POSSIBILITA’: TELECINESI (PENNELLI)

 

Telecinesi di pennelli

Remo Lugli

«Posseggo due dipinti ad olio di Francois Auguste Ravier, pittore francese morto nel 1895, ottenuti a casa mia. La sera di quell’esperimento Rol fece firmare ai presenti, sul retro, una tavoletta che poi pose su un cavalletto coi colori vicino. Egli se ne allontanò rimanendo a un paio di metri di distanza. Quale impressione nel vedere i pennelli muoversi da soli! Ci aspettavamo un dipinto e invece, dopo pochi minuti, ne trovammo quattro: la tavoletta era stata dipinta esattamente in quattro parti, raffiguranti quattro soggetti diversi che corrispondevano ai temi espressi da quattro persone del gruppo».

bis : «Sera del 20 ottobre 1974, in casa Lugli, presenti Remo, Else e Bettina, la dottoressa Rita Jacob, pediatra, Giorgio e Nuccia Visca.

Rol sembra ben disposto per fare uno dei rari esperimenti di pittura al buio: ha portato con sé i colori, i pennelli, un cartoncino telato di cm. 34 x 24 e una piccola tavolozza. L’intenzione è evidente, a giudicare dal necessario di cui si è munito, e noi siamo in agitazione, ma cerchiamo di contenerla; se ne parlassimo lui si riterrebbe obbligato a fare un dipinto e invece sappiamo che non vuole mai essere costretto a compiere qualcosa, bensì sentirsi libero di agire secondo gli impulsi momentanei. A quell’epoca la sua pittura al buio segue la tecnica classica, con cavalletto, o un supporto che lo sostituisca, pennelli e spatola. (Più avanti nel tempo farà le pitture un po’ più di frequente, usando però un altro sistema: colori a tempera e non a olio, lasciati nei tubetti o spremuti su un piattino, posti a fianco di una bacinella d’acqua e un foglio di carta piegato in quattro o otto, che poi a un certo momento viene gettato nell’acqua).

Dopo parecchi esperimenti con le carte Rol chiede di disporre una sedia isolata nella sala, tra la zona pranzo e il soggiorno. Dunque, farà la pittura! Ci mostra il cartoncino che è intonso e ce lo fa firmare sul retro, poi lo posa sul sedile, verticale, con appoggio alla spalliera. Su un’altra sedia depone la tavolozza, i tubetti a olio, alcuni pennelli di diverse misure e una spatola metallica. Sul fondo della sala, dalla parte opposta del tavolo, c’è il camino acceso. Fa spegnere le luci, ma trova che l’ambiente è ancora troppo illuminato dal chiarore della fiamma e mi prega di ridurre il fuoco coprendolo con un poco di cenere; senza soffocarlo, si raccomanda, perché un poco di luce deve restare. Eseguo. A luci spente restiamo in raccoglimento, aspettando. Rol ci prega di soffregare le mani e pronuncia il nome di Francois Auguste Ravier. Gli chiede di intervenire, se gli è possibile. Restiamo in attesa. (…). Gustavo dunque chiama lo “spirito intelligente” di Ravier che, secondo la sua teoria, è rimasto sulla Terra e può ancora operare, fare cioè cose già eseguite, senza creare nulla di nuovo. (Rol era solito dire, a proposito di Ravier, che non lo aveva cercato lui, la prima volta era venuto di sua spontanea volontà, forse per una affinità artistica). Gustavo ripete la richiesta, con un tono di voce normalissimo, colloquiale, pregando noi, nel contempo, di continuare a fregare le mani, rumore che poi alterniamo, sempre su suo invito, con lo stropiccio dei fogli di cui disponiamo. A un certo punto ci fa fermare e chiede la luce. Sul foglio che ha davanti Rol ha scritto in scrittura automatica, a matita, con grafia sua: “je suis ici avec vous F.A. Ravier” e l’elenco dei colori che avrebbe usato. Rol invita ogni signora a suggerire un soggetto che sia aderente alle caratteristiche della pittura del pittore francese rammentando che era solito dipingere brughiere, stagni, alberi spogli nell’autunno. “Perciò non chiediamo fiori perché non ne ha mai dipinti”. Vengono avanzate le richieste che si attengono a queste indicazioni. Dice Rol: “Vedremo quale sceglierà. Poi il dipinto lo sorteggeremo”. C’è grande aspettativa nel gruppo e anche gioia perché Rol, accennando al sorteggio, ha già assicurato che non distruggerà il risultato dell’esperimento.

Ora va a spremere dai tubetti sulla tavolozza piccole porzioni dei colori richiesti: bruno Van Dyck, verde, blu cobalto, giallo, vermiglione. Spegniamo di nuovo e Rol resta in mezzo alla sala, in piedi, a una distanza di oltre un metro dalle sedie. Sul fondo il camino, nonostante la cenere cosparsa sulle braci, manda un po’ di chiarore. Vediamo benissimo la sagoma di Rol. Nel silenzio si incomincia a sentire un fruscio. Cerchiamo di scrutare nel punto dove c’è il cartoncino e vediamo qualcosa muoversi: è un pennello, quasi orizzontale, con la parte posteriore leggermente più alta, come se fosse guidato da una mano. Il pennello si abbassa, scompare, ne sale un altro, poi è la volta della spatola che produce un suono diverso di raschiatura. Rol è sempre distante dall’improvvisato cavalletto, ogni tanto fa qualche passo verso il camino, poi ritorna, supera le sedie, viene verso di noi, torna ancora indietro. Non più in silenzio, adesso canticchia, bisbiglia qualcosa in francese. Sono trascorsi forse quindici minuti da quando i pennelli hanno cominciato a muoversi da soli e Rol dice: “È fatto, possiamo accendere”,

