, si ritirò a Villa Santa Croce per tre mesi, come fratello laico, e precisamente dal febbraio al maggio 1928, cosa che si evince da una nota tratta dall’Archivio della Banca Commerciale Italiana dove in questo periodo risulta una licenza per malattia, nello specifico per «esaurimento nervoso». Trovò ad accoglierlo Padre Pietro Righini, che si prodigò nel sostenerlo e si adoperò perché seguisse un percorso di esercizi spirituali, quelli che Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia del Gesù, aveva stabilito nel XVI secolo. Rol fu talmente grato all’«abate» che nella registrazione che abbiamo lo definisce esplicitamente «un santo». (pag.382-383)
Da quanto si è detto finora, quindi, oltre ai quattro maestri simbolici, emergerebbero quattro possibili maestri in carne ed ossa: il “Polacco” di Marsiglia, il prof. Michelangelo Billia, Padre Pietro Righini, e un Maestro indiano o tibetano di cui non è dato conoscere il nome. A costoro debbono poi aggiungersi quelli che possono essere considerati i maestri ideali di Rol, come per esempio Victor Hugo del quale nel 1926 scriveva che «le concezioni di quel genio io sento che sono le mie», e poi Goethe, Dante, Shakespeare, Leonardo, Mozart, Beethoven, Baudelaire, Platone, Newton, Einstein, Gandhi, Gesù, Siddharta.… Quanto al Tibet, l’unico testimone che ne parla (a parte i nostri impliciti riferimenti sui nostri siti e poi in articoli) è il prof. Luigi Giordano; durante la trasmissione televisiva dedicata a Rol sull’emittente piemontese Telestudio (26 maggio 2004), alla quale fu invitato, il  conduttore gli aveva chiesto: «È possibile dire che, a modo suo, Rol ha intuito l’essenza filosofica, spirituale della vita…?». E Giordano aveva risposto: «Certo che Rol aveva tutta una sua filosofia. E questa filosofia, indubbiamente, l’aveva maturata dopo tanti e tanti anni. Lui era stato nel Tibet, era stato in parecchi monasteri. E aveva scoperto delle cose che poi non ci ha mai rivelato. Comunque all’essenza delle sue sperimentazioni c’è questa filosofia che lui aveva imparata in questi luoghi che lui  aveva visitato, in questi monasteri dove lui era stato. Però più di tanto lui non c’ha mai detto». (pag.380)
N.B IL LIBRO DI MARIO PINCHERLE RACCONTA UNA VERSIONE ROMANZATA DELL’INCONTRO DI ROL CON IL “POLACCO” A CUI DIEDE ANCHE UN NOME FANTASIOSO : Klernens Rej (NOME FANTASIOSO, TOTALMENTE INVENTATO)



TREMENDA LEGGE (prima parte)

 

Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla. 
Gustavo Rol
PARIGI 28 luglio 1927

la “tremenda legge” fu divulgata per la prima volta già da Furio Fasolo nel 1951 (Epoca del 24 febbraio), vi fece riferimento Leo Talamonti nel 1975 in Gente di frontiera (p. 120) e poi Luigi Bazzoli nel 1979 (Domenica del Corriere del 24 gennaio)

 

«La fatica è stata, glielo confesso, tremenda e solitaria. Per  quanto le mie odierne possibilità giustifichino tanto  travaglio, non mi sentirei mai di augurare ad un mio figlio o ad un amico un simile destino; è vero che la contropartita è meravigliosa, però saprebbe chiunque accettare l’annullamento della propria personalità?» (Lettera a Giorgio di Simone del 09/04/1970, in Di Simone, G., Oltre l’umano…, cit., p. 53).

Alcuni brani tratti dal Simbolismo di Rol ci aiuteranno a capire meglio…un Grazie sentito a Franco Rol.

Come già abbiamo avuto occasione di riferire, si tratta di una definizione simbolica che rimanda ad alcune fasi della meditazione yoga. Tuttavia è capitato che più di una volta giornalisti e testimoni non l’abbiano riportata in modo corretto. L’errore frequente è quello di confondere la «quinta musicale» con «quinta nota», dove la prima è un accordo di due note, mentre la seconda è una nota singola, il sol.

Parlando del colore verde, Lugli scrive che nei giorni della sua scoperta Rol «lo sente vibrare e si accorge che la sua vibrazione corrisponde a quella della quinta nota musicale, elementi che, insieme, per lui irradiano calore. (…). Nel suo diario, che in quei giorni tiene per segnare tutto della sua ricerca, c’è un’annotazione a grandi caratteri: “Oggi, 28 luglio 1927, la mia ricerca è finita. Ho scoperto la legge che lega le  vibrazioni cromatiche del verde a quelle sonore della quinta nota musicale e a certe vibrazioni termiche: il segreto della coscienza sublime”» (pp. 20-21). Ora, siccome Lugli non aveva come riferimento direttamente il diario di Rol (un’agenda di lavoro), si è fidato di quanto aveva scritto Leo Talamonti nel suo libro Gente di frontiera, nel 1975. La frase virgolettata appena citata infatti è un adattamento di Talamonti a una dichiarazione orale di Rol, che Lugli ha poi ripreso. Ma non è la trascrizione delle parole precise che si trovano sull’agenda, che sono quelle da noi riportate all’inizio. Talamonti aveva anche scritto: «[Rol] si accorse che quella vibrazione ne evocava un’altra, corrispondente alla quinta nota musicale– il sol –». Si tratta di un errore che però ha anche un precedente, perché già nel 1951 Furio Fasolo raccontava: «La sera del 28 luglio 1927, un giovedì, a Parigi, scriveva sulla sua agenda: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta nota musicale e il calore. Non cercherò più nulla”». L’errore si è poi ulteriormente propagato: lo troviamo in Maria Luisa Giordano, la quale in Rol e l’altra dimensione scrive che «il verde era il suo colore, e la sua nota musicale il sol» e che «[Rol] rimase affascinato da un colore (…) a cui corrisponde la quinta nota musicale, il sol»; e lo troviamo in Maurizio Ternavasio che nel suo primo libro su Rol scriveva: «il verde, la cui vibrazione secondo lui corrispondeva al sol, la quinta nota della scala musicale…» e poi riportava anche la frase di Talamonti- Lugli senza peraltro citarne la fonte. Anche Giorgio di Simone è stato condizionato dalle fonti ambigue su questo tema, scrivendo nel 1996: «Il secondo elemento (…) era la quinta nota SOL, anzi era un suono bitonale: DO-SOL». Ovviamente non poteva essere sia la quinta nota sia la quinta musicale, e in effetti Di Simone si sbilancia sulla seconda. Anche Giuditta Dembech ha comunque contribuito a  diffondere questa imprecisione, con la differenza che lei avrebbe avuto la possibilità di fare chiarezza. Nel suo libro Torino città magica vol.2, del 1993, trascrive una parte delle registrazioni audio che poi pubblicherà nel 2005. Vi troviamo la trascrizione, che dovrebbe supporsi precisa, delle parole di Rol: «Ho scoperto la legge che lega il colore verde, quello centrale dell’arcobaleno, la quinta nota musicale ed il calore»25. Fortunatamente oggi abbiamo a disposizione anche l’audio  originale, e scopriamo che le parole di Rol sono un po’ diverse: «Ho scoperto la legge che lega il colore verde, che è il colore di mezzo, la  quinta  nota  musicale…  la  quinta… (pag. 72-74)

Per comprender meglio dalla viva voce di Rol trascrivo il file audio che parla della tremenda legge in 2 parti a distanza di tempo, poiché la prima volta che ne parlò a Giuditta Dembech…..

