POSSIBILITA’: VIAGGIO NEL TEMPO

 

Viaggi nei tempo

Pierlorenzo Rappelli:

«Una sera ospitai un amico, accompagnato da una signora francese che non avevo mai conosciuto. Li presentai al dottor Rol e, dopo qualche esperimento fatto con le carte, ci accingemmo a un viaggio nel passato. Questa ragazza vive presso Parigi, ma i suoi nonni hanno tutt’ora una casa a Tournai sul confine franco-belga. Poiché essa non credeva alla possibilità del viaggio nel passato mi chiese che le venisse descritta com’era, cento cinquant’anni prima, la casa dei suoi avi.

Naturalmente, fui in grado di darle una spiegazione perfetta. Descrissi minutamente l’interno, feci riferimento a oggetti che non si trovano più, ma che la mia ospite ricordava di avere ritrovati da bambina nel solaio della casa dei nonni.

In un’altra occasione — sempre con l’aiuto del dottor Rol — ebbi modo di accertare quale sarà la situazione della zona di Porta Nuova a Torino nel 2200 e potei confrontare quanto “vidi” con quello che un’altra persona aveva detto, durante lo stesso esperimento, in mia assenza».

«In un’altra occasione di viaggio nel passato, mia moglie è stata proiettata alla corte del re dei Sumeri (4000 anni avanti Cristo), ha visto il proprio spirito intelligente e ha descritto come era abbigliata: una tunica, braccialetti, varie cose».

I viaggi nel tempo si facevano in condizione di rilassamento. Avevamo stabilito all’inizio il periodo di visita che volevamo fare, se era il futuro era un futuro sufficientemente lontano, perché non potesse avere una interferenza con noi o i nostri discendenti, e se era un passato era un passato piuttosto lontano, e qualche volta in zone che io non conoscevo assolutamente. Ora, parlo di me stesso, perché li ho fatti io molte volte, ma non sono l’unico che ha fatto i viaggi nel futuro, nel passato con Gustavo, li ho visti fare da moltissime altre persone. Tra l’altro farò un cenno sul tentativo di viaggio che aveva fatto il comandante Riccardi, che non so se oggi è ancora vivente o no. Questi esperimenti di “viaggi nel futuro” si facevano quindi in questo stato di rilassamento, quindi in uno stato di onde cerebrali alfa, in cui il cervello destro funziona in modo più importante che il sinistro, quindi il ragionamento cerca di diminuire e aumenta l’intuizione. E in queste condizioni, quando si arrivava alla data che avevamo stabilito — si andava o aumentando o diminuendo le date: per esempio si diceva: “Siamo nel 1968, adesso siamo nel 1960, nei 1950, eccetera, poi quando avevamo fissato per esempio il 1420, diceva: “Sei in questo momento nel 1420: vai”. E quando diceva “vai”, la prima immagine che mi veniva in mente, o nell’immaginazione, la descrivevo. E Gustavo doveva viaggiare praticamente con noi, con me, perché qualche volte mi dava delle indicazioni, mi diceva, per esempio: “Guarda a destra. C’è un uomo. Descrivimi quest’uomo”, oppure: “Descrivimi quella casa o quei castello che c’è sulla sinistra, o quella strada che hai davanti a te”, o cose del genere. Quindi doveva captare quello che captavo anch’io. Gli esperimenti di viaggi nei passato e nei futuro avevano un interesse di captare qualche cosa che poteva essere un eventuale evoluzione dell’umanità, o di quello che erano state delle situazioni storiche. Io ricordo di aver vissuto, con grandissima emozione, la mia partecipazione.., alla battaglia di Waterloo… [come] ufficiate della guardia imperiale… Ma non abbiamo mai fatto degli esperimenti a titolo speculativo, cioè mai con un interesse diretto a ottenere delle informazioni anche soltanto scientifiche, o storiche,  per avere un’utilità qualunque. Ed erano degli esperimenti che erano abbastanza interessanti da fare soprattutto per la persona che li viveva, perché gli altri ascoltavano quello che la persona diceva. Quello che mi è capitato due o tre volte, in questi viaggi, di parlare delle lingue che non conoscevo, di parlare — credo — in norvegese, di parlare una lingua totalmente sconosciuta che si parlerà in un futuro. Capisco perfettamente che questo tipo di esperienza che è puramente soggettiva non possa essere portata a titolo di esempio come un esperimento probante, perché qualunque essere negativo o critico potrebbe trovare altre spiegazioni al fatto di percepire delle immagini in questo tipo di esperimento, quindi non gli do un’importanza assoluta».

 Franca Pinto:

«Un giorno mentre eravamo in viaggio sulla strada verso Parigi, ci siamo fermati presso Waterloo, nei luoghi della battaglia napoleonica. Mentre passeggiavamo, Rol ha cominciato a descrivere alcune situazioni della battaglia, come se stesse osservando un film, come se si trovasse immerso nella battaglia: “Ecco, là, il comandante tal dei tali! No! è morto, è morto! E là c’è… l’ufficiale…”           ecc. Poi, preso completamente dal pontos della battaglia e dalle morte di persone che sembrava aver conosciuto direttamente, è scoppiato a piangere, stava male e sudava, sembrava proprio disperato».