Meraviglia, il cartoncino è tutto dipinto, ma non con un unico soggetto, bensì quattro. II rettangolo è stato diviso in quattro parti uguali, con due linee a matita tracciate a croce, esatte, come tirate con una riga. i i quattro soggetti sono quelli chiesti dalle signore: uno stagno con lo sfondo di colline, un angolo di bosco con un albero spoglio, cespugli di brughiera, colline: la pittura classica di Ravier, sul tono bruno, del tutto simili a dipinti che si trovano anche in gallerie italiane, come la Galleria d’arte moderna di Torino. Controlliamo il retro del cartoncino, ci sono le nostre firme.

Per prima cosa Rol con la matita incide nell’olio fresco, alla base di ogni quadretto, la data, 20 ottobre ’74 e le parole: “Hommage à Ravier” seguite dalla sua sigla G.R, e sull’altro angolo l’anno per esteso 1974; questo per evitare che in futuro vengano spacciati per Ravier autentici. È un risultato stupendo che sorprende, oltretutto, per i quattro soggetti diversi, tosi come sono stati chiesti. Anche Rol si dimostra soddisfatto. Con cautela, senza toccare il colore, taglia il cartone sulle due linee a croce e regala un quadretto a Else, uno a Nuccia, uno alla dottoressa Jacob e il quarto ci prega di consegnarlo a Doretta Innocenti, assente per un impegno. Una serata davvero memorabile».

Giuditta Miscioscia:

«Prendiamo il quadro che Rol ha chiamato Ramo spezzato. Ero a casa sua, con alcune amiche mie. Rol era un po’ triste, credo avesse avuto discussioni con una persona cui era affezionato. Cominciò a parlare della tristezza delle cose che finiscono, dei rapporti che si interrompono, degli amori che svaniscono. Diceva che assomigliano a un ramo spezzato, un ramo che resta quasi come una ferita insanabile nel paesaggio. Prese una tela vergine, incollata su cartoncino. La fece vedere a me e alle altre persone presenti perché potessimo esaminarla e constatare che era vergine. Poi la mise sul cavalletto. Davanti alla tela, su un tavolo inetto, pose la tavolozza dei colori, alcuni pennelli, la spatola, il vasetto con l’acqua, insomma tutto quello che serve ad un pittore. Poi si allontanò e chiese a noi di non muoverci dai nostri posti. Era mezzogiorno, quindi piena luce nella stanza. S’avvicinò alla cucina dove stava preparandosi da mangiare. Scherzava, diceva frasi divertenti, chiedeva se volevamo mangiare anche noi la minestrina. Era dalla parte opposta di dove si trovava il cavalletto con la tela. Noi guardavamo lui e la tela, Io sapevo che stava per accadere qualche cosa di straordinario, e non perdevo d’occhio niente. A un certo momento ecco il prodigio. I pennelli cominciarono a muoversi da soli: si alzavano dalla tavolozza, si intingevano nei colori, nell’acqua, volavano sulla tela, avevano i tipici movimenti come se fossero nelle mani di un artista invisibile. Il lavoro si svolgeva frenetico, si sentiva anche il rumore che facevano i pennelli sulla tela. «Rol rideva e continuava a scherzare. Il fenomeno durò 5, forse 6 minuti. Poi i pennelli tornarono al loro posto, inerti. Il quadro era finito. Rol disse che  potevamo guardarlo bene. Ci alzammo e andammo a vederlo da vicino. I colori erano freschi e la scena rispecchiava il suo ragionamento. In un paesaggio bianco, invernale, si vedono due persone: una giovane donna di spalle che si allontana e lui, l’uomo, che si dirige dalla parte opposta e in mezzo a loro un grosso ramo spezzato che getta un’ombra di tristezza in tutto il quadro. «Quando mi regalò il quadro, Rol scrisse sul retro: “Il ramo spezzato. Proprietà della signora Giuditta Miscioscia alla quale ho donato con queste parole profetiche: `Questa é una cosa che a te non succeder mai, perché tu, solamente tu, rimarrai l’arbitro del tuo destino”».

 Monica Mondo:

«Ho visto un pennello che si muoveva da solo, docile ai desideri del pittore». «Quando tu vedi un quadro, non finito.. .e il pennello si muove da solo…».

Maria Vittoria Trio:

«Un pomeriggio mi accolse con il grembiule da pittore, in quanto stava ultimando una tela raffigurante un vaso di fiori i cui petali cadevano sul tavolino, poi mi invitò a sedermi al suo fianco. Gustavo, infatti, evitava accuratamente di avere di fronte a sé l’ospite di turno, affinché costui non si sentisse condizionato o suggestionato dai suoi occhi penetranti. “C’è qualcosa nel dipinto che non mi convince in pieno. Non credi che quel petalo abbia un’ombra poco reale? Cosa ne dici se facessi una piccola modifica?” “Forse hai ragione”, gli risposi, “anche se non sono la persona pili adatta per dare un giudizio pertinente”. Il cavalletto con il relativo porta pennelli si trovava a circa due metri da noi, a poca distanza dalla finestra. A un certo punto, nella piena luce del sole che illuminava lo studio, vidi il pennello sollevarsi e compiere la modifica cui Gustavo aveva accennato. Ancora adesso, a raccontare quell’episodio, mi vengono i brividi. Eppure sono sempre stata una persona razionale, distaccata e per natura piuttosto diffidente. Ciò che faceva Rol mi raggelava il sangue: dopo aver assistito a fenomeni come quello, non ero assolutamente più in grado di sostenere un discorso. Ascoltavo e basta, rispondevo a monosillabi, rimanevo a lungo scossa, quasi sconvolta da ciò che avevo visto realizzarsi sotto i miei occhi increduli».