Una registrazione accidentale

Era forse il 1987 e ci fu una registrazione “accidentale”. Inspiegabilmente, qualche marchingegno si era bloccato … Toccai tutti i tasti avanti e indietro più volte, niente da fare! Eppure aveva funzionato perfettamente fino a poco prima! Rol ridacchiava sotto i baffi, era chiaro che c’era il suo zampino … Ero proprio inviperita, mi aveva fatto sprecare tutto quel tempo per niente … Tutto sommato, Rol era compiaciuto di non avere registrato nulla, io invece ero in collera. Per tirarmi su il morale decise di mostrarmi una cosa: “che sicuramente ti piacerà”. Eravamo nel suo studio e prese da un mobile una grossa agenda.

“Vedi, questa l’avevo con me a Marsiglia nel 1927 e ci annotavo ogni cosa …“, l’apri e mi invitò a guardare. L’agenda era di grande formato, rilegata in cartone, con bordi di fettuccia. Era pesante, lui la teneva in mano e la sfogliava, io accanto a lui, lo aiutavo a sostenerla, eravamo in piedi e guardavamo le varie annotazioni.  “Eccola qui, luglio 1927, ho trovato la pagina che cercavo, ascolta … : e cominciò a leggermi l’annotazione scritta con una matita blu:

“Ho scoperto la tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale e il calore. Ho perduto la gioia di vivere … la potenza mi fa paura, non scriverò più nulla” Hai capito?” Ero stupefatta, emozionatissima per quello che avevo letto: “Ma questa è la chiave del potere … ”  “Hai capito?” Avevo capito eccome! Sotto c’erano altre parole scritte di sghimbescio: “Incubi, Incubi, incubi … ” Stavamo ancora guardando le pagine quando all’ improvviso accadde qualcosa di imprevisto, una forza estranea a noi, invisibile, ci strappò l’agenda di mano, la fece letteralmente volare, e poi ricadere con un tonfo un paio di metri più in là, sul pavimento. Rol si accasciò sulla poltrona tenendosi la testa fra le mani, colto da un improvviso dolore: “E’ vero, non dovevo leggertelo … Che mal di testa, vedo tutto che gira ..” Io non sapevo se occuparmi di lui o dell’agenda, mi mossi per raccattarla da terra ma lui mi fermò con un ordine secco: “Non toccarlo, non l’hai visto che me l’ha preso?” Avevo visto benissimo, anch’io la stavo sostenendo sul palmo della mano: “E’ volato!” risposi allibita “Non dirlo! Hai visto? E’ volato via … ” Capii che qualcosa non era andato per il verso giusto, forse avevo visto troppo, ma io sono una “donna d’onore” che se deve tacere tace! Lo tranquillizzai: “Rol io non ricordo neanche cosa c’era scritto … ” Ma lo ricordavo eccome! Avevo intravisto la formula del suo potere. Non ci avevo capito nulla, però l’avevo vista. Naturalmente non ne avrei parlato con nessuno, però non l’avrei certo dimenticata! Dopo un paio di minuti aveva un aspetto migliore: adesso puoi prenderla” mi disse, “però era troppo presto perché te ne parlassi, non dovevo!” Tornai a rassicurarlo: “Non si preoccupi, io ho dimenticato tutto e non ho visto niente … ” Parlammo ancora per qualche minuto, mi parlò dell’imbecillità degli scienziati che avrebbero potuto indagare su queste cose, tranne Einstein che lo capiva … Poi ripresi il mio registratore spento, mi chiamò un taxi, ci congedammo, e per quel giorno la cosa finì così, ma c’era un fuori programma … Il mattino dopo, prima di restituire il registratore alla radio controllai le bobine e mi accorsi che, stranamente, avevano girato fino alla fine … Non era possibile, ero sicura di averlo spento! Le riavvolsi e ascoltai Quando avevo creduto che il registratore fosse bloccato, era invece rimasto in pausa ed io afona di smanettare lo avevo riavviato, poi, credendo che fosse guasto lo avevo messo via e invece stava registrato tutto … Non l’avevo fatto apposta, non avrei neppure saputo farlo …

…..dopo un po’ di tempo

G: Tempo fa mi aveva letto un brano dalla sua agenda, parlava del colore verde … Ricorda che quella volta le è volata via di mano? E’ un argomento molto interessante, vuole ripararmene al registratore? R. “ma certamente, ce l’ho di la, vado a prenderla … ” La riprende e comincia a sfogliare rumorosamente …. “Ecco qua, Sulla mia agenda ho scritto: “Luglio 1927: ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il colore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura … Non scriverò più nulla”.

G: E infatti nelle pagine successive c’è soltanto scarabocchiato: incubi, incubi. .. Mi spiega cosa vuol dire?

R.: Ho scoperto la legge che lega il colore verde, quello centrale dell’arcobaleno, la quinta musicale ed il calore.

G.: Purtroppo non conosco la musica.

R.: Io suono il violino e la conosco benissimo, ascolta … “

Va nell’altra stanza, prende un diapason, lo intona percuotendolo con il martelletto, parte una nota con una vibrazione squillante, con la sua stessa voce s’intona all’accordo sonoro, la si ascolta perfettamente

R: “Ecco, la quinta musicale è una nota che fa un accordo, sono due note insieme, che formano una certa quantità di vibrazione, e questa dà calore.

G.: Quindi non è tanto importante la nota, quanto la vibrazione che questa produce?

R.: Vibrazione di due note musicali che si chiamano “quinte”. Vibrazione è calore.

G.: Perché calore?

R.: Il colore verde, da delle vibrazioni, le quali mi davano le stesse emozioni di quelle che mi dà la quinta musicale. E siccome le vibrazioni sono movimento, il movimento è calore, mi davano un senso di calore. Io mi mettevo nella condizione di percepire questo tipo di calore, in modo che, pensando al colore verde e sentendo la quinta musicale, creavo in me uno stato che mi metteva in condizione di trovare il rosso e il nero.

G.: Non è facile da capire, almeno per me. Però intuisco che qui dentro c’è la chiave di tutto.

R.: No, di tutto no.

G .. E’ la chiave della materia questa!

R.: Non conosco la chiave della materia. Se la conoscessi, avrei chiamato gli scienziati e avrei detto loro “cari signori, ecco il mio segreto”.

G: I suoi esperimenti sembrano quasi annullare le leggi codificate della fisica …

R.: Si, la fisica va bene sulla terra.

G.: Ci dev’essere qualcosa che la fisica non conosce.

R.: Ma certo! La fisica conosce niente … Io credo nella Parola infinita, perché Dio è infinito, ma io il concetto di Dio lo vedo nel concetto dell’infinito. Per me non c’è un Big Bang di diciassette miliardi di anni. No, non è così.

G.: La creazione è costante e continua.

R.: Certo, è continua. La fisica conosce una minima parte, questo ci tengo che venga scritto. La scienza mi affianchi un collaboratore scientifico, e così, nel coso di questa collaborazione si renderà conto che non esiste trucco. Così io potrò dischiudere una porta alla scienza.

G.: lei ha avuto accesso, alle chiavi della materia, ad un qualcosa che la fisica non ha ancora compreso, a leggi inesplorate.