Remo Lugli:

«Sera del 29 novembre 1975, in casa Visca, presenti Giorgio e Nuccia Visca. Silvano e Doretta Innocenti, la signora Maria Vittoria Trio, Remo ed Else Lugli.

Rol manifesta l’intenzione di fare un “viaggio”. Chiede carta per scrivere in scrittura automatica. Vengono attenuate le luci e dopo pochi secondi egli incomincia a scrivere. II testo è all’incirca questo: “Io amo quei paese perché dà un senso di pulizia e di .,. (qui due parole risultano sovrapposte e non si decifrano) anche se sotto sotto c’è molto infingimento. Non so come la gente possa vivere in quest’aria purissima. Ma che barba!” Dopo la lettura di queste frasi qualcuno chiede se quel paese è il Tibet. La risposta, ancora scritta, con lettere altissime, è: “Ma nooo,  qui vicino”
Doretta Innocenti dice che vorrebbe andare a vedere quel luogo. La risposta in scrittura è: “L’accompagno io”. Rol ritiene quindi che la scelta per il viaggio possa cadere su Doretta. Si spegne la luce, c’è qualche secondo di attesa, poi Doretta incomincia a parlare: “Vedo un paesaggio con dei pendii verdi, in una giornata splendente, una contadina con il fazzoletto sulla testa…”. Rei interviene: “Si, una contadina, la vedo anch’io”.

In questo momento si sente, Fortissimo, sulle nostre teste, uno scampanio. Un campanello sta tintinnando e il tintinnio si sposta, fa il giro sopra di noi. Dopo cinque o sei secondi di questo suono, l’oggetto cade sul tavolo. Si fa luce e si guarda con stupore quello che è “piovuto”. È un campanello a sfera di bronzo, con patina antica, del diametro di sei centimetri. (._.). Si può ritenere che questo oggetto risalga al ‘500 o al ‘600. Rol, nel suo commento, afferma che è venuto da un luogo dove non apparteneva a nessuno; il suo trasferimento non ha turbato alcun equilibrio, alcuna armonia; se ci fosse stato questo pericolo, il fenomeno non si sarebbe verificato. Il dott. Rol lascia il campanaccio in dono a Doretta Innocenti».

Luigi Giordano :

«Mi diceva un mio amico che in uno dei viaggi fatti nel passato lui aveva portato a casa una grossa perla. Però come sempre Gustavo non voleva che nessuno approfittasse di queste sue possibilità per arricchirsi, e la grossa perla l’aveva fatta donare al Cottolengo».

 Maria Luisa Giordano:

«Durante un viaggio effettuato al tempo della Rivoluzione francese, uno dei partecipanti prese in un palazzo una perla enorme, bellissima, a testimonianza che non era stato un sogno. La fece portare il giorno dopo in dono al Cottolengo di Torino».

Delfina Fasano :

«Alta fine di quell’incredibile riunione ho chiesto a un amico di mio cognato di accompagnarmi a casa, avevo paura per le cose cui avevo assistito. Ciò che mi aveva più colpito era stato un viaggio nel passato che aveva visto protagonista Icio Postonia, un nostro amico presente quella sera. Non avevo capito tanto i meccanismi che stavano a monte di quello strano viaggio, però è stata un’esperienza straordinaria, irripetibile».

 Giuditta Dembech (Gustavo Rol):

«Restando nell’ambito dei viaggi del tempo, in un’altra occasione Rol mi fece notare nel suo salotto, una vetrinetta che aveva uno spigolo spaccato. “Vedi questo” mi disse, “dietro c’è una storia straordinaria. Su questo mobile, tempo fa, c’era posato un oggetto che avevo acquistato da un antiquario di Parigi: una piccola scultura ricavata da un osso intagliato, sapevo che era molto antico, ma non immaginavo quanto… Una sera eravamo qui, forse otto, dieci persone, e uno di loro prese la scultura in mano e mi chiese da dove provenisse. Dissi che non lo sapevo ma che potevamo chiederlo direttamente all’oggetto. Tutti insieme ci trovammo a compiere un viaggio a ritroso nel tempo, in un luogo all’aperto, in epoca preistorica. La temperatura del salotto si era molto abbassata e stavamo assistendo ad una scena estremamente violenta. Un uomo e un orso lottavano strenuamente. Era un duello mortale, nessuno dei due voleva mollare la presa, entrambi lottavano per la propria sopravvivenza. L’uomo impugnava una sorta di fiocina con cui colpiva l’orso. Tutti noi eravamo schiacciati contro le pareti della stanza per evitare di trovarci coinvolti, L’uomo tentò di colpire L’orso alla testa, ma questo si mosse e casi l’arma colpi la vetrinetta e rimase questo segno che tu vedi… Poi la scena s’interruppe e tutti noi, allibiti, comprendemmo da dove arrivava quell’osso. li cacciatore aveva vinto, l’orso era stato ucciso, mangiato, e I’uomo di era anche potuto permettere, come passatempo, di intagliarne una costola”».