Vittoria Storero:

«In un’occasione nella penombra ho scorto nitidamente il pennello muoversi da solo nei pressi della tela, mentre Gustavo se ne stava a tre-quattro metri di distanza…».

Maria Luisa Giordano:

«Spesso forze arcane gli correvano in aiuto, il carboncino e il pennello si mettevano a lavorare da soli. Addirittura poteva accadere che, mentre eravamo in salotto, sentissimo pennelli e carboncino muovere sulla tela. Poi Rol ci portava a vedere il dipinto: era stato modificato o ultimato. Doveva talvolta alzarsi di notte, il letto iniziava ad ondeggiare e allora capiva che doveva alzarsi: le stesse forze ignote, lo spingevano a terminare un quadro per cui, in quel momento aveva difficoltà di esecuzione. E in questi casi avveniva sempre il prodigio: il pennello partiva da solo, oppure la sua mano veniva guidata e il dipinto completato raggiungendo il giusto equilibrio».

Anna Provana di Collegno:

«Gustavo arrivò con tre tele bianche di varie dimensioni, non incorniciate, e  disse: “Scegli quella che vuoi”, e io ne scelsi una. Dopodiché mi disse: “Cosa desideri`?”. Io risposi: “Un paesaggio, possibilmente con dell’acqua”. Disse: “Benone”. Allora mise questa tela su un cavalletto, posò la tavolozza con i colori e i pennelli, si alzò. Questa mia amica ospite disse: “Per favore Gustavo non spenga la luce che abbiamo paura”, e Gustavo si mise a ridere e disse: “No no, non la spengo”, e lasciò una abat-jour accesa, e andò nella stanza vicina. L’altra amica mia che era presente, e che si definiva una scettica, invece ha voluto vedere bene quello che succedeva. Quindi vedeva Rol nell’altra stanza, ma quello che veramente può stupire tutti, lei ha visto benissimo i pennelli che dipingevano, in aria, che si muovevano velocissimi sulla tela, e i pennelli erano due. [Dopo un po’, terminato il dipinto] Rol lo prese lo mise sulla cornice del caminetto, ci sediamo li intorno e lui dice: “Ma guarda che il quadro non è finito” “Come non è finito?” “No no, sta comparendo qualcosa di nuovo”. E difatti è comparsa questa piccola figura che cammina sulla sponda di questo lago. Dopodiché Rol l’ha firmato, ha scritto la sera della seduta, e il quadro intitolato 1’Qmmage a Ravier, perché Rol sosteneva di non fare niente di nuovo, sosteneva che i quadri che lui faceva in questo modo [si realizzavano] perché era riuscito a captare l’energia vitale che tutti noi abbiamo, che quando ce ne andiamo rimane sulla terra, cioè l’energia non si distrugge. Rol era un profondo credente, non si parlava di anima o cose del genere. Lui parlava semplicemente dell’energia vitale che rimaneva sulla terra per un certo periodo. Lui era riuscito a captare l’energia di questo pittore, Ravier, che era il maestro di Fontanesi».

 

Fonte ” l’uomo dell’impossibile” di Franco Rol

 

 

 




POSSIBILITA’: TELECINESI 2°- PARTE

 

10. Franco Rol (autore):

Vidi l’ultimo esperimento nella primavera 1992, due anni prima della sua morte. Andò cosi: ci sediamo presso il tavolo ovale del suo studio a circa un metro e mezzo di distanza l’uno dall’altro. Si tenga presente che Gustavo ha quasi 94 anni, è stanco e provato fisicamente e si sostiene ad un bastone. Mi dice: “Nella cassettiera qui dietro di me, nel primo cassetto, ci sono dei mazzi di carte. Prendine due”. Io mi alzo, apro il cassetto, e scelgo due mazzi (ce n’erano sette o otto). “Mettili sul tavolo. Ora scegline uno, controlla che ci siano tutte le carte, mescolalo e poi distendi le carte per lungo”. Così faccio, poi mescolo e infine “stiro’ il mazzo di modo che tutte le carte siano l’una accostata all’altra. “Adesso fai correre il tuo dito sopra le carte e fermati sulla carta che preferisci”. Eseguo. Scelgo la carta. “Ora prendila e girala”. E una donna di cuori. “Adesso metti da parte il mazzo disteso, prendi quel coperchio di porcellana (di una zuppiera che si trovava su di un mobile accanto) e posalo sul tavolo”. “Prendi l’altro mazzo, mescolalo e poi mettilo sotto al coperchio”. Faccio tutto, poi mi dice: “Ora mi metterò in contatto con lo spirito intelligente di Einstein. Tu inizia a far ruotare lentamente il coperchio, mantenendolo sempre aderente al tappeto del tavolo. Faremo uscire da sotto il coperchio la donna di cuori”, io comincio a farlo ruotare, sentendo le carte che sotto cominciavano a sparpagliarsi, mentre lui dice alcune parole in francese, di cui capii solo l’esclamazione: Je suis le numero cinq, je suis le numero cinq” (Io sono il numero cinque, io sono il numero cinque). Mentre sto girando, lui mi incalza dicendo: “Più veloce, gira più veloce!” Mi concentro sul coperchio e pochi istanti dopo una donna di cuori viene letteralmente sparata fuori, proiettata lungo una traiettoria dalla parte Opposta a dove si trovava Gustavo, sorpassando il tavolo, volando per circa un metro al di là del tavolo stesso e infine posandosi per terra. “Alza il coperchio e controlla se manca la donna di cuori”. Nel mazzo sparpagliato sotto il coperchio quella carta mancava. Gustavo era sempre rimasto immobile sulla sua sedia per tutto l’esperimento, quasi come un grande saggio in stato di quiete. Quel giorno vidi solo un altro esperimento con le carte, poi si senti affaticato e si scusò con me per non potermi mostrare qualcos’altro, perché le sue condizioni fisiche non glielo permettevano.