R.: Nemmeno io le comprendo. Dovrei essere illuminato. lo mi attacco alla scienza con speranza. Ho fatto esperimenti con Benedetto Croce in casa Rocca, in via venti settembre. Lui era molto attento a queste cose.

Tuttavia, potrebbe esserci un’altra spiegazione al fatto che molti testimoni abbiano confuso l’accordo di quinta con la quinta nota: potrebbe cioè non essere dovuto(solo) a una loro semplificazione del ricordo a causa della mancanza di competenze musicali, ma all’ambiguità che Rol stesso può aver lasciato sull’argomento, esprimendosi  più o meno nello stesso modo di come si era espresso con la Dembech,  usando «quinta» e «quinta nota» come equivalenti.

 




LA TREMENDA LEGGE : LA SCOPERTA

Tratto da “il grande precursore” di Giuditta Dembech

R.: Nel 1927 ero a Parigi. Da due anni mi lambiccavo su un que­sito: perché non riesco a conoscere il colore della carta coperta, se è rossa o nera?

Perché non posso organizzare il mio cervello in modo da poter stabilire qual è il colore della carta coperta? Allora, mi appog­giavo al colore verde.

G.: Perché il verde e non, ad esempio, il rosso?

R.: Perché avevo notato in un arcobaleno a Marsiglia, dove la­voravo, che il colore verde è il colore centrale dell’arcobaleno. Infatti la sequenza dei colori è: (lo dice in francese) rouge, oran­gèe, faune, vert, bleu, indaque e violette.

Allo stesso modo, fra i nove numeri, io ho scelto il numero cin­que, perché è preceduto e seguito da quattro numeri. Quindi ha una posizione centrale. In medio stat virus, è vero?

Allora, un giorno riuscii a scoprire in sequenza, dieci carte rosse e dieci carte nere. Più avanti riuscii a scoprirne quindici, ed infine, riuscii a conoscere qual’era l’esatto colore di tutte e cinquantadue carte.

Il giorno in cui riuscii a scoprire tutto questo, era un sabato. Scesi sugli Champs Elyseès. Era molto tardi e c’era una bellissima luna piena.

Mentre camminavo riflettevo: sono l’uomo più potente della terra. Tutte queste cose mi apparterranno. Perché pensavo alla potenza sotto forma di possesso materiale. Ero cosi felice… E continuavo a ripetermi: io sono al disopra di tutto questo… Sedetti su una panca.

Un uomo, seduto accanto a me chiede gentilmente: “s’il vous plait, quell’heure est  per favore, può dirmi l’ora?”

Distrattamente gli tendo l’orologio perché lo guardi. Con la luna piena ci si vedeva perfettamente come se fosse giorno. Dopo un attimo, l’uomo mi chiede ancora; “excusez-moi, quel’heure est il?” Io mi volto a guardarlo e vedo che ha il bastone bianco. Era un cieco…

Allora mi sono detto: io voglio che quest’uomo veda! Voglio dargli la possibilità di leggere l’ora. Gli ho preso la mano, ho pensato al colore verde e gli ho detto: Lei deve vedere questo mio orologio. Immagini il colore verde. Anche lei vedrà l’orologio. Anche lei deve vedere.

Ho provato tante volte ma non ci sono riuscito. L’ho accompagnato a casa e sono diventato triste. Il senso della mia potenza era scomparso… Se non sono riuscito a fargli riacquistare la vista, allora io ho imparato riconoscere la carte rosse da quelle nere, ma tutto finiva li! Sono tornato in Italia in condizioni tutt’altro che facili, e l’ho spiegato a mia madre…




LA TREMENDA LEGGE : RISVEGLIO (parte seconda)

Elaborata da M.P

 

Tratto da Gustavo Rol, un maestro spirituale del XX secolo di Franco Rol  (luglio 2005)

(appendice n.2  del libro Il mistero e la fede. Gustavo Rol e padre Pio da Pietrelcina)

 

Il risveglio (bodhi in sanscrito), un fiume di fenomeni luminosi e sonori in piena al quale si può anche soccombere se non si è sufficiente­mente preparati psichicamente ed anche fisicamente. Una vera e propria metamorfosi, una rigenerazione interiore che ha come cardini la spinta verso l’alto dell’elevazione spirituale e un ine­dito ampliamento del «circuito» neuronale. La potenza (sakti in sanscrito) è l’energia nascosta nelle fibre del nostro corpo, dispersa in quantità variabile in tutti gli organi e nelle varie parti strutturali. È anche l’energia primordiale presente in natura, è la Madre e l’energia cosmica che permea tutti gli esse­ri. Si dice, in modo un po’ semplicistico, che l’uomo si serve solo del 10% del suo cervello. Ebbene, quando la potenza è risvegliata, ovvero quando, tramite un processo di concentra­zione raggiungibile con esercizi di meditazione o con la pre­ghiera, questa energia dispersa viene riunita e concentrata all’interno del nostro corpo, si può pervenire allo stato di risve­glio, stato che “risveglia” il restante 90% del cervello. Al segui­to di questo vero e proprio trauma improvviso, non solo le nor­mali percezioni sono notevolmente accresciute, ma emergono anche altri tipi di percezioni, non presenti in condizioni nor­mali. Un po’ come se ritrovassimo in noi tutte le possibilità del mondo animale, dagli infrasuoni degli elefanti e delle balene agli ultrasuoni dei pipistrelli, dagli infrarossi dei serpenti agli ultravioletti delle api, dal letargo delle marmotte alle previsio­ni di imminenti catastrofi da parte di animali che «sentono» in anticipo terremoti, maremoti ed altri fenomeni naturali. Di colpo quindi ritroviamo in noi le caratteristiche dei nostri pre­decessori nella scala filogenetica.

E possiamo servirci delle loro possibilità. La maggior parte delle percezioni extrasensoriali può essere spiegata tenendo pre­sente queste premesse. Ma il «risveglio» non è, ovviamente, solo questo. Non c’è solo una trasformazione fisiologica e psi­chica che potenzia quanto si trova già in noi, e ci mette in uno-stato iper-comunicativo con quanto ci circonda. Vi è anche il contatto con piani «vibratori» differenti, che includono tutto quanto è al di là delle possibilità animali, che di fatto sono le più basse. Per semplificare, si può dire che dopo il «risveglio» è possibile «correre su e giù» o «in lungo e in largo» per lo spettro elettromagnetico. Vedere attraverso un muro, o all’in­terno di un corpo, diventa allora possibile. Nuove forme «astra­li» possono essere viste o percepite. Di qui la visione di «spiri­ti», ectoplasmi e altro ancora. Tutto questo rientra nel campo della percezione e della iper-percezione. In queste cose non vi è nulla di spirituale di per sé. Vi sono persone che hanno risve­gliato la loro «potenza» in modo casuale, magari senza mai avere fatto esercizi spirituali. Può capitare ad esempio dopo un trauma, come un incidente stradale. Oppure, per una questione statistica, alcuni possono nascere con una «configurazione neuronale» molto vicina alla soglia del risveglio, tale da atti­varsi in condizioni di stress o eccitazione. Il termine «sen­sitivo», d’altro canto, si riferisce proprio ad un fattore percetti­vo, e la stessa «sensibilità» non è altro che una sfumatura mino­re di tale percezione. È interessante notare che la persona «sen­sibile» ha spesso doti creative nei settori più disparati. L’uomo risvegliato o illuminato (Buddha significa Il Risvegliato) è in grado di creare intorno a sé le stesse condizioni di gravità che si trovano sulla Luna, su Giove o nello spazio interplanetario. Può diventare invisibile come un buco nero e attrarre o respingere da sé gli oggetti come una stella o un pia­neta. Può viaggiare alla velocità della luce, poiché si trova ad essere della stessa sostanza della luce. Può ingrandirsi o rimpic­ciolirsi a piacimento, il suo corpo venendo deformato dalla accelerazione o decelerazione della sua velocità ‘interiore’. Può modificare le sue condizioni di tempo rispetto all’ambiente circostante.