FRANCO ROL  i1 riassunto di un viaggio nel tempo tratta da una registrazione audio dall’archivio dell Autore. Siamo nel 1977, in casa di amici di Rol, protagonista è Severina Gaito]

Viene prima fatta una preghiera a Dio affinché I’esperimento non nuoci «a coloro che furono e a coloro che saranno». Rol chiede alla signora Gaito di ripetere le sue parole. Poi le chiede dove vuole andare e in che epoca. Lei dice «Palestina». Rol non è molto d’accordo, perché è un luogo delicato e la sua mente potrebbe rimanerne troppo influenzata, richiamando la vita di Gesù o l’epoca di guerriglia attuale. Alla fine però acconsente e Severina sceglie una data anteriore di mille anni, l’anno 977. Rol comincia a condurla, con le parole, indietro nel tempo, e Severina ripete con lui le date: «1877…1277…1077… prima dell’anno mille ….980…979…978…prima dell’anno mille.., anno 977.,.prima dell’anno mille». Le date vengono ripente più volte, per permettere alla coscienza di prenderne possesso. Giunta nel luogo e nel tempo stabilito, la Gaito comincia a fare la descrizione del paesaggio che vede.

TRATTO DALL’UOMO DELL’IMPOSSIBILE di Franco Rol

 




POSSIBILITA’: VIAGGIO NEL TEMPO (SPECIALE FISICA N° 2)

Viaggiare a ritroso nel tempo si può!!!

Qualche giorno addietro abbiamo riportato un comunicato del CNR riguardante uno studio apparso sulla rivista Scientific Reports nel quale si descriveva la prova sperimentale per cui la freccia del tempo può viaggiare solo in avanti. Su questa tesi ospitiamo il commento di Mariateresa Crosta dell’Osservatorio Astrofisico dell’INAF di Torino essendo oggetto di indagine entro gli ambiti ammessi dalle leggi fisiche, lo studio sulla possibilità dei viaggi nel tempo continua ad essere una tematica borderline, si presta ad interpretazioni anche in ambito quantistico, offre nuovi spunti per approcci differenti a questioni scientifiche-filosofiche che generano problematicità di tipo ontologico, come ad esempio i paradossi sulla relazione circolare causa-effetto nelle curve spaziotemporali chiuse. Proprio recentemente si è svolto il convegno scientifico dedicato a queste tematiche.

E’ già stato provato che i viaggi nel futuro sono potenzialmente possibili, mentre quelli nel passato, che siano ammissibili o meno, si tende ad associarli alla “freccia del tempo”, ossia all’irreversibilità dei fenomeni macroscopici legata alla dinamica dei fenomeni microscopici, generando un po’ di confusione sulla origine stessa della questione. Le basi concettuali dei viaggi nel tempo affondano le proprie radici nella teoria, ben verificata, della Relatività Generale di Einstein, di cui a breve ricorre il centenario.

Sappiamo, infatti, dalla teoria di Einstein che viviamo in uno spaziotempo deformabile (a quattro dimensioni) curvato dalla presenza delle masse, la cui geometria è la manifestazione della gravità, e il tempo è relativo; in specifiche condizioni fisiche le linee temporali di due osservatori potrebbero non scorrere in modo uniforme, pur mantenendo il loro senso di percorrenza, e addirittura intersecarsi con la conseguenza che uno dei due potrebbe finire nel futuro o nel passato dell’altro.

È possibile creare uno sfasamento temporale soprattutto se uno di essi è posto in un forte campo gravitazionale o entrambi si muovono uno rispetto all’altro (come avviene nel “paradosso dei gemelli”); in tal modo, potrebbero generarsi curve temporali chiuse, dette CTC. Un filo conduttore che unisce lo studio di un possibile viaggio nel tempo nel macrocosmo e microcosmo sono proprio le CTC, ovvero quei percorsi temporali chiusi che connettono il passato e il futuro in modo circolare, consentendo una violazione della cronologia, ma pur preservando il principio di causalità. In parole povere, il principio di causalità sancisce che ad una causa segua un effetto, ed in un ipotetico viaggio nel passato l’effetto non può influire sulla causa che l’ha generato, pena l’insorgere di paradossi logici.

In una dinamica non quantistica, questo è stato teorizzato dallo scienziato russo Novikov attraverso il “principio di autoconsistenza”, il quale assicura solo l’esistenza di traiettorie che non inducano contraddizioni. A sua volta, in un contesto quantistico, tale esistenza presenterebbe più scenari possibili e autocompatibili tali da permettere interventi nel passato.

E’ possibile un’interpretazione “a molti mondi” (originariamente proposta da Everett) delle CTC, capace di risolvere i paradossi messi in atto da un crononauta quando interferisca con una scelta arbitrale effettuata nel suo passato. L’idea essenziale è che l’universo si divida in più rami, ovvero in più realtà osservate rigorosamente autocompatibili, ma che le interazioni causali tra di esse non seguano necessariamente un ordine cronologico.