11. Piero Servetti:

«Una sera c’era la presidentessa dell’ordine Mauriziano, poi la farmacista di Carmagnola, dottoressa Ferrari, c’eravamo io, mia moglie e Rol. Eravamo in cinque. Abbiamo fatto un esperimento con una zuppiera di ceramica. Noi chiedevamo una carta e lui girava, sul tappeto verde del tavolo, il coperchio di questa grossa zuppiera, vorticosamente, e schizzavano fuori le carte che noi chiedevamo».

12. Giorgio di Simone:

«Alle ore 21.30 del 9 marzo, riunione in casa Gazzera, sempre dieci persone. Inizia il crescendo dei fenomeni, aventi per base sempre vari mazzi di cane, fino a nove. Mi trovo sempre molto vicino a Rol e nulla mi sfugge, perché ritengo che ogni pur minimo dettaglio sia importante, per giudicare l’insieme dei fenomeni e per tentare di ricavarne elementi atti ad inquadrarsi in una meccanica paranormale e che potrebbero anche esprimere una loro sottile logica, quella dell’armonia, come afferma il nostro “sensitivo”. Molti esperimenti si ripetono con certe varianti, sempre affidando agli astanti — vecchi e nuovi ospiti — rimescolatura e scelta delle carte. Altri ne avvengono, nuovi per me, o di maggiore complessità operativa: Un mazzo perfettamente mescolato e tagliato è posto da una signora sotto il coperchio di porcellana di una zuppiera di casa. Viene indicata la carta base (un otto di cuori) Stavolta Rol incita una sua vicina di posto ad effettuare l’esperimento, facendo ruotare lentamente, dopo qualche secondo di concentrazione, il coperchio sul mazzo coperto, sempre mantenendolo aderente al tappeto del grande tavolo (circa m 2.50 x 0.90). Le carte escono ad una ad una, o per piccoli gruppi, da sotto il coperchio, ed ecco ancora una volta esaudito il “richiamo” arcano della carta-base: l’otto di cuori filtra anch’esso da sotto il coperchio, ma scoperto, in piena vista, in piena luce. Prima io, poi Andreana, tagliamo quindi a caso alcuni dei mazzi rimasti in ordine sul tavolo: la carta tagliata è sempre l’‘otto di cuori

13. Pietro Vercelli:

«Eravamo in diversi, c’era mia figlia Laura e altre persone. A un certo punto ha preso tre mazzi di carte, li ha dati a una di queste ragazze, ha detto di mescolarli, e poi di appartarsi in un angolo e di scegliere una carta una sola in questi tre mazzi mescolati. Loro si sono guardate, senza parlare, hanno scelto una carta, e l’anno rimessa nel mazzo. Poi lui dava Soltanto ordini, ma non le ha toccate queste carte. Le ha fatte appoggiare sul tavolo rotondo, ha detto di mescolarle bene, poi ha detto: “Quanti ne abbiamo oggi, che giorno è?” “Martedì” “Va bene, martedì è il secondo giorno della settimana, allora dividete questo grosso mazzo in due mazzi più piccoli. “Oggi che giorno é?” “Giorno 8” “Va bene, allora fate otto mazzettini” E poi con tutta [una serie] di calcoli del genere alla fine ha scartato circa la metà di queste carte e sono rimasti dei mazzi che poi ha fatto rimescolare. Ha detto di mettere in mezzo al tavolo, poi ha tolto il coperchio di una zuppiera che era sul comò  “Lui ha posto le mani su questa zuppiera, si é tolto l’anello che aveva, poi s’è concentrato, ha fatto un movimento del genere [accenna un leggero squotimento]. A un certo punto ha alzato questo coperchio, la carta che loro avevano scelto era girata al contrario e si era spostata in avanti di circa 20 cm, da sola. “È questa la carta che avete scelto?” E le ragazze hanno detto “È questa”».

14. Chiara Barbieri:

«Gli ero seduta accanto, Gustavo aveva davanti a sé un piatto di insalata, gli mancavano i condimenti: ha schioccato le dita in maniera discreta e poco rumorosa, un attimo dopo ho visto una saliera muoversi nell’aria e arrivare sul nostro tavolo».