Ecco quindi come Rol, Uomo Luce, agisce conformemente alle leggi scoperte da Einstein. Può spostarsi alla velocità della luce, coinvolgendo per di più altre persone.

Se poi l’Uomo Luce consegue la Liberazione (moksa in sanscri­to), ovvero lo stadio ultimo seguente all’illuminazione, stadio in cui non vi è più alcun attaccamento alla vita terrena, allora le dimensioni di tempo, spazio, materia vengono completa­mente trascese, può superare anche la luce e viaggiare tranquil­lamente nel tempo. Proprio come accadeva negli esperimenti di viaggi temporali che Rol faceva con i suoi ospiti e amici.

Chi conosce abbastanza bene la fisica, scoprirà quindi che tutte le possibilità di Gustavo Rol, che appaiono a molti come delle impossibilità, potrebbero tranquillamente essere spiegate con le leggi attualmente conosciute, senza scomodare ipoteti­che leggi sconosciute. L’unica legge che è rimasta sepolta sotto la sabbia del tempo, custodita da pochi in tutti i continenti, è quella legge che mette in relazione la metamorfosi interiore dell’uomo con l’universo, il microcosmo con il macrocosmo. Rol è tra quei pochi che oltre ad essere giunto a conoscere que­sta legge, l’ha anche realizzata. Egli aveva piena consapevolez­za di ciò che era e di ciò che sapeva, nonostante abbia spesso depistato chi voleva troppo sapere o chi non era adatto a cono­scere certi pericolosi misteri. E qui ritorniamo ad una delle questioni poste in precedenza. Cosa c’è di tremendo e pauroso nel risveglio della potenza? Immaginate di guardare dentro voi stessi. Più andate in profondità, più potreste trovare delle cose che non vi piacciono.

Dentro ogni essere umano, al di là della maschera di cortesia utile alle relazioni sociali, espressione raffinata della sottostante necessi­tà biologica, si nasconde la natura animale originaria, la bestia. Questa bestia è sempre potenzialmente predatrice, diventando preda solo quando soccombe alla forza di una bestia più forte di lei. La natura è semplice e spietata. Gli esseri umani hanno nascosto, e in rarissimi casi trasceso, questo lato scomodo. In realtà si verificano circostanze che innescano l’uscita all’aria aperta della bestia che c’è in noi, la quale non solo mostra il suo lato peg­giore, ma lo fa in maniera “moltiplicata”, vale a dire dirompen­te ed esplosiva, come una molla tirata per lungo tempo (inibi­zioni culturali e sociali) che a un certo punto non può più esse­re contenuta e scatta improvvisamente. Ebbene, al momento del risveglio ci si trova a che fare con questa bestia. Tutto quan­to fu represso, inibito, forzatamente contenuto riemerge con­temporaneamente. Ci si trova davanti il proprio alter ego, il proprio “lato oscuro”. E può essere devastante, anche per colo­ro che si considerano moralmente e spiritualmente evoluti.

È a questo che servo­no le pratiche spirituali e gli insegnamenti etici, è a questo che serve il distacco dalle cose materiali e la continenza sessuale, è a questo che serve il digiuno (vi sono cibi che sollecitano il lato passionale del temperamento, altri che lo mitigano) e la pre­ghiera o la meditazione. Tutto questo serve ad ammansire e dominare le nostre pulsioni animali. È una lotta davvero ardua, a cui davvero pochi eroi sopravvivono. «Non mi sentirei mai di augurare ad un mio figlio o ad un amico un simile destino; è vero che la contropartita è meravigliosa, però saprebbe chiun­que accettare l’annullamento della propria personalità?» Così diceva Rol. Egli sottolineava quanto ogni crescita spiri­tuale sia subordinata alla rinuncia del proprio ego, vale a dire :

«Alla base delle mie facoltà c’è la rinuncia all’orgoglio, al denaro e all’ambizione» .

.




LA TREMENDA LEGGE : RISVEGLIO (parte prima)

 

Elaborata da M.P.

 

Nel libro del Prof. Vincenzo Mercante vi è l’appendice curata da Franco Rol che credo aggiunga chiarimenti importanti al concetto della “tremenda legge” e delle possibilità di G.A.R., per ovvi motivi abbiamo selezionato degli stralci ma ci sarebbe piaciuto pubblicarla integralmente.

Tratto da Gustavo Rol, un maestro spirituale del XX secolo di Franco Rol  (luglio 2005)

(appendice n.2  del libro Il mistero e la fede. Gustavo Rol e padre Pio da Pietrelcina)

 

Rol, nel 1927, quando aveva 24 anni, ebbe una profonda crisi esisten­ziale, coincidente proprio con la sua illuminazione. Si ritirò per tre mesi a Villa Santa Croce, una chiesa-convento sulle colline torinesi. Si trovò a scegliere se prendere gli abiti sacerdotali, oppure vivere una vita normale. Un giorno venne a trovarlo sua madre. Gli fece capire che lui poteva servirsi delle possibilità che aveva sco­perto per aiutare il prossimo, non importa in che forma. Fu allora che comprese di poter essere più utile da “laico” che da sacerdote, trovando nella dimensione laica più strumenti con­soni alla sua personalità e al suo eclettismo.

I “poteri” di Rol sono qui cono­sciuti con il nome sanscrito di siddhi (iddhi in lingua pali, grub­pa in tibetano), vale a dire ‘compimenti’ o ‘perfezioni’. Si trat­ta di possibilità che si incontrano lungo il percorso spirituale. Ve ne sono otto principali:

  • Animan: Lo yoghi, ovvero colui che cerca l’ele­vazione dello spirito tramite le pratiche dello yoga, può rimpic­ciolirsi a piacimento;
  • Mahiman: Può diventare grande a piacimento;
  • Laghiman: Può diventare leggero come il cotone o come una piuma.
  • Gariman: Può diventare pesante quanto una montagna.
  • Prapti: Acquista chiaroveggenza, chia­roudienza, telepatia, potere di guarire.
  • Prakamyan: Può restare sott’acqua o sotto terra quanto vuole, può rendersi invisibile, può entrare nel corpo di un altro (parakaya pravesh), può mantenere una apparenza gio­vanile per lungo tempo.
  • Vashitvam: Può addomesticare gli animali fero­ci e assoggettare gli elementi.
  • Ishitvam: Può ridare la vita ai morti.