Nella meccanica quantistica gli studi sulle CTC – soprattutto quelli relativi al paradosso dell’informazione autoesistente – hanno aperto nuove prospettive sulla fattibilità di un Macchina del tempo grazie al teletrasporto per mezzo del cosiddetto entaglement (le particelle che si trovano in uno stato coerente rimarrebbero, infatti, correlate per mezzo di una specie di legame profondo anche se separate ed a grandi distanze tra loro). Va detto che la “non località” di tipo quantistico è stata ampiamente sperimentata e che i fisici sono riusciti a teletrasportare luce e persino interi atomi (si tratta, comunque, di un trasporto di informazione e non di materia).

Attualmente la procedura di post-selezione combinata con il teletrasporto sembra essere più promettente di quella basata sulla condizione di autoconsistenza (avanzata dal fisico Deutsch), in quanto la prima consentirebbe al crononauta di conservare la correlazione forzandolo a viaggiare nel passato che ricorda, mentre la seconda implicherebbe l’emergere in un passato differente, che non è correlato con il resto dell’universo. C’è un acceso dibattito scientifico su quale dei due meccanismi sia quello più adatto a descrivere le CTC e rimangono molte “patologie” ancora da sanare; in ultimo, non è chiaro come l’autoconsistenza di un sistema locale si possa imporre alla struttura globale dello spaziotempo.

Quanto suddetto non è, però, immediatamente associabile al secondo principio della termodinamica – ricordiamo che, secondo Boltzmann, un sistema macroscopico completamente isolato, come l’Universo ad esempio, tende a portarsi spontaneamente nello stato che si realizza nel maggior numero possibile di microstati diversi – o, come recentemente descritto dal comunicato stampa del CNR, con la prova sperimentale dell’oscillatore di Glauber.

A questo proposito Lorenzo Maccone dell’Università di Pavia, esperto di CTC, teletrasporto e post-selection, ritiene che «l’inversione della freccia del tempo non è propriamente un “viaggio nel tempo” relativistico, dove la freccia del tempo di nessun sistema viene invertito. E’ un esperimento molto bello, interessante e difficile, ma riguarda un tipo di viaggio nel tempo molto diverso da quello previsto dalla relatività generale e non dalla meccanica quantistica, che di per sé non prevede alcun viaggio nel tempo a meno di modifiche piuttosto drastiche come suggerite dal meccansimo di post-selection».

«L’esperimento pubblicato sulla rivista Scientific Reports riguarda la (im)possibilità di invertire la freccia del tempo termodinamica» aggiunge Maccone, «mentre i viaggi nel tempo relativistici non richiedono l’inversione della freccia termodinamica. Essi invece richiedono che il tempo proprio del crono-viaggiatore venga violentemente deviato rispetto al tempo proprio di un altro sistema (per esempio il mondo esterno alla macchina del tempo), grazie alla particolare traiettoria nello spaziotempo curvo seguita dalla macchina del tempo. Non bisogna invertire la freccia del tempo di nessun sistema: sia quella interna alla macchina del tempo che quella del mondo esterno continuano ad essere orientate nella stessa direzione che avevano inizialmente, ma è l’orientazione relativa tra le due frecce che diventa opposta per un certo periodo. Questo fenomeno controintuitivo si può spiegare solo grazie al fatto che la relatività prevede che lo spazio e il tempo non siano entità distinte, ma due aspetti di un’unica entità, lo spaziotempo. Quindi, in situazioni molto particolari, una particolare traiettoria nello spazio seguita dalla macchina del tempo permette di viaggiare a ritroso rispetto al tempo esterno».

https://www.media.inaf.it/2015/11/10/viaggiare-a-ritroso-nel-tempo-si-puo/




POSSIBILITA’ : ALTERAZIONE SPAZIO TEMPORALE

 

Alterazione spaziotemporale

Anne Andronikof

Io ero piccola, l’episodio mi è stato raccontato da mia madre Natalia. Una sera siamo partiti da Parigi per andare a Lione. Eravamo in macchina, mia madre era alla guida, Rol di fianco ed io sui sedili posteriori. Ad un certo punto Rol dice: “Sono le 20.00, dobbiamo essere a Lione per le 20,30”, e mia madre: “Ma Gustavo, non è possibile, siamo appena partiti, ci vogliono almeno tre ore?” e Rol: “Voglio far visita alla tomba di Ravier vicino a Lione e il cimitero chiude alle 21.00”. “Beh, possiamo andare domani..” suggerisce mia madre. “No, no, ce la possiamo fare…” “Ma Gustavo, è impossibile…” Rol rimane silenzioso. A questo punto mia madre mi ha detto che, non sapendo assolutamente come, si è ritrovata (lei, noi e la macchina) alla periferia di Lione. E Rol, quasi facendo finta di niente, le chiede: “Natalia, che ore sono?” E mia madre, guardando l’orologio da polso, confusa dice: “Le 20,15…” e Rol: “Visto, te l’avevo detto che ce l’avremmo fatta! Ancora una mezz’oretta e saremo al cimitero…”. Mia madre rimase “in stato confusionale” per un bel po’. Non riusciva a capire cosa era successo tra i due tempi, quello delle 24,00 e quello delle 20,15. Mi disse di aver avuto come una sensazione di amnesia oppure come se si fosse addormentata. Fatto sta che noi avevamo percorso iI tragitto Parigi-Lione in I5 minuti!».