«A un certo punto, senza che Rol avesse detto o fatto alcunché, ho visto con assoluta certezza un tappo di sughero viaggiare in aria dalla cucina al salotto, dove eravamo riuniti: siamo rimasti tutti letteralmente di sasso».

15. Maria Luisa Giordano:

«Era luglio, faceva molta caldo. Ci trovavamo all’ospedalino Koelliker da un paziente: i medici diedero a Rol una ricetta da leggere. Purtroppo aveva dimenticato gli occhiali a casa: “Li vedo”, diceva, “li vedo, sono sul mio comò retour d’Egypte nel mio studio”. La finestra della camera era aperta, all’improvviso, non solo io, ma anche i medici presenti, vedemmo arrivare i suoi occhiali che, librandosi nell’aria, si posarono sulle ginocchia di Gustavo dopo essere passati dalla finestra aperta. Senza dar peso alla cosa, anzi con molta disinvoltura, come se niente fosse, li infilò e si mise a leggere la ricetta, noi non potemmo che guardarlo attoniti».

16. Bianca Tallone:

«La prima volta che conobbi Gustavo Rol fu quando arrivò ad Alpignano Madame Marthe Peyronny che avevamo conosciuto nei nostri anni di Parigi e che gestiva uno spazioso negozio in Rue du Faubourg Saint Honoré, gestito da lei e dal suo compagno Léon Gruel (…) Una volta arrivata ad Alpignano andammo con Marthe a trovare Rol nella sua dimora torinese dove risaltavano non pochi oggetti napoleonici acquistati nell’atelier di Gruel, e tra questi un piccolo mortaio che aveva partecipato alla battaglia di Waterloo. Mi regalò tre bottoni del soldato morto nella battaglia, poi esibì davanti a noi i suoi poteri, facendo camminare un ombrello per otto metri e spiegò come aveva fatto a passare fisicamente attraverso il muro del suo appartamento, cosa che gli costò fatica e dolore».

17. Franco Zeffirelli:

«ebbi anch’io la fortuna di conoscerlo e diventarne amico. La prima volta che fui ricevuto a casa sua, vidi con i miei occhi il “gioco” che faceva un po’ per divertire e un po’ per conquistare gli scettici: stavamo parlando e il posacenere che era davanti a me si sollevò dal tavolino, attraversò il muro, fini nell’altra stanza e rientrò dalla porta ritornando davanti a noi. Stupefacente».

18. Renzo Allegri:

«Alla fine del pranzo, Rol mi disse, “Vuoi delle noci?”.

” sì, un paio di noci le mangio volentieri” risposi e mi guardai intorno per fare cenno a un cameriere di venire al nostro tavolo. Rol guardò invece verso un tavolo, in fondo al salone, sul quale c’erano diverse qualità di frutta. Apri la mano destra verso quel tavolo e io sentii uno strano rumore, quasi un sibilo, come di qualche cosa passata velocissima, e Vidi Rol chiudere la mano come per prendere al volo l’oggetto. Sorrise, apri la mano e depositò davanti a me una noce. Si girò di nuovo verso il tavolo della frutta e di nuovo quel rumore, quel gesto e una seconda noce era davanti a me. Ero come ubriaco. La stanza era illuminata e in piena luce. La mano di Rol, libera da ogni impaccio. Date le circostanze, era da escludere nei modo più assoluto qualsiasi trucco o imbroglio».

19. Aldo Provera:

«Un giorno ero con Rol in una pasticceria nel centro di Torino. Di fronte al bancone, Rol mi fece notare dei grandi vasi di vetro, contenenti cioccolatini di vario colore, posti in alto, nello scaffale di fronte. Rivolgendosi alla commessa, le chiese: “Signorina, di che gusto sono quei cioccolatini con la carta rossa, nel primo vaso di destra?”. “Aspetti che prendo la scala e glieli prendo”, disse la commessa. Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare il movimento della signorina in atto di salire sulla scala, che sentii Rol dire “Non importa, faccio io”, di colpo ritirando a sé una mano come nell’atto di aver colto qualche cosa arrivato all’improvviso. Aprì la mano e, in bella evidenza, c’era nel suo palmo il cioccolatino desiderato. La commessa rimase di stucco, come il sottoscritto. Rol, per nulla stupito, si rivolse nuovamente alla commessa: “E quelli con la carta blu, sono al latte o fondenti?”, nuovamente ritirando a sé l’altra mano che, inutile dirlo, una volta aperta e mostrata al sottoscritto, conteneva un cioccolatino con la carta blu. Questi sono fatti veri, ma so benissimo che se io fossi in lei, stenterei al crederli. Perù io li ho vissuti personalmente).

20. Alexander (Nella Liboni):

«Una mia amica a casa sua mi ha detto [che] la sua cassapanca … si è spostata — una cassapanca che peserà duecento kili — da sola di sei metri lungo il pavimento».

21. Remo Lugli:

«Una sera del 1974, in casa Rol. Remo ed Else Lugli.