Vi sono poi numerosi siddhi minori, come la libertà dalla fame e dalla sete, dal caldo e dal freddo, il poter assumere qualsiasi forma si desideri (kama-rupa), il conoscere passato, presente e futuro (trikala-jnana), il potere della profezia (vak­siddhi), il potersi muovere in qualsiasi luogo istantaneamente (kamachari), il potersi sollevare per aria (vayu-siddhi) e il poter indicare dove è nascosto un tesoro. Tutte queste cose incredi­bili, per chi ha conosciuto Rol, sa che sono possibili. E sono possibili, in teoria, per ogni uomo. Ma ad esse non si deve dare una importanza eccessiva, perché, pur essendo la dimostrazione di una elevazione dello spirito, possono diventare un osta­colo sulla via della realizzazione spirituale, la quale ha come fine il completo distacco dagli interessi terreni e la reintegrazione con l’Assoluto, condizione che i “poteri” possono pregiu­dicare quando ci si attacchi ad essi come a forme di privilegio di cui ammantarsi per eccellere sugli altri esseri umani. Come dice il maestro Patanjiali negli Yogasutra: «Essi sono fenome­ni negativi rispetto all’enstasi*, ma perfezioni rispetto alla dispersione»

Resta ora da accennare alla cosiddetta “legge di Rol”, che egli trascrisse sul suo diario all’età di 24 anni: «Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musica­le ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura, Non scriverò più nulla!». Sembra che essa rappre­senti un vero e proprio specchietto per le allodole per tutti coloro che si interessano a Rol. In questi anni molti mi hanno chiesto, attraverso il sito internet che curo, che cosa ne pensas­si. Da un punto di vista generale, si tratta essenzialmente di una legge yoga, dove con il termine yoga non intendo limitare questa legge alla tradizione indù, ma solo servirmi di un termi­ne che ritengo il più esplicativo. Il 28 luglio 1927 Rol si tro­vava a Parigi. Dopo due anni di tentativi atti a scoprire le vibrazioni dei colori rosso e nero (servendosi a questo scopo di carte da gioco), trovò una corrispondenza armonica tra un suono, l’accordo di quinta, e un colore, il verde. Questa corri­spondenza non va intesa solo in senso matematico o fisico. Va intesa soprattutto in senso psichico e fisiologico. L’alchimia di suono e colore avvenne nel laboratorio psicofisico di Rol, nella sua interiorità. L’altro elemento, il calore, non è riferito ad un dato esterno, ma ad una condizione interna. Questo calore è lo stesso che la tradizione tibetana conosce con il nome di gTum­mo, «il fuoco dell’integrazione spirituale che fonde tutte le polarità», «uno stato di perfetta unità e completezza interiori, in cui tutte le forze e le qualità latenti nel nostro essere vengo­no ad essere concentrate ed integrate come i raggi del sole nel fuoco di una lente» . Si tratta di un «calore psichico».

Per tornare al momento in cui Rol ebbe il risveglio, si posso­no rilevare due punti importanti. Il primo: che Rol, nonostan­te i suoi approfondimenti di letture religiose, non era sufficien­temente maturo per affrontare indenne quell’esperienza. D’altronde 24 anni sono davvero pochi per aver acquisito suffi­ciente conoscenza di sé. Il secondo: che non ha avuto alcun maestro spirituale autentico prima di quella esperienza Ma l’elemento che più è stato sotto­valutato fino ad oggi, e che nessuno dei biografi ha rilevato, è quello dell’elemento apparentemente esterno alla legge: «La potenza mi fa paura». Possibile che nessuno si sia chiesto che cosa intendesse Rol con il termine «potenza»?. Perché questa legge viene definita «tremen­da»? E perché fa «paura»? Se poi a questi elementi si aggiun­ge che Rol, nelle settimane e mesi successivi inizia ad avere ter­ribili incubi, si comprende che qualcosa di davvero spaventoso e pericoloso gli era capitato. Questo qualcosa era il «risveglio»

**samadhi, è l’esperienza mistica di unificazione, “estasi”, come è stato tradotto da uno dei massimi studiosi di storia delle religioni, Mircea Eliade, con un neologismo che indica uno stato di “estasi interiore”, di “autorivelazione del Sè”.




IL MIO PRIMO MAESTRO (C. PEROTTI -terza parte – LA TREMENDA LEGGE)

Abbiamo appreso dai precedenti post che :

– quando l’emisfero destro del cervello si libera dalla pesantezza dell’analisi e diventa straordinariamente intuitivo;

– Sentivo che si era trasformato in un canale negli esperimenti e tremava;

– “analizzava spesso le corrispon­denze curiose che si manifestano tra gli odori, i colori e i suoni;

– Gustavo, che non considerava la reincarnazione tra le proprie ipotesi, diceva però che lo spirito “sopravvive”;

– le possibilità non sono nate con Rol il suo percorso  di illuminazione è stato sollecitato dalla scoperta;

– il suo rammarico consisteva nella impossibilità di poter o voler lasciare una “regola”, una “formula”, per accedere al proprio spirito, Il grande desiderio di lasciare una dottrina;

– considerava l’universo come una realtà unica;

 – esistono due modi di vedere, uno con gli occhi del corpo, e uno con quelli dello spiri­to intelligente.;

la profonda fede , non dogmatica e sempre legata ai vangeli, la bibbia;

lo Spirito intelligente non abita il cervello, ma il cuore;

—————

Cari lettori questi  ultimi estratti dal libro “il mio primo maestro” risultano talmente chiari nel contenuto,  che risulta inutile qualsiasi commento personale, si aggiungono pertanto ai precedenti post sulla ” tremenda legge”, un mosaico che nel prosieguo mi auguro si arricchisca sempre più.

………………..

Alle persone abituate a confinare la realtà nel concreto, gli esperimenti di Gustavo potevano apparire offensivi. Essi si realizzavano in una di­mensione a loro sconosciuta, alla quale si può accedere solo con un’intuizione illuminata da ciò che potremmo denominare “buddhi”. Nello yoga si definisce come tale “il gioiello della corona del discernimento e della comprensione”, perché è la buddhi a consen­tire di affacciarci al vuoto.

Il vuoto è la cosa più importante che ci sia, provate a pensare a un vaso: se non fosse vuoto non servirebbe a nulla! … Anche una casa diviene abitabile solo perché porte e finestre si affacciano sul vuoto. Quando Gustavo ebbe per la prima volta la rivelazione dell’ac­cordo tra la quinta musicale, il colore verde e il calore si sentì smarrito, annotò sul suo diario “non scriverò mai più!” e provò un grande dolore. La creatura infatti, di fronte alla percezione del­l’infinito, può provare un forte spavento.

La realizzazione improvvisa della verità manda in frantumi tutto ciò con cui si era identificata, l’ego si sbriciola e non sa più a che cosa aggrapparsi. C’è ancora l’istinto di cercare un appiglio, ma sappiamo di trovarci di fronte all’abisso del vuoto. Mi sono chiesta se il calore del quale parlava Gustavo fosse la fiamma al­chemica della conoscenza, di un sapere che è Luce, Sole dei Veda o Brahman, il calore dell’Illuminazione.

Questa ipotesi è plausibile perché il colore verde corrisponde al chakra del cuore, al suo livello. Se osservate il simbolo di questo chakra, Anahata, vedete che esso è composto da due triangoli in­trecciati in modo da avere un vertice verso l’alto e uno verso il basso. Esso esprime con chiarezza l’ascesa della materia verso l’alto e la discesa dello spirito verso la materia e definisce nella propria trasparenza l’affermazione del divino. Nel X libro della Bhagavad Gita si legge: “Io sono il Sé che risiede nel cuore di tutti gli esseri, io sono l’inizio, il centro e la fine di tutti gli esseri”.