Domenica Visca Schierano:

«Stavamo tornando da Ginevra, era il ’76 o il ’77, eravamo in macchina, lo ero alla guida, Gustavo di fianco e la moglie Elna dietro. Entriamo nel traforo del Monte Bianco. Ad un certo punto troviamo sulla nostra carreggiata dei lavori in corso. La nostra carreggiata era completamente ostruita. Ci siamo spostati sulla carreggiata di senso contrario per superare questi lavori. Poco dopo, vediamo giungere proprio davanti a noi una corriera, a un centinaio di metri di distanza. Ma la strada restava ancora ostruita, e non potevano rientrare. Prima ancora di potermi rendere conto che ci saremmo inevitabilmente scontrati, ci siamo ritrovati, non so come, di nuovo sulla nostra carreggiata, dopo il cantiere. 1 due momenti però non sono collegati, cioè c’è stata come una sospensione tra il momento (a) (noi nella carreggiata di fronte alla corriera) e il momento (b) (noi di nuovo sulla nostra carreggiata dopo i lavori). Mi ricordo solo che nessuno di noi parlò, né durante, né dopo. Inoltre ho avuto amnesia di questo episodio per molto tempo, perché me ne sono ricordata solo quando sono passata di nuovo dal Monte Bianco, qualche mese più tardi».

Catterina Ferrari;

«Stamattina mentre venivo in macchina, m’è venuto in mente una cosa che ho vissuto con lui, e che è chiusa nel mio cuore, e che non ho quasi penso mai raccontato a nessuno. E una cosa che scuote molto, ma è la verità, credetemi. È la verità. Allora.., io lo accompagnavo sovente a Aix-les-Bains ed a Mentone trascorrevamo un periodo di vacanza. Generalmente lui voleva partire dopo il 20 di agosto, un periodo che io ricordo.., un periodo molto gioioso. E mi ricordo una volta eravamo partiti e il tempo non era favorevole. A un certo punto, prima di entrare a Nizza — è tanto che non vado a Nizza — all’altezza della Turbie si scatena un temporale violento, e io stavo parlando col dottor Rol di cose molto profonde, di eternità e di sospensione nel vuoto. A un certo punto, io ve lo assicuro, la macchina è come se si fosse sollevata da terra, come se noi fossimo sospesi nel vuoto. Il dottor Rol mi ricordo che mi disse: “Potremmo anche andar dall’altra parte, ma non è ancora la nostra ora”. in quel momento la macchina è ritornata giù».

[In una conversazione tra lo Franco Rol  e Catterina Ferrari avvenuta nel settembre 2012,  ha fornito maggiori dettagli su questo episodio]

«Mentre ero alla guida e stava iniziando questo temporale, ho avuto la sensazione che la macchina si sollevasse, che fossimo sospesi… Intorno non vedevo più nulla, la strada, il panorama erano scomparsi, la macchina era come se galleggiasse nell’acqua, c’era silenzio, sentivo solo la voce di Gustavo. Si è trattato di una specie di sospensione spazio-temporale».

[Alla domanda se quindi si sia trattata di un fenomeno della coscienza oppure di un fenomeno prettamente fisica, ha risposto che era propensa a vederlo più come uno stato straordinario della coscienza]

«Dopo che Gustavo mi disse che avremmo potuto andare dall’altra parte, nell”aldilà”, e che io gli risposi che con lui ci sarei andata, la macchina si ritrovò di nuovo in strada, e i suoni dei temporale erano tornati».

M.:

«Doveva essere il 1933, mi ero appena trasferito a Torino per motivi di Lavoro. Un venerdì sera in pieno inverno, mio padre ed io veniamo invitati a una piccola festa che si teneva in un ampio ed elegante appartamento della Crocetta. Le circa venti persone presenti, tutte ben più anziane del sottoscritto, facevano capannello attorno a un signore di una certa età piuttosto alto e molto distinto che aveva l’aspetto di un importante dirigente d’azienda. Qualcuno lo chiamava maestro, molti avevano attenzioni soltanto per lui. Mi siedo da solo su un divano per bere qualcosa, quell’individuo si piazza davanti a me, su un piccolo divanetto che si trovava a una distanza di un paio di metri, e comincia a guardarmi. Sbatto le palpebre, e lui scompare; era in piedi, nell’angolo opposto dell’ampio salone. Qualche secondo dopo, tempo di socchiudere per un attimo gli occhi, si trovava nuovamente li, di fronte a me, sistemato sul solito divano. Mi sono spaventato, ho pensato di soffrire di allucinazioni o di aver bevuto qualcosa che mi aveva fatto male, in realtà sono astemio e si trattava di una semplice coca cola con una fetta di limone. Mi sono alzato, ho salutato mio padre e il proprietario dell’appartamento, e ho preferito tornarmene a casa di gran fretta. Soltanto qualche tempo dopo ho capito chi era quello strano tipo».

Elemire Zolla:

«Un giorno si presentò a casa mia. Si apri la porta, e c’era il vuoto: quell’ometto calvo era già in salotto. Un piccolo saggio della sua abilità».