È una visita esclusivamente per stare in compagnia. Gustavo ha voglia di chiacchierare e ci ha telefonato pregandoci di andarlo a trovare. A un certo punto il discorso finisce sulla pittura e lui ci accompagna nel suo studio per mostrarci il dipinto, sono rose, cui sta lavorando in quei giorni. Tiene al giudizio di Else, che sa anche lei pittrice, per diletto, ma brava. Gustavo espone un suo dubbio: sente che un certo settore ha necessità di un’aggiunta di colore, ma i punti in cui intervenire sono due, bisogna scegliere quale. Stiamo discutendo per valutare l’opportunità, in piedi, a quattro metri di distanza dal dipinto che é sul cavalletto e Rol tiene la mano destra aderente al petto e tra le dita un gessetto. Improvvisamente, senza che la sua mano si muova, il gessetto schizza via e, in linea perfettamente orizzontale, va a colpire uno dei due punti in discussione lasciandovi un segno. La variazione è da farsi li. E lui (‘indomani la fa, con ottimo esito».

«Capitava talvolta che Rol fosse in questo salotto con un ospite e il discorso cadesse su Napoleone e sugli oggetti che era riuscito a trovare, a volte come s’è visto avventurosamente, come se loro stessi, casi agognati da Rol, volessero raggiungerlo per radunarsi tutti insieme. Quasi sempre, all’improvviso, un bottone partiva dalla bacheca, che era chiusa, e si posava sul tavolo o sul pavimento davanti all’ospite sbalordito. Era un gesto d’omaggio, non un regalo: troppi bottoni sarebbero andati dispersi. Rol lo prendeva in mano, lo faceva ammirare al visitatore, poi lo rimetteva al suo posto».

22. Carla Perotti:

«Anche a casa di Aldo Provera erano volate le carte, letteralmente, erano uscite da una coppa proprio come era accaduto a casa mia. E i pennelli s’erano mossi nell’aria e avevano dipinto!…».

PER LA TELECINESI CON I PENNELLI SEGUIRÀ POST SUCCESSIVO

 

Fonte ” l’uomo dell’impossibile” di Franco Rol




POSSIBILITA’ : TELECINESI 1° PARTE

Telecinesi

1. Jorio (Pierlorenzo Rappelli):

«Un avvocato di Torino, che desidera mantenere l’incognito e che da anni segue gli esperimenti di Rol, racconta a sua volta: “(…) A casa mia, un busto di marmo che pesa una ventina di chili si portò, dal caminetto, al centro del tavolo senza che nessuno si fosse mosso».

(Bis) Pierlorenzo Rappelli:

«Una sera Gustavo — eravamo in casa nostra, nella sala da pranzo, c’era un tavolo di marmo in cui facevamo gli esperimenti, di fianco a noi una consolle sulla quale c’era un busto di Napoleone in pietra che pesava una quindicina di kg perché doveva essere grosso modo 40 cm di altezza e 20/30 cm di larghezza. Durante l’esperimento Gustavo ordina allo spirito intelligente che si era manifestato in uno degli scritti di trasportare il busto di Napoleone sul tavolo e lo spirito intelligente non esegui immediatamente è Gustavo, con un tono estremamente perentorio ha detto: “Sono il numero 5: lo ordino!” e all’istante questo busto si è trasportato dalla consolle sulla quale si trovava, sulla tavola, facendo un metro e mezzo di “salto” se si può dire. Nessuno di noi può averlo preso o posato perché c’eravamo tutti seduti intorno al tavolo e un busto che pesa una quindicina di kili non lo si prende certamente con un dito per poterlo mettere sulla tavola. Ora, si può dare la spiegazione che Gustavo ci aveva tutti ipnotizzati, poi è andato a prendere il busto e lo ha messo sulla tavola. Se si vuole dare una spiegazione del genere evidentemente la si può dare. Non credo che sia logica e [credo] che non abbia nessun fondamento».

Un giorno che siamo entrati in un locale pubblico la porta si è aperta da sola davanti a noi senza che nessuno la toccasse e quando gliel’ho fatto notare mi ha detto: “Ah, mi fa piacere che lo hai notato”».

«Più volte è intervenuto in sala parto: il prof. Poini, di Torino, è un suo caro amico che molte volte gli ha chiesto di intervenire. I medici ne potranno chiedere conferma al prof. Poini. Si è verificato che con un semplice gesto a distanza, il dottor Rol riusciva a far rotare nell’utero della partoriente, il neonato, in modo che la presentazione fosse tale da favorire il parto».

2.Cesare Romiti:

«L’ho visto spostare a distanza un paio di occhiali caduti a una signora sua ospite».

3. Ermenilda Magnetti:

«Una volta, nella penombra, ho visto spostarsi due vasi in aria».

4. Boni (Luciana Frassati):

«La Frassati me ne ha raccontata una di Rol, l’unica cosa che ha visto. Mi ha detto che con Rol si sono trovati a Parigi insieme. Lui cercava un disco con la marcia di Napoleone. Lei conosceva un negozietto di dischi, un negozietto polveroso, da mercato delle pulci. E allora gli dice: “Tu che cerchi una marcia dei soldati di Napoleone, guarda che li dentro può darsi che trovi qualcosa”, e insieme sono entrati in questo negozietto. Rol chiede al negoziante se avevano questo disco: “Qualcosa devo avere” — gli risponde -­”ma non so se sarà facile trovarlo” ed inizia ad andare alla ricerca, perdendosi nei meandri polverosi e scuri del negozio. Dopo aver rovistato un po’ in giro, si rivolge a Rol e gli dice: “Guardi, so che ce l’ho ma proprio non lo trovo”. Allora Rol gli risponde: “Ma senta, forse è meglio che provveda io” e a questo punto Luciana Frassati ha visto uscire da uno scaffale un disco, che era ammucchiato insieme ad altri, e quindi volteggiare fino al banco, dove si è depositato. Il negoziante aveva i capelli dritti… Ed era proprio la marcia dell’armata di Napoleone, il disco che cercava Rol.