La quinta musicale, come certo sapete, è la nota dominante della scala, e nell’associazione con il calore e il colore verde potrebbe significare l’origine, la vibrazione del suono mistico dal quale tut­te le tradizioni dicono sia nato il mondo. Un grande musicologo tedesco, Marius Schneider, parlava di suono, anzi di grido, come principio della creazione. Dall’India all’Egitto, alla cultura ebrai ca, si parla di un suono antecedente o simultaneo a Dio, certo non posteriore, il che ci aiuta a comprendere che il mondo stesso è suono, è vibrazione. Per questo gli inni più antichi contengono sillabe mistiche e non parole.

Ho riflettuto a lungo sul colore verde, perché Gustavo mi disse un giorno che per aiutare una persona si deve evocare prima questo colore, immergersi in esso. Io lo facevo già, per istinto, nel mio istituto di yoga, invitavo spesso a sentire il verde, a immaginare un prato o un gazebo. Mi pareva che il verde, componendosi di giallo e di blu, consentisse di realizzare la percezione della totalità e dell’armonia. Questo mi spinse a chiedermi se il mondo che perce­piamo non sia altro che una somma di percezioni che hanno subito una metamorfosi.

Avrei voluto parlarne con Gustavo, ma negli ultimi anni era diventato impossibile avere un contatto con lui. Era come presi­diato, custodito, ci dicevano ogni volta che non poteva ricevere nessuno, o che era stanco.

Come vi ho già detto, io avevo sempre pensato che il famoso in­contro di Marsiglia fosse avvenuto con un sufi o con un discepolo di Gurdjieff. Per questo pensando al verde mi ricordai di el-Khidr, l’uomo verde del quale si parla in molti testi, e nel Corano come di colui che apprese a Mosè la conoscenza. El-Khidr era dunque un essere misterioso, i cui tratti ricordano un poco il nostro Elia e per altri aspetti San Giorgio. Il Corano lo rappresenta superiore ai pro­feti, come guida di Mosè, al quale chiede di avere “pazienza”, pa­rola che sembra alludere alla lunga fatica della vita spirituale. Di lui si dice che “egli sedeva su una terra arida e secca, ma quando si alzò si vide che la terra era diventata verde”.

Di questo uomo misterioso si parla anche nella letteratura per­siana, e tra gli iniziati musulmani e gli esoterici sufi viene consi­derato come il Maestro, il Melchisedek interiore. Così come egli è il Kether dei cabalisti e I’Atman degli induisti.

Resta il fatto che tanto il numero 5 quanto il colore verde si tro­vano al centro del loro mondo. Che cosa significa essere al centro se non uscire dalla condizione umana per entrare nel pieno stato dell’Essere? Ecco perché, a questo punto, non resta altro che diven­tare, come dice Gustavo, semplicemente una grondaia. Ciò che la­scia scorrere il divino, che accoglie e non si oppone a nulla.




IL MIO PRIMO MAESTRO (C. PEROTTI- LA TREMENDA LEGGE -seconda parte)

Tratto da “Gustavo Rol, il mio primo maestro”

Un giorno Gustavo mi disse che il cervello ospita tutte le memo­rie che abbiamo accumulato. Quando indovinava una malattia, quando si adoperava per ottenere una guarigione, quando si concen­trava e a volte il suo corpo era preso da un tremore, avevo l’impres­sione che traesse la verità da un oceano di chiarezza, da un’onda che veniva da molto lontano. Sentivo che si era trasformato in un canale, e che gli arrivava un messaggio, proprio come accade nelle culture tradizionali, quando l’emisfero destro del cervello si libera dalla pesantezza dell’analisi e diventa straordinariamente intuitivo.

Gustavo è stato spesso considerato un “illusionista”, in modo del tutto improprio. Quando le persone non sono preparate a in­contri così speciali, è naturale che li classifichino secondo gli schemi abituali della loro cultura e del loro cervello. Anche con i miei amici accade che talvolta sia difficile far intendere loro la vera natura dei mondo. Essi si ancorano alla sua apparenza, come accadeva a me fino al giorno in cui appresi a usare correttamente la mia intelligenza. Oggi faccio uso dei loro stessi organi senso­riali, ma in ogni essere avverto la presenza dell’Uno.

Facevamo spesso dei discorsi sull’Assoluto, perché dopo la mor­te dei miei nonni il problema dell’anima e del suo viaggio era diventato un tema ardente. Gustavo ed io avevamo entrambi bisogno di credere nella sopravvivenza, ma lui fu sempre avverso all’idea della reincarnazione.

Gustavo sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente, e che la personalità è un travestimento transitorio, una specie di bugia. La preghiera potrebbe dunque funzionare come un cavo che distribuisce con equanimità la pro­pria energia

“Dio, creandoci, ci ha dato delle possibilità straordinarie, io però ho dovuto esercitare una grande disciplina su me stesso, per­ché all’inizio ero un uomo assolutamente comune. Quando hanno cominciato a delinearsi certe mie possibilità ho sentito che dove­vo rinunciare a molte cose della vita, che dovevo spogliarmi dell’ambizione, del desiderio, anche del denaro.

Ho capito che gli amori effimeri non hanno senso, che mi oc­correva una disciplina, che dovevo combattere la mia pigrizia, per­sino la mia golosità. Poi ho sentito che la mia vera ricchezza stava nel donare, e questo è un tipo di potere che ti fa vivere bene, è per­sino gratificante. Ma io posso fare certe cose solo se sono ispirato, se mi sento autorizzato da un consenso divino“.

Gustavo diceva che tutti le abbiamo e che bisogna mettersi in condizione di percepirle. In que­sto senso i suoi consigli mi furono molto utili perché a quel tempo, benché seguissi l’insegnamento di Klein, si manifestava sempre in me la tendenza a scappare, a uscire dalla consapevolezza. Il mondo mi piaceva, lo trovavo pieno di cose eccitanti, la mente e i sensi erano pronti a inghiottire tutto ciò che mi si presentava. Proprio come le rondini giovani che hanno sempre il becco aperto.

Un giorno Gustavo mi disse che gli sarebbe piaciuto avere una formula, una regola che potesse offrire all’uomo la possibilità di passare dal regno della materia a quello dello spirito. Spesso par­lava di materia spirituale, ma la gente non era ancora matura per questo concetto, eravamo cresciuti nella dualità, stando bene at­tenti a non mettere un piede nelle tenebre. Che cosa era dunque questa materia spirituale? In realtà l’accesso al meraviglioso non è così facile, ma Gustavo non volle mai sentire parlare di occulti­smo o di pratiche magiche, dal momento che ci erano stati dati dei mezzi naturali.

Sapeva di essere stato dotato, tra essi, di un’intuizione molto profonda, se n’era accorto quando aveva tredici anni. Non dove­vamo avere fretta, solo essere disponibili. “Bisogna sperare”, dis­se un giorno, ma io sentii questa speranza come un preludio della sua certezza.

Gustavo aveva sorriso, ma egli analizzava spesso le corrispon­denze curiose che si manifestano tra gli odori, i colori e i suoni. Gustavo diceva che l’olfatto è un senso molto importante, che dobbiamo esercitarci per arrivare a ritrovare l’odore del nostro primo portapenne, dell’inchiostro o della copertina di un quader­no, delle rose o delle alghe, perché queste percezioni disegnano non soltanto la poesia della memoria, ma sono echi dell’amore dal quale siamo stati circondati.