Maria Luisa Giordano:

«La sera del 27 giugno 1987 successe un fatto incredibile, straordinario, che ci impressionò moltissimo e a cui ancora oggi non riusciamo quasi a credere. Stavamo riaccompagnando a casa Gustavo dopo aver fatta delle commissioni, io ero alla guida, al mio fianco sedeva Gustavo, Gigi era seduto sul sedile posteriore. Nelle immediate vicinanze di casa sua un’automobile che arrivava da via Baretti non rispettò la precedenza. Non potevo fermarmi, cercai allora di accelerare, lo scontro era inevitabile ed eravamo preparati al peggio. Invece miracolosamente non accadde niente di tutto questo: l’altra macchina si era smaterializzata e poi di nuovo materializzata, non vi è altra spiegazione. Eravamo sbigottiti, con il cuore in tumulto, guardammo Rol che era molto alterato, agitatissimo, dalle sue mani uscivano dei raggi luminosi. Ci gridò: “Guardate le mie mani“, poi soggiunse, “accosta subito vicino al marciapiede. Diciamo tre Ave Maria per lo scampato pericolo, è stato un vero miracolo”. Se non l’avessimo vissuto e ce lo avessero solo raccontato, non l’avremmo creduto possibile».

Luigi Giordano:

«Ci siamo trovati su una macchina guidata da mia moglie e io ero seduto dietro [e Gustavo davanti e ci siamo trovati improvvisamente una macchina davanti che veniva in senso contrario. E naturalmente terrificante vedere una macchina che le piomba addosso — frazioni di secondo. lo ricordo solo dei grandi raggi di luce che sono partiti dalle mani di Gustavo, poi mi sono come sentito etereo, come il mio corpo non esistesse più. E dopo alcuni istanti invece abbiamo ripreso forma, sia la macchina che io. Eravamo tutti emozionati, sudati e spaventati. Gustavo stesso era atterrito. Ha fatto fermare, e ha voluto che ringraziassimo il Signore dicendo una preghiera, perché il pericolo che avevamo scampato era stato veramente grande. E quello che è impressionante è questi raggi di luce che sprigionavano dalle sue mani e che sono quelli che probabilmente hanno ottenuto questa materializzazione e rimaterializzazione passato l’ostacolo».

Pierlorenzo Rappelli:

«Una sera noi dovevamo trovarci in casa mia con un amico [Alessandro Uboldi], che per diversi giorni aspettava di incontrare Rol per la prima volta, e questo ingegnere, che lavorava all’Olivetti, veniva da Ivrea per rientrare a Torino, e alla sera doveva venire da noi. Un amico di lunga data, E in viaggio, in macchina, era solo, venendo da Ivrea, in un tunnel, sorpassa un camion e si trova un camion in faccia che non ha visto arrivare. Praticamente lo scontro era inevitabile. Ha chiuso gli occhi, e non sa come si è trovato con la macchina al di là del tunnel, e non c’era più un camion né in un senso né nell’altro, Non ha detto niente a nessuno, neanche a sua moglie quando è arrivato a casa. Poi la sera viene da noi, parliamo con Gustavo, glielo presentiamo, discutiamo e prima di fare gli esperimenti Gustavo d’un colpo lo guarda severamente e gli fa una filippica dicendogli esattamente quello che era successo nel pomeriggio e dicendogli che era un incosciente di sorpassare un camion senza avere la visibilità, e che se non ci fosse stato un intervento diverso quella sera li non poteva essere ira di noi perché sarebbe certamente morto in uno scontro. Ora un episodio di questo genere nessuno di noi lo sapeva, Sandro non ne aveva parlato con nessuno, aveva vissuto questa situazione inattesa e inesplicabile in cui si era ritrovato fuori dal tunnel con la macchina senza che ci fosse stato l’incidente, quindi se Gustavo non lo avesse captato e non avesse potuto fare qualche cosa per evitargli l’incidente non avrebbe potuto saperlo. Ora evidentemente la spiegazione non c’è di come Gustavo ha fatto a evitare l’incidente_ O se non si può trovare la spiegazione che la macchina è stata smaterializzata e rimaterializzata cento metri pita in là, come gli ho visto smaterializzare delle cose e rimaterializzare delle cose, degli oggetti…».

Alessandro Uboldi:

«Avevo appuntamento a casa dei coniugi Rappelli, stavo venendo in macchina da Ivrea. Ero in ritardo e andavo a velocità sostenuta, sui 180 all’ora. Appena entrato in un tunnel mi trovo di fronte, sulla corsia di sorpasso, un altro veicolo (sul mio stesso senso di marcia) che stava sorpassando, ma andava molto più lentamente. Ho immediatamente frenato, rischiando quasi certamente il tamponamento. Sono praticamente finito attaccato al suo parafanghi. Ho davvero temuto Io scontro. Arrivo poi a casa Rappelli, e Rol mi dice: “Sei quasi morto, se non ci fossi stato io che ti riportavo indietro”. Gli chiedo se sa anche dove è Accaduto, mi dice: “Si, in un tunnel”. Poi per dimostrarmi di essere a conoscenza di quanto accaduto, aggiunge; “Te lo dimostro subito”. Siamo andati al tavolo dove c’erano 8 mazzi di carte. Mi dice di sceglierne uno. Quindi di mescolarlo e poi fame 4 mucchietti. Mi fa scegliere uno dei 4 mucchietti e mi dice: “Ricordati che cuori è vita, picche è morte. Ora giralo”. Io giro il mucchietto e trovo che ci sono 13 carte di picche».