5. Federico Fellini:

«Un giorno a Torino, era freddo, tirava vento, e io sento subito freddo in testa, entro in una cappelleria per comprarmi un cappelluccio con cui ripararmi. Ero con l’amico Rol, un amico mago, che è restato ad aspettarmi fuori. Ho detto al proprietario che cappello volevo, una specie di cloche, molto leggera, da appoggiare in testa come un fazzoletto, ma che, a differenza della cloche classica, avesse la tesa rigida, più sostenuta, che restasse alzata. Lo volevo così, un po’ casual, con un disegno di scacchi sulle tonalità del grigio. Un cappelluccio inglese senza pretese che servisse a scaldarmi la testa. Il cappellaio, ossequioso, cominciò a ad estrarmene diversi, ma nessuno come lo volevo io. Tirava fuori eleganti Borsalino, lobbie austere, feluche, baschi di tutti i tipi. Qualcuno lo provavo per compiacerlo, per non mortificarlo, e poi sbirciavo fuori della vetrina, dove c’era Rol, per cercare la sua approvazione. Lui mi faceva invece dei plateali segni di diniego col braccio. Non ce n’era nessuno che gli piacesse. Ho ringraziato il gentile proprietario e sono Uscito. Poco più in là, sotto i portici, siamo entrati in un’altra cappelleria, un antico negozio, nobilissimo, con un suo prestigio commerciale maturato nella capitale del regno, forse erano i fornitori di corte, chissà. Uno di quei negozi che si incontrano a Londra in Oxford Street, o a Milano, nelle grandi capitali, dove non puoi non trovare quello che cerchi. E invece ancora una volta avevo scelto male perché la commessa, gentilissima, con un grembiule di satin nero, affabilmente, ma con la fermezza di chi conosce la propria professione e il posto di lavoro in cui passa la vita, escludeva di potermi accontentare; non avevano il cappelluccio come lo chiedevo io, non io avevano mai trattato, non c’era speranza. Ma Rol, che questa volta era entrato con me, senza badare troppo ai nostri convenevoli, si limitò a indicare qualcosa verso la parte alta di una scansia; le pareti del grande negozio erano interamente ricoperte di scaffalature, e le scaffalature ordinatamente stipate di scatole e cappelli. Lassù in cima, proprio sotto la volta del negozio, dove indicava Rol, una scatola si era affacciata, si era sporta dalla sua allineatura come se qualcuno l’avesse sospinta da dietro. “Guardi la, signorina, guardi lassù…” invitava Rol con la sua cadenza torinese, verso la scatola che si era come protesa verso di noi. Rimasi a guardare, con gli occhi rivolti al soffitto, mentre la commessa, indifferente e soltanto per compiacerci, saliva sulla scala per prendere il cappello indicato. Non era per niente stupita che una delle scatole, di sua iniziativa, avesse rotto il severo allineamento, né che dentro, una volta scesa, vi si trovasse esattamente, inequivocabilmente, il cappelluccio che io tentavo di descriverle da dieci minuti. Lo misi in testa contento: era proprio come io volevo io. Pagai e uscii. Soltanto una volta fuori, col tepore di quella lana leggera in testa e lo smarrito divertimento di un privilegialo davanti al prodigio, provai a farfugliare qualche domanda a RoI. Ma lui non ammise niente, rideva divertito, a sua volta stupito del mio stupore. Non volle mai ammettere di aver avuto una qualche parte nell’acquisto di quel cappello; ancora oggi dice di non ricordarsi di essere mai stato con me da un cappellaio, nega ogni addebito, dice che sono io che fantastico attorno alle cose. Ma un giorno, se mi capita, voglio raccontargli il seguito della storia, perché quel cappelluccio che ancora indosso nelle giornate rigide, d’inverno, é stato protagonista di vicende in cui c’entra per forza la magia, come nelle favole, e che mi piacerebbe rendere note, se potessi».

6. Pitigrilli:

«Una sera eravamo in casa del giornalista pittore Enrico Gianeri-Gec. Qualche bicchiere di whisky aveva rallentato in Rol i controlli. Dopo alcuni esperimenti Rol disse: “Gec, lei mi è simpatico; finora ha visto esperimenti di primo e secondo grado. Le offro qualcosa di più. Prenda un mazzo di carte qualunque, lo tenga stretto tra le sue mani. Ripeta la seguenti parole (e gli recitò una formula che non trascrivo). Il giornalista ripeté la formula e tutte le carte del mazzo furono proiettate a ventaglio.

7. Fratello del dr. Franco Bona:

«Poiché doveva tirare fuori da ogni mazzo una carta di un certo valore e seme (non ricordo più quale), fra il mio stupore e smarrimento vidi che le carte saltellavano da sole fuori dal mazzo, cosi (fa il gesto) una dietro l’altra e naturalmente si muovevano sola quelle ricercate e richieste e si disponevano come desiderato da Rol»

8. Furio Fasolo (n.p.):

«Un notissimo pittore torinese, che frequentò a lungo il dottor Rol, mi aveva assicurato: “Da lui c’è da attendersi di tutto. (…). Una volta vidi Rol far restare sollevate nell’aria carte da gioco, che si erano sollevate da sé, senza che egli le toccasse. Era bastato un suo ordine».