Gustavo, che non considerava la reincarnazione tra le proprie ipotesi, diceva però che lo spirito “sopravvive”. In questo senso appariva convinto della sua immortalità e della sua eternità. L’anima è viva per definizione, ma è solo in assenza del corpo che è veramente libera. Per questo bisogna prepararsi a lasciare il corpo superando le proprie passioni, purificandosi alla maniera dei Pitagorici o degli Orfici, fino a riconoscere e realizzare la nostra somiglianza con il Divino.

Gustavo considerava l’universo come una realtà unica, di cui la molteplicità delle forme rappresenta gli echi. Eravamo entrate nel mondo delle idee, e anche alle mie compagne questo pareva un discorso un poco complicato.

Una sera, a casa di mio padre, Gustavo era venuto a cena e la cuoca aveva preparato le solite scaloppine al Marsala che egli predilige­va. Si parlò dei miei studi e delle “idee” di Platone ed egli mi fornì una spiegazione che cuciva insieme il paranormale e la metafisica. Utilizzando alcuni mazzi di carte da gioco — mio padre ne custodi­va sempre alcuni esemplari sigillati — Gustavo mi invitò a scegliere una carta: era il tre dí cuori. Si concentrò e mi invitò a guardare nel cassetto in cui erano riposte le posate. Sopra di esse erano posati i tre di cuori di altri due mazzi. Poi mi spiegò che esistono due modi di vedere, uno con gli occhi del corpo, e uno con quelli dello spiri­to intelligente.

Questa è la “visione”: essa ha a che fare con il mondo delle idee, la radice “id” infatti è riconducibile a una parola greca che significa vedere. Mi sembrò che il mondo, così come lo avevo sempre veduto, fosse andato in briciole: era vero che non si pote­va negare la realtà fisica degli oggetti, ma esisteva anche il loro doppio, e quello era appunto il mondo delle idee. Mi parve natu­rale che il corpo della nonna fosse stato soggetto al divenire, ma l’idea del suo essere era dotata di un’esistenza autonoma e poteva volare nel mio cuore. Ora mia nipote Caterina reca al dito l’anello della nonna, un occhio azzurro aperto sull’infinito, e le ho spiega­to perché Gustavo credeva nella sopravvivenza. lo stato di non-vuoto dipende dall’assenza di ciò che viene percepito. Per questo Gustavo pote­va attingere a un al-di-là liberato dal tempo, incandescente e bel­lissimo, poteva dipingere senza pennelli, alla maniera di Ravièr o di qualcun altro, e mettere nella borsa di una signora un messag­gio di suo nonno.

Gustavo sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente.

Mi parve natu­rale che il corpo della nonna fosse stato soggetto al divenire, ma l’idea del suo essere era dotata di un’esistenza autonoma e poteva volare nel mio cuore. Ora mia nipote Caterina reca al dito l’anello della nonna, un occhio azzurro aperto sull’infinito, e le ho spiega­to perché Gustavo credeva nella sopravvivenza. lo stato di non-vuoto dipende dall’assenza di ciò che viene percepito. Per questo Gustavo pote­va attingere a un al-di-là liberato dal tempo, incandescente e bel­lissimo, poteva dipingere senza pennelli, alla maniera di Ravièr o di qualcun altro, e mettere nella borsa di una signora un messag­gio di suo nonno.

……………………….

  1. quando l’emisfero destro del cervello si libera dalla pesantezza dell’analisi e diventa straordinariamente intuitivo. Concetto che abbiamo sentito già da Zeffirelli nel raccontare Rol, l’emisfero destro la parte intuitiva, creativa più tendente ad abbandonare la causalità materiale o la logica dei sensi
  2. Sentivo che si era trasformato in un canale negli esperimenti e Il termine canale è la grondaia, ed il mezzo per giungere alla coscienza sublime è la psiche, è lei a fare da grondaia, ma cosa intendiamo per psiche? condizione mentale non certo ancorata ai nostri parametri razionali o forse è più corretto, sensoriali, i quali se si guarda alla realtà come solo quella tangibile diventano sbarre di una prigione, sbarre per la psiche. Se invece si impara ad usare la vista, l’olfatto, l’udito, in maniera differente e allora…. “analizzava spesso le corrispon­denze curiose che si manifestano tra gli odori, i colori e i suoni. Gustavo diceva che l’olfatto è un senso molto importante”
  3. la reincarnazione, ne abbiamo ulteriore conferma non era tollerata da Rol. Gustavo, che non considerava la reincarnazione tra le proprie ipotesi, diceva però che lo spirito “sopravvive”.
  4. le possibilità non sono nate con Rol il suo percorso di illuminazione è stato sollecitato dalla scoperta forse involontaria di avere delle possibilità, che ha potuto coltivare solo attraverso una rigorosa disciplina su se stessa con la rinuncia ad alcune grandi tentazioni dell’animo umano e rivolgendosi all’amore alla carità e la preghiera, a cui diede una grande importanza come mezzo di comunicazione con il Divino.
  5. le possibilità le abbiamo tutti ma bisogna mettersi in condizione di “sentirle”, “percepirle”, i tempi non erano maturi, meglio le persone non lo erano e il suo rammarico consisteva nella impossibilità di poter o voler lasciare una “regola”, una “formula”, per accedere al proprio spirito, lasciando il mondo della materia.
  6. considerava l’universo come una realtà unica, e sapeva certamente che siamo tutti interconnessi, che ci abitiamo reciprocamente
  7. Poi mi spiegò che esistono due modi di vedere, uno con gli occhi del corpo, e uno con quelli dello spiri­to intelligente. Questa è la “visione”: essa ha a che fare con il mondo delle idee, la radice “id” infatti è riconducibile a una parola greca che significa vedere, non si pote­va negare la realtà fisica degli oggetti, ma esisteva anche il loro doppio, e quello era appunto il mondo delle idee. Questo doppio non è invisibile agli occhi ma il vedere, non la realtà fisica ma capire la vera natura delle cose, queste considerazioni le troviamo anche in alcune sue testimonianze audio, dove si creò in lui un’abitudine mentale a vedere con profonda osservazione tutto quello che ci circonda.

Amo questo libro e lo leggerei con piacere più volte perché la scrittura semplice, rappresentativa ed efficace lascia poco spazio ad interpretazioni ed ha in sé il “poter immaginativo” di visualizzare ciò che si sta leggendo come una voce fuori campo in un film.




IL MIO PRIMO MAESTRO (C. PEROTTI – LA TREMENDA LEGGE- prima parte)

Carla Perotti (Torino, il 27 luglio 1929) Ha praticato e insegnato yoga per oltre 60 anni, dal 1958, anno in cui ha fondato a Torino Sadhana, uno dei primi centri yoga della città, e l’Associazione Culturale Italo-Indiana, allieva di Giorgio Dharmarama e poi di Jean Klein, che ha seguito per 40 anni in tutta l’Europa. era pubblicista: ha lavorato 16 anni alla Gazzetta del Popolo, poi a La Via del Piemonte di Adriano Olivetti, Urbanistica, Nord e Sud, Paese Sera.   Nel 1958 ha fondato a Torino l’Associazione Culturale Italo-Indiana, per diffondere la conoscenza della cultura indiana attraverso conferenze, dibattiti, spettacoli musicali. Ha scritto una commedia, che è stata tradotta in serbo ed è stata sei mesi in scena al teatro nazionale di Belgrado. È tra i soci fondatori dell’Associazione per una guarigione consapevole, alla quale appartengono medici e psicologi.