Giovanna Demeglio:

«[L’agire di Gustavo Rol era volto a] sorreggere, soccorrere, aiutare chi in un certo momento si trovava nel bisogno.

Non mancava di suscitare il mio stupore quando il suo atteggiamento era assente, perso in chissà quali lontani mondi. Un giorno, proprio in un momento simile, avvenne un fatto straordinario in cui fui coinvolta. Nell’avvertire la mia preoccupazione mi si rivolse cosi: “Allora Giovannina, vieni con me”. Io lo guardai negli occhi, mi prese per mano e in men che non si dica mi ritrovai in sua compagnia per le strade di Parigi.

Ricordo ogni particolare: la passeggiata lungo la Senna, l’entrata a Notre Dame, la visita al Louvre; sotto la Piramide di cristallo mi fece intendere l’importanza di questa struttura emanante positività e bellezza. Incontrammo persone con cui Gustavo s’intrattenne a discorrere tranquillamente. La colazione ai bistrò, la musica delle orchestre per le strade, il profumo dei fiori e pure la stanchezza per il tanto camminare. A un certo punto con espressione divertita Gustavo disse: “Giovannina è ora di tornare”. Mi ritrovai in negozio, accanto a lui sorridente e felice come un bambino; osservandomi di sottecchi mi chiese: “Allora ti è piaciuto? Non è stato straordinario?”

Non risposi, mi sentivo stordita per non dire sconvolta, ma anche fortunata per avere avuto il privilegio di un’esperienza straordinaria. Lui è fatto così? Mi ripetevo in continuazione per persuadere me stessa».

TRATTO DALL’UOMO DELL’IMPOSSIBILE di Franco Rol




POSSIBILITA’ : ALTERAZIONE SPAZIO-TEMPO (SPECIALE APPROFONDIMENTI)

La gravità e la distorsione
dello spazio e del tempo
Annibale D’Ercole
Osservatorio Astronomico – Bologna

All’interno di una cabina di ascensore ferma e sospesa nel campo gravitazionale della Terra, un osservatore percepisce tale campo tramite la pressione esercitata dal pavimento sulla pianta dei suoi piedi per controbilanciare il suo peso.
Se l’osservatore lascia andare un qualunque oggetto che tiene in mano, tale oggetto cade sul pavimento.  Se il sostegno della cabina viene reciso, l’ascensore cade verso il basso a velocità crescenti.  Tuttavia la sua accelerazione – ovvero il tasso di variazione di velocità nell’unità di tempo – è costante.

Questa è una proprietà del campo gravitazionale nei pressi della superficie terrestre nota fin dai tempi di Galileo: tutti gli oggetti, lasciati a sé stessi, cadono verso terra con una accelerazione costante che è uguale per tutti, indipendentemente dalla loro massa.
Einstein si rese conto che, in assenza di un campo gravitazionale esterno, questo comportamento poteva essere simulato da un sistema di riferimento accelerato.
Immaginiamo, infatti, che la nostra cabina sia posta in una zona di universo lontana da grandi concentrazioni di massa, e dunque priva di un campo gravitazionale apprezzabile.   Supponiamo inoltre che, tramite un razzo, la cabina venga agganciata al soffitto e trascinata verso “l’alto” con accelerazione costante.    L’occupante percepirà la pressione del pavimento contro i suoi piedi, analogamente alla pressione esercitata contro la nostra schiena dal sedile quando ci troviamo all’interno di un’automobile in fase di accelerazione.   Se poi l’occupante lascia andare un oggetto che tiene in mano, tale oggetto tende a rimanere fermo (perché nessuna forza agisce su di lui); tuttavia il pavimento gli va incontro con moto accelerato, e all’osservatore nella cabina sembrerà che l’oggetto cada verso il pavimento.   A tutti gli effetti le cose nella cabina vanno come se l’ascensore fosse fermo all’interno di un campo gravitazionale reale.
Questa indistinguibilità tra un sistema di riferimento accelerato ed uno fermo e sottoposto a forza di gravità esterna è stata battezzata da Einstein Principio di Equivalenza.

Queste considerazioni sono talmente semplici da apparire banali.  Eppure Einstein riuscì a pervenire, proprio tramite queste apparenti banalità, a conclusioni stupefacenti riguardo alla natura della gravità ed alla sua influenza sulle proprietà dello spazio e del tempo.   Einstein formulò il Principio di Equivalenza nel 1907, due anni dopo aver pubblicato la Teoria della Relatività ristretta in cui mostrava che spazio e tempo sono percepiti diversamente da osservatori che si muovano l’uno rispetto all’altro.
Gli ci vollero però altri otto anni di sforzi enormi prima che le sue intuizioni riguardo alla gravità potessero concretizzarsi in una teoria coerente.  Questa Teoria della Relatività generale ha trovato da allora numerose conferme sperimentali e rappresenta attualmente la migliore teoria per descrivere i campi gravitazionali.