9. Alessandro Uboldi:

«Ho visto per due volte tremare la carta in cima al mazzo (carta che corrispondeva a quella scelta in precedenza in un altro mazzo), e Gustavo mi ha detto che pochi se ne accorgevano».

Fonte ” l’uomo dell’impossibile” di Franco Rol




POSSIBILITA’: TELECINESI (introduzione)

 

La Psicocinesi, conosciuta anche con il nome di “telecinesi”, deriva dai termini greci “psyche” ovvero “anima o mente” e “kinesis” che significa “movimento” che tradotto letteralmente vuol dire “muovere con la mente”.

È una delle più conosciute manifestazioni paranormali prodotte da un essere vivente che avrebbe la capacità di influenzare l’ambiente circostante tramite una forza fisica invisibile tale da spostare e manipolare degli oggetti inanimati. I parapsicologi attribuiscono una sigla per identificare i fenomeni legati alla psicocinesi dalla sigla Pk.

Il termine Telecinesi comparve per la prima volta nel 1890 grazie al ricercatore britannico Frederic William Henry Myers, uno dei fondatori della Society for Psychical Research, in Inghilterra.

Il termine Psicocinesi invece fu usato qualche anno più tardi, nel 1914, dall’americano Henry Holt e venne subito adottato dal noto parapsicologo americano J. B. Rhine. Si possono riscontrare varie forme di Psicocinesi. I parapsicologi ne hanno definite alcune tipologie tra le quali il Poltergeist, la Psicofonia, la Psicografia, la Levitazione, l’Ectoplasma, la Materializzazione, la Smaterializzazione, e così via. Non rientrano nella psicocinesi la Telepatia e la Chiaroveggenza che sono manifestazioni della medianità fisica.

Macro-Psicocinesi: rientrano tutti questi fenomeni che sono visibili chiaramente ad occhio nudo, come la Levitazione o lo spostamento degli oggetti.

Micro-Psicocinesi: appartengono a questa categoria i fenomeni non direttamente osservabili, come deboli alterazioni della temperatura di un corpo o modifiche di un campo magnetico.

Di seguito tutti i fenomeni Psicocinetici:

Aerocinesi: potere di controllare il movimento dell’aria;

Alterazione della Materia meglio conosciuta come Alchimia;

Alterazione delle Probabilità;

Atmocinesi: ovvero il controllo del clima col pensiero, (vedi la “danza della pioggia”);

Biocinesi: manipolazione della materia organica;

Criocinesi: capacità di creare ghiaccio e correnti d’aria fredda;

Cronocinesi: facoltà di influenzare il tempo e di viaggiare nel tempo;

Deformazione degli Oggetti (in particolare i metalli)

Elettrocinesi: potere di creare e modificare l’energia elettrica;

Forme di Pensiero (ad esempio la proiezione nella realtà di un’immagine tridimensionale);

Fotocinesi: ovvero la facoltà di controllare la luce;

Geocinesi: capacità di controllare la terra;

Guarigione;

Idrocinesi: facoltà di controllare e modificare il movimento dell’acqua;

Levitazione: potere di mantenere in sospensione sia se stessi che gli oggetti;

Magnetismo: ossia avere il controllo sui campi magnetici;

Pirocinesi: capacità di creare e controllare il fuoco.

FONTE : https://www.mitiemisteri.it/fenomeni-facolta-paranormali/psicocinesi-telecinesi

Ora veniamo a Gustavo Rol. in questa seconda parte del Blog, stiamo testimoniando le sue possibilità e con un approccio multisciplinare i pro ed i contro. Questa possibilità come le precedenti finora passate in rassegna lasciano poco spazio a trucchi o suggestioni: guarigioni, interventi sulla materia, sul pensiero, l’unica spiegazione e che tutti i testimoni hanno mentito, mi sembra l’unica plausibile, non regge nemmeno più la scusa cicapiana che sono tanti i personaggi della storia, anche intelligenti e famosi che sono stati deviati, fuorviati dal mentalista, mago Rol, definendo implicitamente poco intelligenti le testimonianze di chi non era sotto i riflettori o appartenenti a ordini di medici, scienziati ecc. o che non hanno avuto un risalto storico. Il punto è questo i detrattori hanno giocato la “carta” dei “giuchi di carte”, ossia hanno bluffato puntando su una misera coppia in mano : giochi di carte, lettura di libri, antiche prove di prestidigitazione! facile no? peccato che le possibilità di Rol descritte sin ora, sono all’attenzione odierna di studi scientifici, parapsicologici e medici, senza contare che la misera coppia in mano dei detrattori non è composta nemmeno da una coppia di 10 o 9 ma fatto di 3 o 4 anche di picche, perché anche nel caso degli esempi da loro presi a scudo sono sconfessati perché avvenivano in condizioni non riconducibili a maghi o prestigiatori. Resta ovvio che gli stessi detrattori non si sono mai espressi su i concetti chiave di Rol!!!

Per tanto tratteremo come ultima la possibilità di Rol in merito alle carte, anche se lui cronologicamente le chiamava “le aste”, ciò perché è meglio far tacere subito le malelingue e rendersi conto che i bluff, le illusioni, a volte rendono illusi gli stessi che li mettono in atto!