Carla Perotti è autrice di alcuni libri sullo yoga, nei quali ha esplorato le radici della sofferenza e ha approfondito la relazione tra disagio psicologico e malattia, anche su se stessa, gestendo il cancro e la chemioterapia in occasione di un linfoma. Tra i suoi libri pubblicati: Lettere a un ragazzo drogato, I giorni del drago, Amarsi e guarire, Il tuo corpo, Lungo le rive del tempo (con De Agostini); Oltre i 50 (Rizzoli Sperling); Nel giardino della guarigione (Primalpe, poi Psiche); Gli ideogrammi del benessere (Promolibri); I miei maestri, Gustavo Rol, il mio primo maestro (Psiche); Essere Yoga (Serra Tarantola); Anime nomadiI portatori di Luce con fotografie di Enrica Bortolazzi; Calendario dei bambini tibetani, La giostra celeste (Lindau, Età dell’Acquario). Per dieci anni ha organizzato vicino a Piacenza una manifestazione dedicata a “I libri degli amici”, alla quale partecipavano alcune centinaia di lettori.

In un unico libro “Il mio Primo maestro”, Carla Perotti, oltre che una visione quotidiana di Rol nella fede, nell’intimità, nel cuore, ci ha fornito con la sua pubblicazione delle importanti conferme sia su temi “nevralgici” della sua filosofia, sia spunti differenti dal solito che arricchiscono e non lasciano nessun dubbio alcuno sui concetti ascoltati e riportati fedelmente da alcuni autori.

Tratto da “Gustavo Rol, il mio primo maestro”

Gustavo fu dunque il mio primo maestro, Fu lui a deporre dentro di me il primo seme dell’ “al­tro mondo”, come lo definiva traghettandomi oltre l’ovvietà delle cose concrete.

A sei anni sapevo ormai che si possono leggere i libri chiusi, che si può dipingere secondo lo stile di un pittore defunto come se fossero i suoi pennelli ad agitarsi sulla tela. Era chiaro che esi­stevano due mondi; inoltre sino a tre, quattro anni il bambino lo “sa”, perché la sua intelligenza non è di natura mentale. Il suo ego è ancora libero e fluttuante, nulla ha esistenza reale, la sua mente non è personale ma risulta dall’intreccio delle infinite menti spar­se nell’universo. Questo, forse, è ciò che accade al “risvegliato” dopo la lunga sofferenza della separazione, quando il suo ego è andato in briciole ed è divenuto simile a un lago di cera disciolta. Avasa, un maestro dell’advaita-vedanta che ho avuto la fortu­na di incontrare ancora di recente, diceva che il bambino non pos­siede il senso del “fare le cose” ma agisce attraverso la visione in­teriore della propria natura. Sarà più tardi l’educazione ad inca­strarlo con il meccanismo premio-castigo, a proporgli l’identifica­zione con l’immagine di un ego che si è allontanato dal suo vero Sé.

Lo Spirito intelligente del quale Gustavo cominciò a parlarmi quando ebbi dieci anni, costituiva una proposta di saggezza, rap­presentava forse la vibrazione con la quale avrei potuto colmare il divario tra il mio ego e il Sé. Penso che poche persone abbiano intuito il valore spirituale di quest’uomo, la cui iconografia lo ha spesso ridotto a un mago, a un cartomante mediatico festeggiato dalle folle. Gustavo aveva una fede profonda, priva di misure dogmatiche, per quanto la sua educazione cattolica lo conducesse con garbo, e talvolta con ironia, ad accettare l’idea del peccato.

Gustavo non considerava la sofferenza della malattia come una possibile compensazione, ma attribuiva un grande valore alle azioni buone, a ciò che possiamo fare per i nostri fratelli. Qualche volta citava il Vangelo, o un passo della Bibbia, “Cara Cicina — così mi chiamavano a quell’età — ri­corda sempre di seminare, allora potrai raccogliere …”. E andava per me a cercare una conferma in Matteo o in Giovanni.

L’intelligenza razionale è una bellissima cosa, ma è la sapien­za del cuore a farci crescere interiormente. Gustavo diceva che lo Spirito intelligente non abita il cervello, ma il cuore. Mi spiegava che il sistema animale non è un sistema chiuso, che un pesciolino e un gambero possono condividere un buco nella sabbia e avvi­sarsi a vicenda di un pericolo. Diceva che gli esseri umani do­vrebbero comportarsi come loro.

al Caffè Fiorio, ci guardammo negli occhi sorridendo e lui entrò in scena come se conoscesse perfettamente tutta la storia del mio cammino. Nascose una delle mie mani tra le sue e disse: “Una notte sognai di essere una farfalla che volava felice della propria sorte. Poi mi destai, ero il saggio Tchouang Tseu, ma non sapevo se ero il filosofo Tchouang Tseu che ricordava di avere sognato di essere una farfalla, o se ero una farfalla che in questo momento sognava di essere il filosofo Tchouang Tseu”…

Come sapere se il sogno ci appartiene e possiamo dire “ho so­gnato”, o se noi apparteniamo al sogno, se siamo noi ad essere so­gnati? Dissi a Gustavo che tutto questo mondo, tutto ciò che per­cepiamo allo stato di veglia, è il sogno del Brahman. Nulla è mai nato, dice l’Upanishad. Bevemmo una cioccolata calda e pastosa, ridendo, senza sapere chi eravamo. Disse che nessuno, in fondo, aveva compreso chi fosse, tutti lo travestivano da mago o da sen­sitivo, ma sperava che un giorno o l’altro, forse dopo la sua morte, qualcuno sarebbe riuscito a spiegare il vero significato dei fe­nomeni che produceva.

“Alla fine della vita vorrei poter lasciare una dottrina che faccia da specchio allo spirito di una persona. Tutti devono poter entrare in questa dimensione. Su questo piano la persona sarà libera da ogni sofferenza, vedrà i propri problemi come movimenti del divino … “.

…………..

Cosa dire nelle parti successive sarà ancora più’ interessante….ma già in questa prima parte apprendiamo attraverso le parole di Carla Perotti che Gustavo Rol che :

  1. L’intelligenza di Rol non è mentale e la mente era universale, non intesa come cultura ma come mente libera dalla coscienza personale, senza tempo e senza spazio, un mondo non prigioniero della personalità, traducendolo e portandolo a termini a noi noti: “una grondaia”
  2. che la condizione precedente era la condizione di un “risvegliato”, con l’ego personale che va in frantumi
  3. la profonda fede, non dogmatica e sempre legata ai vangeli, la bibbia.
  4. lo Spirito intelligente non abita il cervello, ma il cuore.
  5. la consapevolezza che non sarebbe stato compreso e che confidava nella possibilità che qualcuno dopo la sua morte potesse cogliere la sua eredità almeno sul piano “dottrinale” per spiegare il vero significato degli esperimenti, ricordate? “non è importante l’esperimento in sé ma le possibilità che ci offre…” 
  6. Il grande desiderio di lasciare una dottrina che a quanto specifica, sembrerebbe essere più una guida spirituale, uno specchio per l’individuo, per il suo spirito, accessibile a tutti e di aiuto per comprendere che la malattia e le altre prove sono “movimenti del Divino” e che per gli uomini potrebbe essere una rivelazione per vivere meglio il quotidiano.