Noi qui ripercorreremo l’intuizione di partenza di Einstein che lo ha portato a concludere che, in presenza di un campo gravitazionale, spazio e tempo si deformano. Per fare questo abbandoniamo l’esempio dell’ascensore, in cui la velocità varia di intensità ma non di direzione, e consideriamo un moto accelerato particolare, quello in cui il valore della velocità non cambia, ma cambia la direzione del moto.Questa è proprio il tipo di accelerazione avvertito da un osservatore posto su una giostra. In particolare, si consideri il Rotor che si trova nei parchi di divertimento (Fig. 1). Si tratta di un cilindro in veloce rotazione i cui occupanti, appoggiati alla parete interna, si sentono pressati contro tale parete a causa della forza centrifuga.

Un’attenta calibrazione della velocità di rotazione può indurre nell’osservatore la sensazione di essere “sdraiato” in terra; ed infatti i progetti delle stazioni spaziali prevedono di riprodurre in questo modo una gravità artificiale nello spazio.
Sembra che proprio con questo esempio Einstein abbia intuito che la gravità deforma lo spazio e il tempo.
Lo scienziato tedesco, in effetti, aveva già dimostrato con la sua Teoria della Relatività ristretta che spazio e tempo sono misurati diversamente da due osservatori in moto relativo uniforme (ossia non accelerato) l’uno rispetto all’altro.   Abbiamo illustrato in questa rubrica (n. 1/2000) come l’orologio di un viaggiatore posto su un treno appare scorrere più lentamente ad un osservatore posizionato in terra, accanto ai binari.  Ed abbiamo anche mostrato che un righello posto sul treno parallelamente ai binari sembra essere più corto all’osservatore esterno, mentre un righello posto ortogonalmente alla direzione del moto mantiene inalterata la sua lunghezza sia per questo osservatore che per il viaggiatore.
Adattiamo ora questa esperienza al caso del Rotor, considerando un osservatore posto al suo interno (l’analogo del viaggiatore sul treno) ed un osservatore stazionario posto all’esterno (l’analogo dell’osservatore accanto ai binari). L’osservatore interno misura la circonferenza della giostra tramite un righello posto ripetutamente lungo il perimetro della base; successivamente, con la stessa tecnica, l’osservatore misura il raggio della giostra ritrovando, nel caso il Rotor sia fermo, il classico risultato della geometria euclidea, ossia che il rapporto tra la circonferenza ed il raggio di un cerchio vale 2. Questo risultato vale, naturalmente, anche per l’osservatore esterno.
Se però le stesse operazioni di misura vengono eseguite con il Rotor in movimento, il risultato è diverso. La lunghezza del raggio effettivamente è la stessa del caso statico perché il righello viene posto ortogonalmente al moto durante questa misura, e non si verifica nessuna contrazione relativistica. Tuttavia, durante la misura della circonferenza, il righello è posto nella direzione del moto e si contrae; se il righello è più corto, la circonferenza lo contiene un numero maggiore di volte ed il rapporto tra circonferenza e raggio risulta maggiore di 2.
Ora, l’occupante chiuso nel Rotor non può osservare l’esterno e dunque ignora di trovarsi su un sistema rotante; egli crede di trovarsi in un riferimento fisso, ed attribuisce la forza che lo spinge verso le pareti alla forza di gravità generata da una qualche distribuzione esterna di massa.  Pertanto, per questo osservatore, il singolare risultato geometrico deve dipendere dalla presenza della gravità ed implica una distorsione dello spazio.

Nella Figura 2 sono mostrati tre cerchi di identico raggio ma di circonferenza diversa. Questa diversità dipende dal tipo di superficie su cui i cerchi sono tracciati.
Il rapporto 2 tra circonferenza e raggio si ritrova per il cerchio sulla superficie piana; nel caso della superficie curva sferica il rapporto è minore, mentre è maggiore per la superficie curva “a sella”.
Questo semplice esempio bidimensionale è estensibile allo spazio tridimensionale ed ha indotto Einstein ad ipotizzare che le relazioni spaziali della geometria piana (la familiare geometria euclidea) non sono valide per un osservatore in moto accelerato.
Ma, per il Principio di Equivalenza, questo vuol dire che la geometria euclidea smette di essere valida anche in presenza di un campo gravitazionale reale.

Ma in un riferimento accelerato anche il tempo viene distorto.  La Teoria della Relatività ristretta ci dice che l’orologio del viaggiatore sul treno scandisce il tempo tanto più lentamente rispetto all’orologio dell’osservatore accanto ai binari quanto maggiore è la velocità del treno.  Analogamente, il tempo per l’occupante del Rotor scorre più lentamente rispetto all’osservatore esterno.  Tanto più l’occupante si allontana dal centro, tanto maggiore è lo spazio percorso per completare un giro; quindi la sua velocità aumenta con la distanza dal centro, e il suo orologio ritarda sempre più.  Dal momento che anche la forza centrifuga aumenta con la distanza dal centro, l’osservatore all’interno del Rotor conclude che il tempo scorre tanto più lentamente quanto più intenso è il campo gravitazionale.
Di nuovo, per il principio di equivalenza, il tempo deve scorrere più lentamente anche in un campo gravitazionale reale.